Sempre sul filone del disastro nucleare, anche se come vedremo dipendeva più dal titolo, va certamente ricordata la celeberrima Eve of destruction, composta da un semi-sconosciuto P.F. Sloan e portata al successo nel 1965 da Barry McGuire.
Barry non era un cantautore o comunque un cantante solista, ma faceva parte di uno di quei gruppi ‘multivocali’ che andavano molto all’epoca e che poi di fatto passarono di moda (Peter, Paul & Mary, gli Weavers…). I suoi si chiamavano New Christy Minstrels ed avevano buon successo negli Stati Uniti. Aveva poi iniziato una carriera solista e questo pezzo lo aveva lanciato a livelli inaspettati, dato che arrivò al primo posto nella classifica di vendite americana.
Vediamo qualche brano dal testo:
I paesi dell’Est stanno esplodendo
la violenza dilaga, si caricano i proiettili
sei abbastanza vecchio per uccidere ma non per votare non credi alla guerra e allora perché imbracci un fucile?
E anche sul Giordano galleggiano i corpi
ma tu continui a dirmi di non credere
che siamo alla vigilia della distruzione.
Come si vede siamo nell’ambito di una classica anti war song, che però col verso finale punta dritto alla catastrofe nucleare, ben evidenziata anche dal seguente «Se il bottone viene schiacciato non c’è modo di scappare». Rispetto al Dylan di ‘Hard Rain’ c’è una chiarezza di espressione che mise non poco in imbarazzo le autorità americane anche perché, nonostante molte radio l’avessero esclusa dalla programmazione, se la trovarono al primo posto e forse per la prima volta si resero conto che questi divieti – ci furono dichiarazioni secondo le quali rappresentava tutto ciò che non andava nella gioventù del tempo, e addirittura che aiutavano il nemico in Vietnam – finivano con l’avere l’effetto opposto a quello desiderato.
E corsero ai ripari, polarizzando l’intero paese: quasi subito uscì un singolo, Dawn of Correction degli Spokesmen che lo parodiava proprio verso per verso con espressioni tipo «Il mondo occidentale ha l’impegno comune/ di tenere la gente libera dalla dominazione rossa/ e forse non puoi votare ma rischi di non farlo più per generazioni».
Qualche mese dopo addirittura la ‘Ballad of the Green Berets’, un vero e proprio inno militare dello sconosciuto sergente Barry Sadler, fece saltare il banco con quattro settimane consecutive al numero uno. E’ in questo paese diviso che sta arrivando il fenomeno hippie di cui parleremo.
Un’ultima nota, anch’essa abbastanza curiosa, sta nell’apprezzamento di queste canzoni in Italia. La nostra proverbiale scarsa propensione alle lingue straniere impediva di fatto il successo delle ballate di protesta, non vincenti sul piano musicale, ed allora arrivavano le versioni italiane. Qui ci pensò l’onnipresente Celentano col fido Gino Santercole chiamandola ‘Questo vecchio pazzo mondo’ ed evitando qualsiasi riferimento alla guerra. Per una sorta di logica del contrappasso, pochi anni dopo Pino Masi ne fece una versione per Lotta Continua, chiamata ‘L’ora del fucile’, che faceva impallidire l’originale:
Cosa vuoi di più compagno per capire
che è suonata l’ora del fucile.
Eravamo abbastanza polarizzati anche qui.