Settemila querce piantate a Kassel nel 1982. L’inizio simbolico di un’azione continua, ripetuta negli anni in Italia, Stati Uniti, Australia. Un rito di salvazione. Un segnale d’allarme «contro le forze che distruggono la natura e la vita».
Joseph Beuys
Vuoi vietare le risate?
Vuoi eliminare il divertimento?
Vuoi una rivoluzione senza risate?
Il 23 maggio 1974 ad attenderlo al JFK a New York c’è un’ambulanza. Joseph Beuys indossa i suoi vestiti abituali. Jeans, gilet da pescatore, cappello, scarponi e bastone eurasiatico. Non vuole toccare il suolo americano e neppure vedere la città. C’è la guerra in Vietnam e il consumismo impera, la sua è un’azione politica e poetica. Avvolto dalla testa ai piedi in una coperta di feltro, si sdraia sulla lettiga e l’ambulanza parte a sirene spiegate. Destinazione Renè Bloch Gallery, 409 West Broadway. Beuys, che è una scultura viva, incarna l’uomo malato occidentale trasportato d’urgenza nel luogo della cura, non l’ospedale ma la galleria, il terreno dell’arte. Quante ambulanze abbiamo sentito sfrecciare negli ultimi due anni? Per Beuys l’uomo contemporaneo ha un’infezione all’anima e la creatività endogena è la terapia necessaria. Quella mattina, in galleria lo attende un coyote selvaggio col quale trascorrerà tre giorni e tre notti. Il medico è l’animale? O è piuttosto la relazione – concepita come risarcimento per le stragi dei coloni europei verso l’animale sacro ai nativi – a guarire l’America?
I like America, America likes me
L’uomo e l’animale selvatico convivono nello stesso spazio, si studiano, condividono la terra mistica dell’arte. L’azione si profila già allora anti-specista. Del resto Beuys è tra i primi a sostenere l’emotività e l’intelligenza del regno vegetale e percepire gli animali come maestri.
L’azione ha la finalità simbolica di guarire le ferite dell’America attraverso un rito di purificazione e l’incontro con il proprio coyote interiore. Beuys lo guarda negli occhi, si accuccia con lui e insieme si affacciano alla finestra. L’artista gli legge le quotazioni di borsa del Wall Street Journal e l’animale orina sui giornali. È la riattivazione di un profondo rapporto tra l’uomo e gli altri viventi.
«Ritengo che spesso si abbia la concezione errata della cosiddetta interiorità: talvolta si può avere la tentazione di andare a cercare dove sia questa interiorità se nelle ossa o nel petto o da qualche altra parte. L’interiorità umana è fuori e, naturalmente, anche dentro. La forma di un albero di ulivo o di un cipresso o la figura di un cavallo o la vita di un coniglio o il mare e le montagne appartengono all’interiorità umana: sono organi dell’essere umano esattamente come il fegato, il cuore, i polmoni, i reni e tutto il resto.» Le sue contro-immagini sono tese a liberare nel pubblico le energie mentali e spirituali che l’abitudine soffoca.
Insetti e pistilli
Gli insetti si muovono veloci e sicuri nel loro habitat e sono di tutte le forme e colori. Affascinano il bambino che passa ore accovacciato sull’erba con le ginocchia sporche di verde. Li segue con gli occhi, li cattura, li studia e li porta a casa nel suo zoo domestico. «Quando il bambino era bambino/ se ne andava a braccia ciondoloni/ voleva che il ruscello fosse un fiume/ e il fiume un torrente/ e la pozzanghera il mare./ Quando il bambino era bambino/ non sapeva di essere bambino./ Per lui tutto aveva un’anima/ e tutte le anime erano tutt’uno», la poesia di Peter Handke ne Il cielo sopra Berlino, canticchiata dall’angelo Bruno Ganz, è perfetta per Beuys. Molti anni dopo, quel bambino strano, che preferisce arrampicarsi sulla grondaia anziché salire le scale di casa, cerca di rendere visibile l’invisibile, raccontando le forze che operano all’interno della natura. Amplia il concetto di arte e lavora sulla metamorfosi e la trasformazione partendo dai processi creativi delle piante e delle api. A scuola viene bocciato una volta e non ammesso alla maturità la seconda. Fa scherzi a tutti, ma è benvoluto dal corpo docente. È intelligentissimo. Vive un mondo separato. Scappa di casa con il circo in cui lavora come manovale, attacchino e stalliere. Poi viene ritrovato sull’Alto Reno e riportato a Kleve. In città c’è una grande fabbrica di margarina, la Van Den Bergh dove il padre lo vorrebbe mandare a lavorare. Ma i docenti lo riprendono a scuola, prima retrocedendolo di una classe e poi facendolo passare dopo un esame.
La Germania, alla fine della Prima guerra mondiale è impoverita, depauperata, e l’inflazione è alle stelle. Il Lohengrin di Wagner è la colonna sonora che nutre l’epica germanica. Sta per accadere l’inevitabile.
Il grasso guarisce, il feltro riscalda, il rame conduce, il miele nutre
L’ombra dell’ala dello Stuka che precipita nella tempesta di neve si avvicina mostruosamente a terra sino allo schianto ineluttabile. Beuys, bombardiere di picchiata della Luftwaffe affiliato alla Hitlerjugend, cade dal cielo. È gravemente ferito. Il compagno di volo è morto. Secondo il mito beuysiano, una tribù di tartari scopre il relitto e lo trova privo di conoscenza. Viene dunque trasportato nella tenda nomade dove è curato con il calore del feltro e del grasso animale. Questi elementi – che l’artista fa risalire all’incidente – saranno i materiali principali di tutta la sua produzione. L’esplorazione delle dinamiche interne del mondo organico lo portano ad allargare, come mai prima, il concetto di arte. La storia dei nomadi guaritori è un’invenzione, un’auto-mitologia indispensabile per fare della propria vita un’opera. Il mito è in Beuys plausibile quanto il reale. Come afferma l’amico Bazon Brock: «Beuys è stato il più grande creatore di significato a partire dalla sua stessa mitologizzazione.» La guerra, le ferite, l’incidente, gli provocano una profonda depressione che lo incupisce per anni. L’insuccesso iniziale, l’irrisione verso il suo interesse per l’antroposofia, il senso di colpa e il trauma post-bellico, lo riducono a una larva nel buio di una casa e in una bara che si fa appositamente costruire nella volontà di scomparire dal mondo. Ma come ogni sciamano, muore e rinasce a sé stesso. L’abisso e la malattia sono i passaggi per la purificazione e la generazione di un nuovo uomo. Il tunnel e la morte incombente gli rivelano la sua vera missione: da quel momento Beuys concentrerà tutto sé stesso alla realizzazione di un’operazione di «scultura sociale» sulle coscienze delle persone.
Ogni uomo è un artista
Il suo concetto di arte, totalmente nuovo, riguarda ogni frangente della vita: medicina, spiritualità, economia, educazione, politica, biologia, religione, agricoltura. Beuys ritiene che ogni persona possieda una propria peculiare capacità creativa, una forza psichica individuale e la capacità di autodeterminazione. Tutto ciò retto da tre poteri interni: pensare, sentire, volere. «In tutte le mie azioni – afferma – cerco di far prendere coscienza all’uomo delle sue possibilità creative, le uniche che gli possono dare la libertà. Cerco di collegarlo verso il basso con la terra, la natura, le bestie, che hanno un posto importante nelle mie azioni; e verso l’alto con gli spiriti.» Per lui tutti dovrebbero saperne di arte così come sanno far di conto. L’educazione e la maieutica sono per lui di primaria importanza. Egli non si limita a creare installazioni ma concepisce azioni politiche, performance catartiche, riti iniziatici e utilizza la lavagna, come faceva Rudolf Steiner alle sue conferenze ai primi del Novecento, per spiegare la relazione e l’interdipendenza tra tutte le cose. Nel 1972, per 100 giorni di seguito, a documenta5 terrà incontri per 10 ore al dì nel suo ‘Ufficio politico’, con una rosa accanto. È carismatico Beuys e, in Germania, polarizza l’opinione pubblica: da un lato è adulato, dall’altro è considerato fastidioso e strambo.
La Tenda verde. Das Grüne Zelt
La mattina del 28 settembre 1980 a Düsseldorf, nella Gustaf-Gründgens Platz, di fronte all’edificio dello Schauspielhaus di Alvar Aalto, Beuys allestisce una tenda verde, che ricopre interamente un padiglione, per la prima campagna elettorale dei Verdi. «In futuro – dichiarò – si dovranno innalzare tende verdi su tutto il pianeta! Dovranno essere le incubatrici di una nuova società». Ma il pensiero di Beuys fallisce sotto il peso di un’economia sporca, autoreferenziale e distruttiva e di una politica miope, dogmatica e retrograda. Nel 1967 aveva fondato il Partito degli Studenti, con lo scopo principale di indurre tutti gli uomini a una maturità spirituale e aveva allargato la partecipazione politica al mondo animale. Nel 1974, insieme a Heinrich Böll, dà vita alla Free International University, F.I.U., dopo il licenziamento dall’Accademia di Düsseldorf per avere riammesso gli studenti esclusi dalla prova di ammissione. Il suo inesauribile attivismo, e le visioni radicalmente nuove che traggono ispirazione dal pensiero antroposofico, lo rendono inviso a numerose istituzioni. Anche il movimento dei Verdi, inizialmente concepito come trans-partito ispirato dallo stesso Beuys che è tra i fondatori, si libera della sua ingombrante presenza. «Il suo linguaggio suona astratto – affermò Luca Beckmann, ideologo verde – lontano dalla realtà quotidiana cui sono rivolti tutti i nostri sforzi». La politica perde l’occasione di un totale rinnovamento linguistico e strategico. Quella di Beuys è una lunga catena di fallimenti che tuttavia non riescono a scalfire l’integrità e la genialità del suo pensiero. Le lezioni all’Accademia, alla quale verrà riammesso, sono popolarissime e la sua figura è già mito. I chiarissimi occhi acquosi, il volto scavato, l’espressione persa e la sua essenza sciamanica, sono oggi, nel centenario della sua nascita, più che mai presenti e necessari. Il mondo dell’arte sta infatti indagando le relazioni con i viventi extra-umani, mentre le multinazionali si stanno colorando di green.
Rimboscare invece di amministrare. 7000 Eichen
Nella piazza del Friedericianum c’è un’imponente installazione: 7.000 steli di basalto. È il 19 giugno 1982. Beuys è invitato a documenta7. Pianta la prima di 7.000 Eichen (7.000 querce) inaugurando un’azione collettiva destinata a durare oltre un secolo. Si tratta della riforestazione di Kassel, una città tutta asfalto e cemento. È la prima volta che un artista fa un’operazione territoriale organica di questa portata. Chiunque può responsabilmente contribuire in prima persona ai costi della piantumazione di una quercia, adottandola e avendo in cambio un certificato. Le lastre di pietra, che occupano il piazzale, andranno via via scomparendo poiché a ogni albero piantato ne viene accostata una. Si stabilisce così una relazione tra il mondo vegetale e minerale. La quercia, che ha un significato simbolico di forza, resistenza e longevità, è l’esplosione della creatività, opera viva, biologica, intelligente, destinata a migliorare l’ambiente e a sopravvivere agli uomini. Nel 1984 a Bolognano, in Abruzzo, Beuys – grazie ai suoi mecenati italiani Lucrezia de Domizio e Buby Durini – elabora un ulteriore progetto, Difesa della Natura, decidendo di piantumare 7000 alberi di specie diversa a rischio estinzione. In tal modo crea una sorta di modello – la Piantagione Paradise – che si espanda ovunque. «Difesa della natura – spiega l’artista – significa adottare un diverso atteggiamento antropologico perché la distruzione naturale è distruzione umana. Piantare gli alberi non è semplicemente un’azione ecologica, ma un rito di salvazione delle anime, che ha a che vedere con altre invisibili intelligenze e con la dimensione del tempo». Gli atti proposti hanno tutti una finalità sociale e politica, tendono a realizzare ciò che l’artista chiama «Azione Terza Via», ossia la costruzione dell’alternativa ai due sistemi capitalista e comunista identificata nella via dell’arte. Per Beuys infatti Kunst is Capital, l’arte è il vero capitale umano.
Anatomia di una catastrofe
Estate 2021, Renania Settentrionale, regione d’origine di Beuys. Un’alluvione procura migliaia di vittime, distrugge infrastrutture e case, polverizza villaggi. 1984 Bolognano, in una riunione fumosa piena di artisti, curatori, simpatizzanti e studenti, l’artista Marco Bagnoli chiede a Beuys se l’albero ha coscienza di essere piantato dall’uomo. La sua risposta è la fotografia di ciò che è accaduto: «Se noi non abbiamo rispetto per l’autorità dell’albero, o per il genio, o per l’intelligenza dell’albero… l’albero deciderà di fare la sua telefonata agli animali, alle montagne, alle nuvole e ai fiumi, deciderà di parlare con le forze geologiche, e se l’umanità fallisce, la natura avrà una vendetta terribile, una vendetta terribilissima che sarà l’espressione dell’intelligenza della natura e un tentativo di riportare gli esseri umani al lume della ragione attraverso lo strumento della violenza. […] Possiamo ancora decidere di allineare la nostra intelligenza a quella della natura. […] Siamo giunti ad un punto in cui dobbiamo prendere una decisione. O lo faremo, o non lo faremo. E se non lo faremo, ci troveremo a dover fronteggiare una serie di enormi catastrofi che si abbatteranno su ogni angolo del pianeta. L’intelligenza cosmica si rivolgerà contro il genere umano. Adesso però, ancora per un certo periodo di tempo, ci rimane la possibilità di venire liberamente a una decisione – la decisione di prendere una strada che sia diversa da quella che abbiamo percorso nel passato. Possiamo decidere ancora di allineare la nostra intelligenza con quella della natura».