Patrimonio phygital. Oltre la marginalità

Ambiti marginali e aree interne come contesti sperimentali in cui interpretare il concetto di museo diffuso come infrastruttura culturale complessa.

Autore

Alessandro Raffa

Data

13 Ottobre 2022

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DATA

13 Ottobre 2022

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Premessa

Nella regione Euro-Mediterranea, il processo di marginalizzazione e spopolamento delle aree rurali e interne in favore delle realtà urbane più consistenti appare al momento incontrovertibile, con impatti coesistenti sui paesaggi culturali ed i patrimoni. In questa cornice problematica, la penisola italiana, rappresenta un caso emblematico in cui la dimensione capillarmente diffusa del patrimonio culturale, fatto di eccellenze riconosciute a livello internazionale ma anche di patrimoni ‘minori’, a volte poco o per nulla conosciuti, si confronta con i processi di abbandono in atto, rendendo più fragili i territori e le comunità ed esponendo a rischi i patrimoni, materiali ed immateriali, che custodiscono.

Per comprendere la consistenza di questa condizione diffusa, l’ISTAT censisce, per il 2020, 4265 luoghi di cultura tra cui musei, gallerie, collezioni, aree e parchi archeologici, monumenti e complessi monumentali. Una distribuzione capillare di beni culturali che riguarda anche ambiti marginali da un punto di vista socio-economico, geografico e infrastrutturale: «Il 26,4% delle strutture museali si trova in Comuni di cintura denominati ‘periurbani’, cioè nei Comuni che circondano i centri capoluogo, mentre il 37,8% risulta localizzato nelle cosiddette ‘Aree Interne’, costituite da Comuni ‘intermedi’, ‘periferici’ e ‘ultra periferici’, cioè lontani dai principali centri che offrono servizi pubblici» 1 . Gli stessi dati mostrano che i visitatori nelle Aree Interne superano di poco il 15%, a fronte di una presenza diffusa di patrimoni.

Il museo diffuso come strategia di infrastrutturazione culturale

In questi contesti, oltre alla capillarità con cui i beni culturali sono distribuiti nel territorio, assumono rilevanza le categorie di ‘contestualità’ -che interpreta la stretta relazione tra museo e contesto sociale, economico e culturale di appartenenza – e di ‘complementarietà’ 2 – che riconosce le molteplici relazioni che legano tra loro i luoghi di cultura.

Nelle strategie di fruizione e valorizzazione dei patrimoni, pur nella sensibile diversità di questi ambiti marginali che richiedono evidentemente approcci specifici e soluzioni ad hoc, il ‘fare rete’ costituisce un punto ineludibile e a volte sfidante per delineare scenari di sviluppo: dalla definizione dell’armatura culturale attraverso l’identificazione e la messa in relazione dei suoi patrimoni, materiali ed immateriali;  all’individuazione di sistemi innovativi e sostenibili di gestione integrata del patrimonio culturale sia in termini di collaborazione agile tra enti locali, stakeholder, comunità e visitatori sia in termini di integrazione tra fruizione/valorizzazione del patrimonio culturale, il sistema di servizi e le filiere identitarie del territorio (produzioni locali, artigianato, agroalimentare).

Una visione, questa, che è alla base del concetto di museo diffuso 3, inteso come un’infrastruttura culturale strategica in cui le azioni di tutela, fruizione e valorizzazione dei beni culturali escono dalle mura del museo per estendersi ai territori ed ai loro patrimoni, coinvolgendo i luoghi e le risorse in essi radicati, intersecando nuove economie e filiere tradizionali, sapere scientifico e locale, coinvolgendo comunità locali e visitatori, per immaginare orizzonti di sviluppo sostenibile a partire dai beni culturali.

Pandemia e fruizione digitale

Dopo la chiusura imposta dal lockdown del 2020, a livello nazionale, l’8% dei musei non ha riaperto ai visitatori; si tratta di strutture museali medio-piccole, con deficit di personale e risorse, collocate soprattutto in centri urbani fino a 5 mila abitanti (45,5%) o in zone rurali scarsamente popolate (45,7%)4. Questi dati mostrano un indebolimento dell’armatura culturale nazionale soprattutto in ambiti marginali, dove il patrimonio rappresenta un asset cruciale per promuovere uno sviluppo sostenibile di questi contesti.

Tuttavia, nel periodo pandemico, si è assistito ad un’accelerazione, seppur dovuta alla condizione emergenziale, da parte di musei e luoghi di cultura verso la fruizione digitale, fino a quel momento in ritardo nel contesto nazionale. Sebbene l’importanza della fruizione on site sia indiscussa, chiusure e accessi contingentati hanno aperto verso nuove modalità di fruizione. La fruizione digitale, infatti, può rappresentare un ulteriore leva per musei e strutture assimilate per attrarre nuovo pubblico, integrativa dell’esperienza on site. Ad esempio, la digitalizzazione delle collezioni rappresenta una possibilità per i musei non solo di preservare il patrimonio culturale, ma anche per rendere le collezioni più attraenti e accessibili al pubblico in generale. Oltre alle esperienze in ambito digitale, alcune istituzioni hanno investito in nuove tecnologie – come la realtà virtuale (VR) o la realtà aumentata (AR) – o hanno sviluppato app dedicate per creare esperienze coinvolgenti e migliorare le visite ai musei o ai siti culturali.

Post-digital museum e scenario phygital                    

Nell’ambito degli Heritage studies è emerso già da tempo come la pervasività delle tecnologie digitali nel quotidiano abbia determinato un cambio di passo per il museo: «La digitalizzazione del mondo ha prodotto un cambio di paradigma» 5. «I musei stanno evolvendo in istituzioni altamente dinamiche, socialmente consapevoli e rilevanti, man mano che le loro connessioni con gli ecosistemi digitali globali si rafforzano» 6. Questo cambio di paradigma viene registrato nella definizione di post-digital museum 7 in cui «il digitale diventa parte integrante degli obiettivi, delle strutture e delle pratiche dei musei» 8. Le tecnologie digitali stanno aprendo verso forme innovative di esperienza e progettazione per i beni culturali, che vedono amplificare il portato delle pratiche consolidate, a partire da una visione in cui il mondo fisico-analogico e quello virtuale-digitale sono sempre più interagenti ed integrati. Nello scenario phygital – crasi tra physical e digital- il patrimonio è spazio fluido, «un continuum inscindibile di elementi materiali ed immateriali estesi e connessi nel tempo e nello spazi» 9 in cui le tecnologie digitali espandono e rendono più immediata e performativa l’esperienza di fruizione e definiscono nuove forme collaborative e di co-progettazione tra istituzioni, stakeholder, enti locali, comunità locali e fruitori. Un ecosistema complesso, che attraverso la circolarità istituita tra fisico e virtuale, materiale e immateriale, mette in relazione, musei, archivi, opere d’arte, monumenti, siti, territori e persone mediante un’esperienza dei beni culturali arricchita e dilatata nel tempo e nello spazio che si traduce nel concetto di ‘prossimità relazionale’.

Sperimentare oltre il margine

In questa prospettiva, l’esigenza di ‘messa in rete’ assume un significato più ampio che apre a possibilità nuove. Ambiti marginali e aree interne potrebbero rappresentare contesti sperimentali in cui interpretare il concetto di museo diffuso post-digitale come infrastruttura culturale complessa, attraverso la dimensione phygital, innescando processi innovativi di fruizione e valorizzazione dei beni culturali e di gestione integrata, tra spazio fisico e virtualità. 

L’obiettivo, attraverso l’innovazione per la cultura, è sostenere scenari di rigenerazione a partire da un’interpretazione del patrimonio inteso come asset strategico su cui immaginare orizzonti di sviluppo sostenibile, favorendo inclusione, coesione, equità, benessere, sviluppo sociale ed economico per questi territori in attesa.

Note

  1. ISTAT, Musei e istituzioni similari in Italia – Anno 2020, ISTAT, Roma, 2022 https://www.istat.it/it/files/2022/02/REPORT_MUSEI-E-ISTITUZIONI-SIMILARI-IN-ITALIA.pdf
  2. P. Dragoni, Antimarketing dei musei italiani, in ‘Sinergie’, 68, 2005, pp. 55-73.
  3.  Si vedano: L.B Peressut. e M. Brenna (a cura di), Fredi Drgugman. Idee per un progetto di museo lungo il Trebbia. Collana le Voci del Museo. Firenze: Edifir; Brenna 2016, F. Drugman e M. Brenna (a cura di), Lo specchio dei desideri. Antologia sul museo. Clueb Bologna, 2012; L. B. Peressut, ‘Postfazione. Le molte facce del museo (scientifico) contemporaneo’, in Il museo della cultura politecnica, a cura di F. Drugman, L.B Peressut. e M. Brenna Unicopli, Milano, 2002.
  4. ISTAT, Musei e istituzioni similari in Italia– Anno 2020, ISTAT, Roma, 2022. https://www.istat.it/it/files/2022/02/REPORT_MUSEI-E-ISTITUZIONI-SIMILARI-IN-ITALIA.pdf
  5. L. Tallon, ‘Foreward’, in Museums and Digital Culture. New Perspectives and Research, a cura di T. Giannini, e J.P Bowen,Cham, Svizzera, Springer, 2019, Traduzione dell’autore.
  6. T. Giannini. e J.P. Bowen, Museums and Digital Culture. New Perspectives and Research. Cham, Svizzera: Springer, 2019, Traduzione dell’autore.
  7. R. Parry, The End of the Beginning: Normativity in the Postdigital Museum, in ‘Museum word’, 1 (1): 24–39. Traduzione dell’autore.
  8.  M. Mason, The Elements of Visitor Experience in Post-Digitl Museum Design, in ‘Design Principles and Practices: An International Journal-Annual Review’, 14(1) 1-14, 2021 Traduzione dell’autore.
  9. E. Lupo, Design e innovazione del patrimonio culturale. Connessioni phygital per un patrimonio di prossimità, in ‘Agathon’, n. 10, 2021, pp.186-190.
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