Nietzsche, il multiverso, l’ecologia 

Combinando prospettivismo ed epimetafisica, s’immaginano 7 universi alternativi i cui protagonisti sono Nietzsche, l’ecologia, l’uomo, l’animale.

Autore

Marco Lanterna

Data

1 Maggio 2023

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6' di lettura

DATA

1 Maggio 2023

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Die Erde ist dann klein geworden, und auf ihr hüpft der letzte Mensch, der Alles klein macht.

Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra

Nietzsche scopritore involontario del multiverso

Se è vero che ogni grande autore sembra mutare coi tempi (quasi allineando le proprie antenne testuali al sopraggiunto nuovo), ciò è ancor più vero per Nietzsche, il quale, secondo Giorgio Colli, disse «tutto e il contrario di tutto».

La filosofia nicciana si presta cioè elettivamente a una visione moltiplicata, caleidoscopica, cangiante, centopinta – lui stesso definiva il suo pensiero Perspektivismus: epistemico rifacimento dell’homo mensura. Ma oltre a essere una passerella ermeneutica, blabla d’interpretazioni da machine à penser, Nietzsche ha pure una ricaduta ontologica, fisica, grazie all’idea dell’eterno ritorno dell’uguale.

A me è sempre parso fertilissimo a filosofia non tanto l’Ewige Wiederkunft des Gleichen (il quale ha conosciuto critiche definitive, su tutte l’Ice Capades again? di Woody Allen) quanto il suo corollario ovvero l’eterno ritorno dell’inuguale [des Ungleichen]: l’esaurimento di tutte le possibilità inespresse, ma compossibili, necessarie per percorrere il gran ciclo cosmico dell’Essere.

Senza volerlo Nietzsche inciampa nel multiverso: non in quello sincrono, parallelo al nostro, ipotizzato da certa cosmologia d’oggi, bensì in quello diacronico, in successione.

Tutte le svolte, i bivi, i se e i non, le mille sliding doors incontrate e mai imboccate, devono per forza compiersi, dipanarsi, essere vissute in un’infinità di vite alternative, dalla più convergente alla più contrastante: unico modo per ritornare infine all’identico. L’Essere insomma è un libro da leggersi per intero: pagina dopo pagina, riga dopo riga, sillaba dopo sillaba, prima di poter essere riletto.    

Everything Everywhere All at Once

Frullando multiverso e prospettivismo – invero insaporiti con un pizzico di faustrolliana epimetafisica alla Jarry («les lois que l’on a cru découvrir de l’univers traditionnel étant des corrélations d’exceptions aussi, quoique plus fréquentes, en tout cas de faits accidentels qui, se réduisant à des exceptions peu exceptionnelles, n’ont même pas l’attrait de la singularité») – immagino e affastello qui di seguito 7 universi ove i protagonisti sono la filosofia prismatico-palindromica di Nietzsche, l’ecologia, l’uomo, l’animale. And the Winner is… 

1° multiverso: Nietzsche è in oblio

Cos’ha ancora da dire un filosofo vissuto alla fine dell’Ottocento – ultimo balenìo della belle époque prima dell’époque belliciste a degli uomini del terzo millennio?

Un po’ come per Karl Marx, la Storia futile e crudelissima s’è divertita a involarne i teoremi ottimistico-scientisti quasi fossero castellucci di carte: ciò che essi avevano proferito con millimetrico afflato o non s’è avverato o, ben peggio, s’è avverato ma scriteriatamente.

Per esempio l’immoralismo di Nietzsche, l’Umwertung aller Werte, è tra noi già da tempo, epperò in modi popolareschi, ossia beceri e banali, senza che un sol Übermensch sia mai apparso all’orizzonte a oscurare il Sole! Il ritorno ai Greci, allo spirito fremente e rapsodico di Dioniso, pare ormai ai più avvertiti un conte de fées, buono giusto per baloccare i ginnasiali.

La verità è che il passato non ha mai avuto nulla da insegnare. Già Herbert Spencer si stupiva che i suoi contemporanei guardassero a Platone con occhio filosofico luccicoso, come se questo greculo vissuto 2500 anni fa, ante scienza moderna, potesse dir loro qualcosa sul presente, di là da qualche immagine poetica o di mero stucco stilistico. Idem Nietzsche: di lui oggi restano appena due o tre aforismi accartocciati dentro i Baci Perugina.    

2° multiverso: Nietzsche è in auge

Il filosofo di Röcken viene studiato sui banchi di formica delle università; si tengono barbosi corsi e seminari sulla sua gaia scienza; si istituiscono cattedre e premi filistei col suo nome. È letto, tradotto, discusso, fin nelle più capocchiose minutaglie biografiche. Lo si cita nei film di Hollywood; i suoi aforismi stanno sopra le t-shirt elasticizzate delle teeny; la sua immagine – baffuta, azzimata, pensosa – occhieggia ovunque, come nei ritratti iconici e fashionables di Warhol. Inoltre, le più recenti traduzioni, fatte in ogni angolo del mondo, anche nelle lingue più remote, tolgono molta patina ottocentesca alle sue parole (patina vecchiotta che ai tedeschi ne rammenta subito l’età, le rughe, il bel tempo andato); senza accorgersene – ritraducendolo generazione dopo generazione – gli si prestano parole attuali, scottanti, più vicine al presente, ancorché a lui ignote (il fatale tradire del tradurre).

Si è quindi arcisicuri che Nietzsche contenga celate risposte trasversali circa l’uomo d’oggi, l’AI ultronea, il clima, la sostenibilità, l’energia, le risorse alimentari, la corsa a Marte, insomma intorno a problemi solo nostri e inimmaginabili o addirittura sbigottenti per un uomo dell’Ottocento. D’altronde il suo genio è eterno, sovratemporale, ubiquitario; Nietzsche ormai è un santino miracolistico della filosofia: entra in ogni libro a tenerne il segno, pur senza c’entrare alcunché.

3° multiverso: Nietzsche è un ecologista

Nietzsche è un alfiere della Natura, anzi si può dire che la sua azione quale filosofo consista anzitutto nel ‘naturalizzare’ (vernatürlichen) ciò che la cultura e la storia hanno nel tempo ‘snaturato’ (entnatürlicht) con esiti per lui nefasti. La salute – concetto chiave per l’individuo-Nietzsche da sempre ammalazzato – riposa su tale adesione incondizionata al naturaliter, adesione al limite del fanatismo o della credulità.

Nietzsche è il primo ecologista moderno della storia, ben più di Haeckel inventore del concetto, giacché lui ne intuisce da subito, dietro il biologismo, l’impatto etico-esistenziale. Per Sossio Giametta, solitario interprete di Nietzsche, il baricentro della filosofia nicciana poggia proprio su tale santificazione/sanificazione della Terra, almeno per come viene espressa nel primo discorso di Zarathustra agli uomini, sorta di versione biblico-ctonia del Discorso di Benares: «Il superuomo è il senso della terra. La vostra volontà dica: sia il superuomo il senso della terra! Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca: e allora che se ne vadano! Una volta il sacrilegio contro Dio era il sacrilegio più grande, ma Dio è morto, e sono morti con Dio quei sacrileghi. Commettere sacrilegio contro la terra è ora la cosa più spaventosa, e fare delle viscere dell’imprescrutabile maggior conto che del senso della terra!».    

4° multiverso: Nietzsche è un antiecologista

Si sa che la volontà di potenza di Nietzsche – filo di trama e insieme d’ordito della Vita – è un ispessimento della volontà di Schopenhauer, invero troppo tenue e mollacciona. Alla Vita non basta infatti vivacchiare, sospirare, tirare avanti alla bell’e meglio, essa vuol soprattutto scialare, gargantueggiare, intronarsi e delinquere.

L’uomo nicciano – senza più Dio, né aldilà, né morale, entità regolative sovrastanti e/o comprimenti – è un puro ego in espansione, un super protozoo inglobatore e blobboso.

La Terra e tutto ciò che l’abita sono roba sua, ninnoli di cui egli dispone ad libitum, sino allo sfinimento, all’esaurimento d’ogni pozzo o miniera. Per l’uomo di Nietzsche non esistono colonne d’Ercole o, per dir meglio, esistono ma – come nella divisa di Carlo dall’impero sin noche – solo per esser diroccate: plus ultra! Quindi la sostenibilità cara ai thunberghini, l’equilibrio assennato tra antropizzazione e ambiente, la décroissance da raccolta differenziata della porta accanto, sono nel migliore dei casi delle chimere, nel peggiore baie e pastoie. L’uomo è condannato dalla propria bulimia ontologica a divorarsi come Erisittone.  

5° multiverso: Nietzsche è un animalista contro l’uomo

Fan degli Essays di Emerson sin quasi al plagio o al saccheggio, Nietzsche ne conduce alle estreme conseguenze le intuizioni agonistiche circa l’animale: «Nature arms and equips an animal to find its place and living in the earth, and, at the same time, she arms and equips another animal to destroy it. Space exists to divide creatures». Non per caso – racconta Anacleto Verrecchia – quando la follia cominciò a bussare forte alla sua porta torinese, Nietzsche prese a firmarsi das Untier [la belva], forse ripensando a un altro passo enigmatico di Emerson: «No man is quite sane; each has a vein of folly in his composition, a slight determination of blood to the head, to make sure of holding him hard to some one point which nature had taken to heart».

L’uomo che si animalizza, che si disaddomestica, ottiene in cambio una sorta d’infallibilità organica, di riuscitezza esistenziale, di salute e gaiezza. Sicché animalità istinto fiuto di contro a raziocinio cultura civiltà sono i tratti fisiognomici del superuomo, almeno per come nella storia ha fatto capolino: Cesare Borgia – idealtipo nicciano – viene per l’appunto cognominato Raubtier ‘bestia da rapina’: l’uomo deve svestire il proprio umanismo wingtip-collar per riassaporare l’afrore ferino e omicida della pelle, in breve a ‘dda puzzà!

6° multiverso: Nietzsche è un umanista contro l’animale 

«Ich liebe die Menschen», Zarathustra ama gli uomini; li ama per quello che saranno: «Alle Wesen bisher schufen Etwas über sich hinaus [Tutti gli esseri hanno finora creato qualcosa al di sopra di se stessi]». A maggior ragione il Mensch di Zarathustra deve iper-umanarsi se vuol porre distanza tra sé e il verme (Wurm) da cui sbuca. «L’uomo è una corda, annodata tra l’animale e il superuomo – una corda tesa sopra un abisso [Der Mensch ist ein Seil, geknüpft zwischen Thier und Übermensch, – ein Seil über einem Abgrunde]».

Eppure se una corda permane ottusamente tesa tra estremi, di fatto unendoli per sempre, il funambolo (Seiltänzer) che sulla piazza suggerisce a Zarathustra la sua immagine più famigerata, può davvero percorrerla e soprattutto cadere e sfracellarsi tra le risa matte del mondo (l’ineluttabile sorte ilarotragica dell’uomo). A che pro tirar un cavo – come fece Philippe Petit – tra le Twin Towers se poi queste crollano? O tendere una corda tra l’animale e il superuomo se poi questi si estinguono? Qui, assai meglio di Nietzsche, ha visto Ramón Gómez de la Serna: «Ante el perfecto equilibrista como ante otros artistas de circo, se piensa en cómo podrían ser utilizadas sus admirables facultades en algo trascendental, y no se encuentra la manera. Su trabajo es sólo un trabajo de gracia». 

7° multiverso: Nietzsche, l’ecologia, l’uomo, l’animale sono kaputt

La Terra è finalmente tornata a essere una fornace di gas e fuochi; non sostiene più quella muffa verdastro-azzurrognola che è la Vita, ma va anzi a ridivenire presto un soffice cristallo come la Luna.

Sarà stato per l’imperizia/nequizia dell’uomo o forse per un qualche meteorite trans-nettuniano (il pietoso colpo di pistola alla tempia che allevia i patemi del moribondo); sta di fatto che della storia degli uomini, degli ominidi, e delle altre famelico-formicolanti specie che la Natura ha scodellato solerte sopra la Terra, non resta alcuna impronta, non un solo vestigio, nemmeno il più piccolo granello di clessidra.

Much Ado About Nothing, ecco il senso ultimo della Vita e di tutte le miserabilia che essa ingloba e strascina.

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