Mondo animale e nativi americani

Autore

Edoardo Serini

Data

25 Settembre 2025

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5' di lettura

DATA

25 Settembre 2025

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Per i nativi americani esiste un’intima connessione con gli animali, vivendo nei loro stessi paesaggi e luoghi. A un primo sguardo, questo legame con il mondo animale trova la sua corrispondenza con l’attività della caccia, praticata fin dai tempi più antichi. Popoli nomadi cacciatori arrivarono in America dal continente Euroasiatico1, portando tradizioni e differenti aspetti culturali. Fino a oggi quest’attività risulta costantemente presente nel territorio americano degli indiani, poiché attraverso la caccia si crea, così come in passato, una connessione tra il mondo umano e quello animale. Il nativo ha bisogno di questo incontro con l’animale per esprimere completamente sé stesso e conoscersi2. Ciò che lega il nativo all’animale non si limita semplicemente a un rapporto di sussistenza e di provvigione, ma chiama in sé un aspetto molto più profondo, quello simbolico, delineando così la sua funzione come sistema valoriale. Già nell’antichità erano infatti presenti nelle grotte rupestri raffigurazioni di animali reali o immaginari. La caccia stessa non veniva praticata indiscriminatamente, ma risentiva di valenze simboliche che venivano attualizzate attraverso cerimonie spirituali prima e dopo lo svolgimento. 

Simboli animali nei miti amerindiani

L’esistenza di raffigurazioni simboliche animali nel mondo dei nativi americani mette in luce la loro importanza riscontrabile nei racconti mitici e nelle leggende, ma anche nell’attività religiosa, attraverso rituali e canti. Numerosi miti della creazione iniziano con l’attività di uno specifico animale che crea il mondo, come il ratto per gli Objiwa o il coyote per i Crow3. Nei racconti, questi animali attuano un particolare comportamento: si tuffano nell’acqua – il mondo all’inizio è sommerso – per riemergere con un pezzo di terra da cui creano il mondo. Il ratto e il coyote (così come la farfalla o il corvo, presenti in altri racconti della creazione) ricoprono esclusivamente un ruolo simbolico come entità creatrici del mondo sfuggendo ad una funzione utilitaristica4, essendo animali non predati o ricercati come fonte di nutrimento. Al contrario, altri animali come il bisonte o l’aquila, pur avendo un ruolo creativo nei miti, hanno anche una funzione che si collega alla loro sussistenza, ma il valore simbolico rimane un fattore imprescindibile nella cultura dei nativi. Sempre nei miti viene descritto il rapporto che intercorre tra il mondo umano e animale5. Essi non differiscono totalmente ma rimangono collegati. Nella situazione primordiale, gli animali appaiono con caratteristiche culturali simili a quelle degli esseri umani, usano strumenti di vario tipo e vivono in abitazioni e villaggi. Non c’era dunque nessuna distinzione tra tutti gli esseri. C’era invece un’umanità condivisa. La situazione originaria dei miti riporta un mondo non ancora differenziato, di totale unione. L’apporto culturale degli esseri umani è ciò che ha portato alla differenziazione e alla creazione dei due mondi, ma la distinzione tra il mondo umano e animale non è mai totale6. Partendo da una situazione contraria a quella attuale, le narrazioni mitiche descrivono «l’origine di determinate caratteristiche di una qualche specie animale: il colore del pelo o del piumaggio, l’aspetto esteriore, il tipo di richiamo o qualche caratteristica comportamentale7» riscontrabili nel mondo attualizzato. Il legame con gli animali non può essere rescisso poiché questo significherebbe allontanarsi dalle proprie credenze, in cui invece viene enfatizzato proprio l’incontro tra i due diversi mondi. Il villaggio e gli insediamenti umani dei nativi hanno costantemente bisogno del contatto con il mondo della natura e le sue manifestazioni cariche di significati. Esempi vengono dati dal ruolo fondamentale ricoperto da alcuni animali. Il bisonte, per la tribù Lakota, fornendo sostentamento ai nativi, assume in realtà una carica simbolica che va a rappresentare e a potenziare la prolificità delle donne. Il lupo invece è connesso alla caccia e viene invocato dai nativi prima di intraprenderla per ricevere le caratteristiche dell’animale, quali forza e intelligenza8. L’aquila è invece simbolo di maestosità e di elevazione, essendo collegata direttamente con il Grande Spirito9

Clan e totem

 La simbologia degli animali per i nativi pone alla luce un altro legame tra uomini e animali: i clan. La funzione dei vari clan è quella di definire le relazioni che intercorrono tra umani e alcuni animali visti come parenti prossimi e antenati comuni10. I clan adottano il nome dell’animale a cui si legano (cervi, bisonte, lupo, aquila ecc.) delineandone una discendenza diretta. Questa relazionalità serve a identificare non solo la parentela con l’animale, ma il loro potere e il rispetto che i nativi americani devono dimostrare di fronte a esso, arrivando a considerarli come fratelli o sorelle11. e rimarcando la profondità del legame tra l’uomo e l’animale. Oltre alla propria designazione, il rapporto con l’animale implica una serie di obblighi morali da rispettare, tra cui l’impossibilità di cacciare l’animale sacro del proprio clan12. Il legame con il proprio animale trova la sua rappresentazione attraverso il totem. Questo simbolo d’identificazione non è altro che un palo in cui vengono scolpiti e disegnati i simboli animali per richiamarne la potenzialità e la stretta connessione totemica13. I concetti di totem e totemismo sono stati studiati sia nel campo antropologico che filosofico e sono stati oggetto di diverse interpretazioni. È bene ricordare che con questo concetto si è indicato una forma di pensiero selvaggio collettivo il cui significato è l’identificazione di un clan e dei suoi tabù attraverso la scelta di un animale. Da Durkheim fino a Levi-Strass il totemismo è stato visto principalmente nel suo carattere sociale e soprattutto come una sistematizzazione strutturalista del pensiero selvaggio che opera attraverso dicotomie: quella tra natura e cultura, uomo e animale ecc. Con il decostruzionismo di Jacques Derrida e la sua archi-scrittura, il totemismo è uscito dalla sua rappresentazione logica, di pensiero “presente”, rimettendo in gioco una trascendenza metafisica14.  

Animali come soggetti e il ruolo dello sciamano

I racconti mitici, come delineato sopra, palesano una vicinanza tra umani e non umani. Questo si esplica nello sciamanismo nord-americano (e non solo) attraverso la considerazione che nel loro mondo ogni essere è un soggetto dotato d’interiorità e con un punto di vista. Questa diversa percezione del mondo (contraria ai canoni del pensiero occidentale) è ciò che in antropologia prende il nome di svolta ontologica (ontological turn). L’antropologo francese Philippe Descola, nel suo saggio Oltre Natura e Cultura, si trova di fronte al fatto che non esiste una omogeneità di pensiero riguardo ai concetti di natura e cultura. Esistono diverse zone in cui questi due termini non hanno la stessa distinzione che si trova in occidente. L’autore giunge a questa scoperta attraverso la sua analisi in campo tra gli Achuar, popolazione indigena della foresta amazzonica. Presso di loro, è impossibile distinguere nettamente il dominio della cultura da quello della natura, o almeno, si rileva impossibile farlo secondo le nostre occidentali categorie concettuali. Gli animali sono considerati come dei “confratelli”, con i quali è necessario stabilire delle regole di convivenza. La direzione in cui si muove l’antropologo brasiliano Eduardo Viveiros de Castro – sempre all’interno della svolta ontologica – prende il nome di prospettivismo amerindiano, intendendo un mondo «popolato da molte specie di esseri (oltre agli umani veri e propri) dotati di coscienza e cultura15» dove «ogni specie vede sé stessa e le altre specie in un modo abbastanza singolare: ognuna si percepisce come umana, vedendo le altre come non-umane, cioè come specie di animali o di spiriti16». La presenza di diversi soggetti in campo permette ai nativi americani di muoversi in un mondo dove il fattore fondante è la relazione, cioè la capacità di entrare in dialogo con le diverse alterità presenti nel cosmo sciamanico. La figura principale e più importante capace di intessere relazioni con i diversi soggetti presenti nel mondo è quella dello sciamano. Attraverso la sua conoscenza, il percorso d’iniziazione intrapreso e la sua capacità metamorfica, lo sciamano è in grado di controllare e di utilizzare i poteri del mondo della natura in modo consono e opportuno per i più svariati fini. Attraverso il sogno e l’estasi egli riesce ad accedere ad altri livelli d’esistenza, e a connettersi intimamente con gli animali e il mondo degli spiriti, recependo perfettamente il loro linguaggio. Lo sciamano è il perfetto mediatore tra il mondo umano e quello animale. L’importanza di entrare in contatto con gli animali deriva dal fatto che essi portano con sé un «potere invisibile17» a cui il nativo deve attingere per completarsi e migliorare la propria conoscenza, così come attinge da essi le proprietà materiali. Questo potere può essere trovato solo nel mondo della natura, con cui non deve mai essere rescisso il contatto, e a cui occorre costantemente rivolgersi per completarsi18.

Le vie antropologiche narrate vengono tutt’oggi e anzi più che mai studiate, in quanto anche nella nostra società occidentale il contatto con le alterità si manifesta continuamente. Non solo attraverso la tecnologia, ma anche nel rapporto e nelle modalità di relazione che abbiamo con il mondo animale: magari provando addirittura ad avvicinarci a quella percezione di un potere invisibile che i nativi americani sentono negli animali. 

Note


  1. Enrico Comba, Il cerchio della vita: uomini e animali nell’universo simbolico degli indiani delle pianure (Torino: Il Segnalibro,2005), p. 98.

  2. Accursio Graffeo, Religioni e Complessità. L’antropologia di Enrico Comba e i Nativi nordamericani, Centro interdipartimentale di scienze religiose Università di Torino (Torino: Accademia University Press,2022), pp. 154 ss.

  3. Sarah Deer, Liz Murphy, «“Animals May Take Pity on Us”: Using Traditional Tribal Beliefs to Address Animal Abuse and Family Violence Within Tribal Nations», Mitchell Hamline Law Review 43, no. 4 (2017): 703-742. ˂ https://open.mitchellhamline.edu/mhlr/vol43/iss4/1˃ (20/01/2025).

  4. Comba, Il cerchio della vita, cit., pp.87-88.

  5. Thompson, «Listening to the Elder Brothers», cit., pp. 159-162.

  6. Accursio Graffeo, Religioni e Complessità, cit., pp.117-118. 

  7.  Comba, Il cerchio della vita, cit., p. 93.
  8. Ibi, p.118.

  9. Costantino Caldo, «L’undicesimo comandamento. Luoghi sacri nel Southwest americano dai Nativi alla New Age», Geotema 4 (1996): 3-20.

  10. Raymond Pierotti, Daniel Wildcat, «Traditional Ecological Knowledge: the Third Alternative», Ecological Applications 10, no.5 (2000): 1333. 

  11. Sarah Deer, Liz Murphy, « “Animals May Take Pity on Us”», cit., pp. 710 ss

  12. Ibidem

  13. Elisabeth Tooker, « Clans and Moieties in North America», Current Anthropology 12, no.3 (1971): 368. 

  14. Gabriele Genge, «Re-Inventing Totemism», in Image Controversies: Contemporary Iconoclasm in Art, Media, and Cultural Heritage, eds. Birgit Mersmann, Christiane Kruse, Arnold Bartetzky (Berlino, Boston: De Gruyter, 2024), pp. 155-157.

  15. Eduardo Viveiros de Castro, Lo sguardo del giaguaro: introduzione al prospettivismo amerindio, trad. Cecilia Tamplenizza (Milano: Meltemi editore, 2023), p. 32.

  16. Ibid

  17. Comba, Testi religiosi degli indiani, cit., p.7.

  18. John A. Grim, «Cosmology and Native North American Mystical Traditions», Théologiques 9, no.1 (2001): p.122, ˂http://id.erudit.org/iderudit/005687ar˃ (24/01/2025)
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