Qualche assolo per la parità di genere

La sostenibilità sociale rappresenta una delle declinazioni del concetto di sostenibilità da approfondire maggiormente. La parità di genere ne è uno dei pilastri intrinseci e basilari.

Autore

Caterina Francesca Ottobrini

Data

4 Giugno 2024

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6' di lettura

DATA

4 Giugno 2024

ARGOMENTO

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In riferimento alla definizione omnicomprensiva del concetto di sostenibilità, che recita l’impegno a soddisfare le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di realizzare le proprie, uno spazio fondamentale è dedicato alla sostenibilità sociale.

Questa componente considera variamente la salvaguardia dei diritti umani, la parità di genere, la realizzazione di una coesione sociale e la necessità di un lavoro dignitoso per tutti. Nello specifico, la sostenibilità sociale si serve di un approccio che mira a promuovere il benessere delle comunità nel lungo periodo, impegnandosi a preservare e migliorare la qualità della vita e a favorire l’accesso a pari opportunità e risorse per tutti. Risulta imprescindibile in questo contesto la necessità di coinvolgere (pro-)attivamente la comunità nelle decisioni che influenzano le vite dei suoi membri, favorendo una democrazia partecipativa, in cui tutti gli attori coinvolti siano consci del proprio ruolo, dei propri bisogni e delle proprie responsabilità. 

Dunque, dal punto di vista della sostenibilità sociale, la disparità di genere e la presenza di disuguaglianze rappresentano alcuni degli ostacoli di maggior rilevanza e di difficile attuazione nel percorso di raggiungimento dello sviluppo sostenibile.

A supporto di questa considerazione, due sono gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile definiti dall’Agenda 2030 (ONU, 20151) a cui fare particolare riferimento:

  • Obiettivo 5 – Parità di genere mira a ‘raggiugere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione (empowerment) di tutte le donne e ragazze’ 
  • Obiettivo 10 – Ridurre le disuguaglianze si propone di ‘ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni’.

L’ONU definisce la parità di genere come ‘non solo un diritto fondamentale, ma una base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile’. Nonostante ciò, e nonostante i progressi fatti in questo ambito a livello sia globale sia nazionale (per esempio, crescita della scolarizzazione delle ragazze, aumento di presenza femminile nei parlamenti o nelle amministrazioni regionali, maggiore iscrizione delle donne a lauree STEM), restano ancora da risolvere numerosi problemi e da affrontare molteplici ostacoli per il raggiungimento di una reale parità di genere.

Effettivamente, l’Italia sta dimostrando sforzi insufficienti per consentire un allineamento con la media UE (pari a 76,3%) e, attualmente, si colloca alla 79esima posizione nella graduatoria dei 146 Paesi menzionati nel Global Gender Gap Report 2023, con un valore pari a 70,5%. L’indice composito di riferimento si basa su quattro dimensioni chiave (la partecipazione e l’opportunità economica, l’istruzione, la salute e il benessere e l’empowerment politico) che definiscono il percorso da svolgere per il progresso nell’uguaglianza di genere. Il punteggio medio nazionale è peggiorato rispetto all’anno precedente, consentendo all’Italia di retrocedere di 16 posizioni, soprattutto in risposta al peggioramento della partecipazione e della rappresentanza di donne in politica.

D’altro canto, secondo l’European Institute for Gender Equality (EIGE), l’Italia si trova al di sotto della media dei Paesi europei. Considerando il Gender Equality Index, migliora e raggiunge la 13esima posizione, acquisendo il maggior posizionamento attuato nell’ultimo decennio, nonostante il tasso di occupazione femminile sia di quasi 14 punti percentuali inferiore alla media europea (51,1% contro 64,9%).

In riferimento alla relazione tra occupazione maschile e femminile, in un contesto altamente specializzato, è possibile fare riferimento al comparto della liuteria, nazionale e soprattutto cremonese.

Cremona è storicamente nota come la patria dei violini. La relazione instaurata tra la liuteria e la città si va a definire già nel XVI secolo, quando i grandi artigiani dell’epoca e le loro famiglie avviarono le prime attività imprenditoriali. A partire dal 1500, le botteghe dei liutai erano generalmente guidate dai Maestri, quali Andrea Amati, Antonio Stradivari e Giuseppe Guarneri del Gesù, e idealmente si pensava che l’artigianato fosse un’arte di cui soltanto l’uomo potesse occuparsene.

La liuteria era tradizionalmente ritenuta un mestiere a conduzione familiare. Ogni strumento riportava il nome di famiglia, o meglio del patriarca, e questo rappresentava il ‘marchio’ della bottega stessa. Gli altri membri della famiglia, che pure costruivano gli strumenti assemblando circa 70 pezzi di legno, non venivano abitualmente citati e accettavano di subordinarsi a questa usuale pratica. Ne rappresenta un esempio lampante la bottega di Stradivari (1644-1737): è raro trovare i nomi dei discendenti Francesco, Omobono e Paolo nelle etichette degli strumenti prodotti e, nonostante la longevità dell’attività del patriarca (93 anni), è inverosimile pensare che alcuni violini non siano stati realizzati dai suoi familiari. 

Ulteriormente, lo spazio lavorativo della bottega era generalmente situato nello stesso luogo dello spazio abitativo ed è quindi ammissibile che anche le figure femminili fossero almeno parzialmente coinvolte nel processo produttivo. Le donne, dunque, erano probabilmente presenti, rimanendo però tendenzialmente ‘nascoste’ dietro la figura dei compagni maschi. A conferma di ciò, fino al XX secolo non è infatti possibile ritrovare su alcuno strumento etichette originali che riportino i nomi di artigiane donne. Esiste tuttavia un’eccezione, rappresentata dalla moglie di Giuseppe Guarneri del Gesù: Catarina Rota. È stato storicamente appurato che Catarina aiutasse il marito nell’attività di bottega e, addirittura, che avesse prodotto un violino, etichettandolo con il suo nome2.

Figura 1

Attualmente, rispetto all’ultima rilevazione fatta dalla Camera di Commercio della Città di Cremona (2021), le imprese liutarie presenti nel territorio di Cremona sono 183, alle quali si aggiungono alcune imprese specializzate nella produzione di archetti e nella costruzione di custodie musicali: si stima che siano 192 le imprese che complessivamente fanno parte del settore della liuteria.

La Camera di Commercio, infatti, registra l’andamento delle iscrizioni delle botteghe e negli ultimi anni si è assistito a un progressivo aumento dell’imprenditoria femminile: pur restando in netta minoranza (solamente l’11% delle imprese è guidata da donne), delle sette presenti nel 2020, si è passati a quota 20 botteghe nel 2021.

Inoltre, la meta degli attuali iscritti alla Scuola di Liuteria Antonio Stradivari di Cremona è rappresentato da donne e ciò indica che sempre più liutaie si sentono incoraggiate, e non pregiudicate, a percorrere il percorso professionale di artigiane-artiste e a seguire la propria passione personale, nonostante il contesto di riferimento sia sempre stato di quasi esclusivo appannaggio degli uomini.

Il comparto della liuteria, dunque, sembra essere in controtendenza rispetto al comprovato andamento del tasso di occupazione rilevato da EIGE – European Institute for Gender Equality.

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