Verdi parole. La retorica della sostenibilità sotto la lente linguistica

Autore

Veronica Ronchi

Data

9 Maggio 2025

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4' di lettura

DATA

9 Maggio 2025

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Nel tempo in cui la sostenibilità si è fatta parola d’ordine globale, Verdi parole (Mimesis Edizioni, 2018, pp. 134, € 12,00) di Donella Antelmi – professoressa associata allo IULM di Milano, dove insegna Linguaggi del turismo e Sociolinguistica – si presenta come un’opera necessaria, lucida e incisiva. Non un saggio tecnico né un pamphlet ideologico, ma un’indagine linguistica che si muove con intelligenza tra i confini del discorso pubblico e le sue ombre semantiche, per portare alla luce le contraddizioni, le ambiguità e le manipolazioni che abitano le narrazioni green. Antelmi ci invita, con metodo e passione civile, a guardare oltre la superficie patinata della comunicazione ambientale per cogliere i meccanismi linguistici e retorici che trasformano l’ecologia da esigenza etica a maschera ideologica.

Il cuore pulsante del libro è l’Analisi del Discorso (AdD), non come sterile esercizio accademico, ma come strumento critico per disinnescare ciò che l’autrice chiama il ‘parlare verde’. Attraverso un approccio corpus-driven – ovvero un’indagine che lascia emergere i temi e le strategie dai testi stessi – Antelmi esplora con rigore e chiarezza una vasta gamma di materiali: dai report aziendali alla pubblicità, dai siti istituzionali alle campagne sociali. Ne scaturisce un mosaico variegato e inquietante, in cui le parole non solo informano ma deformano, seducono, occultano.

Le ‘verdi parole’ che danno il titolo al libro sono, dunque, doppiamente ambigue: da un lato veicolano valori positivi, promuovono comportamenti virtuosi, mobilitano consapevolezze; dall’altro, sono spesso strumenti di persuasione occulta, artefici di un’etica apparente che legittima l’inerzia o l’ipocrisia dei poteri economici. L’autrice smaschera con precisione chirurgica le strategie discorsive più comuni: la cancellazione del soggetto per simulare oggettività, l’uso di pronomi collettivi per costruire identità condivise, l’impiego di buzzword come ‘sostenibilità’ e ‘sviluppo verde’ svuotate di contenuto e manipolabili a seconda del contesto.

Uno dei meriti più evidenti dell’opera è l’analisi puntuale e concreta di casi studio emblematici: aziende petrolifere, multinazionali come Monsanto, colossi industriali come Leonardo/Finmeccanica. In ognuno di questi esempi, il ‘discorso verde’ si rivela per ciò che è: una costruzione retorica che serve a consolidare l’immagine pubblica, a mitigare il dissenso, a rassicurare l’opinione pubblica. Il green washing, fenomeno su cui il libro si sofferma con particolare attenzione, appare non più come una semplice strategia comunicativa, ma come una forma di storytelling manipolativo che si appropria del linguaggio etico per finalità di profitto e reputazione.

A emergere con forza è la dinamica del biopotere: non solo il cittadino è destinatario del discorso verde, ma ne diventa il protagonista moralmente responsabile. Gli viene chiesto di differenziare i rifiuti, di consumare in modo consapevole, di ‘fare la sua parte’. Ma dietro questa retorica della partecipazione si cela uno spostamento subdolo della responsabilità, che solleva le istituzioni e le imprese dalle proprie colpe sistemiche. L’individuo, trasformato in consumatore etico, diventa complice inconsapevole di un sistema che lo illude di poter salvare il pianeta con le sue scelte quotidiane, mentre i grandi attori economici continuano a perpetuare le stesse logiche estrattive.

Ciò che distingue Verdi parole da altri saggi sul tema è la sua capacità di coniugare profondità teorica e chiarezza espositiva. Antelmi evita il gergo accademico, preferendo un linguaggio sobrio e preciso, accessibile anche a un pubblico non specialista. Il suo intento non è semplicemente denunciare le storture del discorso ambientale, ma offrire strumenti per decodificarlo. In questo senso, il libro è anche una guida alla cittadinanza linguistica, un invito a coltivare uno sguardo critico su ciò che leggiamo, ascoltiamo, ripetiamo.

Un punto di forza dell’opera è la coerenza tra metodo e obiettivo: l’interdisciplinarietà (linguistica, sociologia, filosofia, geografia) è sempre al servizio della comprensione del fenomeno, mai sfoggio erudito. Anche le riflessioni più complesse – come quelle sull’ethos discorsivo o sulle massime conversazionali di Grice – vengono rese con esemplare chiarezza e supportate da esempi concreti, che aiutano il lettore a ‘vedere’ i meccanismi linguistici in azione.

Verdi parole è un libro che lascia il segno. Perché ci riguarda da vicino. Perché smonta le narrazioni rassicuranti. Perché ci mostra quanto il linguaggio sia non solo strumento di comunicazione, ma anche – e soprattutto – veicolo di potere. Donella Antelmi ci consegna una lente nuova con cui guardare la realtà: non per disilluderci, ma per renderci più consapevoli. La sua analisi ci spinge a chiederci quanta ‘verità’ ci sia nelle parole verdi che ascoltiamo ogni giorno, e a ricordare che solo un linguaggio critico può generare un’autentica ecologia della mente e dell’azione. In un’epoca in cui la sostenibilità rischia di diventare una moda semantica, Verdi parole è un atto di resistenza linguistica e politica. Un libro che andrebbe letto da chi scrive, da chi comunica, da chi governa – ma soprattutto da chi vuole capire come le parole possano salvare o tradire il futuro che raccontano.

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