Se fosse l’occhiello di un articolo di giornale, suonerebbe così: in Italia abbiamo un problema di laureati. Il titolo potrebbe essere: TROPPO POCHI. Poi nel testo leggeremmo che ne abbiamo ancora meno – ed è un problema ancor più grande – nelle materie STEM, nel Mezzogiorno, tra le donne. Non sarebbe comunque in prima pagina, nemmeno nelle prime dieci, probabilmente in ‘cronaca&società’. Così va il mondo, probabilmente non solo da noi.
Forse una tabella aiuterebbe a catturare l’occhio e l’attenzione. Una serie di istogrammi colorati a illustrare come, nel nostro paese, la percentuale di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario (dalla laurea in su), è del 26,8%: TROPPO POCHI, appunto! Su un quotidiano non potrebbe comparire alcun riferimento bibliografico, ma dal documento del 6 marzo 2023, di accompagno al report Istat sui livelli di istruzione e ritorni occupazionali aggiornato al 20211 e che la tabella, ahinoi, potrebbe efficacemente riassumere, l’Italia risulta al penultimo posto UE27, la cui media è invece al 41,6, di quasi 15 punti superiore (la media!). Spicchi di torte e colonne in ordine, ci informerebbero che se al Centro-Nord i giovani laureati sono il 30% circa, nel Mezzogiorno scendono al 20,7: un giovane laureato ogni 5; nel confronto tra i sessi, il divario con l’Europa risulterebbe più marcato per gli uomini: «in Italia possiede un titolo terziario il 20,4% dei giovani (contro media Eu del 36,3), e il 33,3 delle giovani, a fronte di una media europea del 47%».
Chi fosse più interessato alle pagine di politica internazionale o nazionale, più ancora di sport e spettacoli, potrebbe saltare a piè pari pensando, «ma sì, vabbè, tanto è un pezzo di carta!». Mica vero, nel senso che lo è, ma non solo: «il tasso di occupazione dei giovani laureati 30-34enni supera di oltre 12 punti quello dei coetanei diplomati». Mica poco!
Forse, allora, vale la pena leggere meglio e più in dettaglio, magari concentrando l’attenzione sulle facoltà STEM, scoprendo che i giovani adulti con titolo terziario conseguito presso facoltà scientifiche, tecnologiche, e/ingegneristiche e matematiche, sono il 24% (ma il 24 di quello scarso 27% totale… ovvero, grosso modo, un quinto di un terzo!): una quota che sale al 33,7% se riferita agli uomini (un laureato su 3), e scende al 17,6 tra le donne (una laureata su sei). Quanto alla geografia: 36,4 al Nord, 30,8 nel Mezzogiorno. Non un problema… un problemone! Come affrontarlo?
Riconoscendolo e poi provando a conoscerlo da vicino, il più possibile. È da qui che il progetto ENI4STEM è partito, dai numeri che abbiamo riassunto, che sono il problema, e da una serie di domande, non per proporre una soluzione preconfezionata (che se ci fosse già, a livello sociale e politico, sarebbe colpevole non aver accettato/ risolto/ implementato) ma per far emergere la sua vera natura, ovvero: perché le giovani studentesse, più ancora dei loro coetanei maschi, con difficoltà pensano il loro futuro di formazione, e quindi una conseguente proiezione professionale, nei vari ambiti STEM? Sotto domande articolate: ci sono condizioni e consuetudini sociali di carattere generale che lo impediscono? C’è un ruolo della famiglia, sia pur declinato con le migliori intenzioni, che non gioca a favore? C’è una disattenzione della scuola, un’abitudine un po’ pigra che conferma stereotipi consolidati, fino magari a un’attitudine scoraggiante? C’è una pressione dei pari – declinata sui social, ma non solo – che spinge in direzione contraria? C’è un po’ di tutto, magari, ma in che proporzione? Partire dalle domande di base, per farsi dire cos’è e dov’è che il percorso decisionale s’inceppa: che le soluzioni, poi, è lì che devono provare a incidere.
Farsi dire da chi? Dalle protagoniste, ovviamente. Detto fatto, con un primo appuntamento pilota, a ottobre 2023, negli spazi del centro ENI di Castel Gandolfo, ENI4STEM ha raccolto venti giovani studentesse provenienti da Lazio, Campania, Marche, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia ospitandole per un lungo weekend che doveva essere propedeutico – come è stato – alla scelta di una catena di ‘azioni relazionali e di comunicazione’ che potessero rappresentare l’ossatura di una serie di futuri incontri sul territorio. Ci arriviamo. Ma prima un breve resoconto dell’esperienza pilota.
Sulla consapevolezza del problema, sull’evidenza per cui nella scelta da parte delle ragazze di un percorso di studi in ambito STEM pesino una serie di pregiudizi, non c’è stato gran bisogno di convincere nessuna delle partecipanti: lo sapevano già. Le giovanissime sono chiaramente consapevoli che non esiste alcuna ragione per cui le porte d’ingresso alle facoltà di ingegneria o matematica – per dire delle più ovvie – possano essere sbarrate per le donne, tanto meno che ci sono ‘mestieri da maschi’ per i quali non sarebbero tagliate geneticamente, socialmente, culturalmente, psicologicamente. La lezione sui dati è acquisita: si tratta di un pregiudizio, e illustrare numeri a sostegno può essere anche interessante, ma è il punto di partenza. Di conseguenza, e un po’ indipendentemente dallo specifico focus, si è facilmente compreso che qualsiasi sessione somigliasse troppo a una lezione frontale, trovava tiepida approvazione: bravo il relatore, interessanti i dati, nuovo l’approccio, ma nella sostanza ‘l’io-parlo-e-tu-ascolti’ somiglia troppo a ciò che accade a scuola. Poca complicità, ridotta fiducia.
Tutt’altra risposta quando a confrontarsi con le giovani studentesse sono arrivate altrettanto giovani – ma di almeno dieci anni più grandi – professioniste, che hanno raccontato, dialogando, la loro esperienza di ingegnere e matematiche già felicemente impiegate: il ruolo e il confronto con alcune role models è stato il momento chiave. Con un’avvertenza: non testimonial seducenti quanto tendenzialmente inarrivabili (una volta era Rita Levi Montalcini, al momento Samantha Cristoforetti su tutte, per intenderci) non wonder women il cui esempio è certamente folgorante e motivante, ma che ti può far anche chiedere: potrò mai avere quel tipo di determinazione? Sono o sarò mai una da 10, 30, 110 e lode, A-plus, quale che sia l’esame? Le role models ingaggiate, al contrario, erano giovani donne con una storia fatta anche di esami mancati, di difficoltà scontate e superate, di pregiudizi affrontati al primo impiego, di motivazioni seguite, poi perse, quindi ritrovate… diciamo, donne in carne e ossa! Credibili, riconoscibili: bingo!
È stato quando ci si è accorti che le nostre ospiti volevano essere attive, e che apprezzavano di poter scambiare l’ideale palco con la platea, che il diaframma si è spezzato e i ruoli si sono ricombinati: il progetto si è messo in ascolto e loro hanno parlato.
Grazie a quel dialogo, ENI4STEM, ha registrato anche una richiesta, piuttosto chiaramente formulata: come ci si avvicina all’Università? Come si superano i muri delle città universitarie (simbolici, ma in qualche caso effettivi, fatti di mattoni e portoni)? Sì, certo, ci sono i siti, le giornate di orientamento, le testimonianze/consigli di chi ci è già passato: ma che domande si fanno? A chi si possono rivolgere? A chi posso chiedere di aiutarmi a capire quali sono le domande che ancora non so nemmeno formulare?
Nella fase intermedia – quella di studio ed elaborazione del format che si è proposto per gli incontri sul territorio – abbiamo intervistato le responsabili dell’orientamento di molti atenei, e anche di alcuni che poi sapevamo non avremmo direttamente coinvolto. Due indicazioni sono emerse chiarissime. La prima: quando riflettiamo su ruoli e profili sociali nei quali le giovani ragazze si possono riconoscere, questi – buoni o problematici che siano – al momento della scelta universitaria sono già tendenzialmente formati. Se gli stereotipi vanno superati, non lo si deve fare negandone l’esistenza (che, da che comunicazione è comunicazione, in buona sostanza finisce per metterli in evidenza) ma proponendo in positivo alternative percorribili: in sostanza, è dalla scuola media inferiore che l’intervento va pianificato. La seconda: per quanto native (ma anche i nativi maschi) digitali, le giovani aspiranti matricole difficilmente si orientano nella proposta accademica, perché non sanno che domande fare, quindi non trovano risposte. Just simply as that!
Da questi input è nato il programma di 7 giornate distribuite tra fine febbraio e inizio maggio 2024, viaggiando nei territori della Sicilia (a Licata), della Puglia (Bari), della Campania (Napoli), della Basilicata (Potenza), della Calabria (Crotone), ogni volta raccogliendo circa venti partecipanti, selezionate dai dirigenti scolastici tra le ultime due classi delle superiori. Lo schema prevedeva una mattina divisa in due fasi: la prima, sempre molto apprezzata, con una sessione di lavoro con il modulo ‘Lego serious playing’, per far emergere la rappresentazione sia individuale che collettiva del problema ab ovo: quale rapporto ho/abbiamo con le materie e le professioni STEM; la seconda con un’illustrazione frontale – l’unica di tutta la giornata, sia pur declinata il più possibile in maniera interattiva – delle attuali e immediatamente future tendenze nel mondo del lavoro, avendo anche ‘architettato’ un cruscotto-software informativo da percorrere più volte, avanti e indietro, tra possibili lavori, ‘cosa vuoi fare da grande’, e immediate scelte di formazione, ‘cosa devi studiare da subito’. Nel pomeriggio, invece, largo e assoluto spazio ad incontri/dialogo con docenti delegate/i all’orientamento universitario – ‘come orientarsi all’orientamento; con quali domande si può superare la barriera d’entrata all’università’ -, e poi con almeno due role models per appuntamento, già avviate nelle varie professioni STEM, in un sempre partecipato dialogo… in diretta con il mio futuro.
A chiudere il pomeriggio, la partecipazione ad un questionario elaborato da IPSOS che, direttamente e indirettamente, tirava le fila tra le premesse iniziali e la restituzione dopo l’incontro, raccogliendo 127 risposte complete: lo stesso questionario, in giorni successivi, è stato poi somministrato a un considerevole numero di studentesse dei medesimi istituti scolastici che hanno partecipato ai 7 incontri, raggiungendo un campione complessivo di 1955 studentesse, alcune delle quali hanno poi partecipato a ulteriori focus group sulle tematiche affrontate, tutto ciò a comporre numericamente, e oggettivamente, la rappresentazione di un corpus di informazioni di indiscutibile valore statistico.
Per la serata, appena dopo cena, un momento di riflessione più ‘spettacolare’, un breve ma emozionante viaggio tra le storie di tantissime donne che non solo hanno lasciato un segno nella storia della scienza, delle arti, della vita culturale e sociale, ma che troppo spesso hanno trovato riconoscimento solo molti anni dopo, solo recentemente. Un memento, ma anche la testimonianza che molto è già cambiato: e per il meglio.
In altre e conclusive parole, con questa fase iniziale del progetto ENI4STEM, il tentativo è stato quello di dare un nome al problema che dobbiamo tutti affrontare – società, scuola, famiglia, mondo della produzione, e certo, infine, anche la politica – mettendoci in ascolto e cercando, effettivamente, di farci sorprendere dalla voce delle giovani generazioni: non per parlarne ma per farle parlare.
In un Paese nel quale, troppo spesso, ci si dà sopra la voce… mettersi in ascolto è una apprezzabile novità, che forse anche i nostri giovani sapranno positivamente considerare.