Bollettino aggiornato in data 24/11 ore 16.
I fatti salienti
Approvato il testo dell’NCQG, ma scontenta molti
Dopo due rinvii della plenaria di chiusura, ieri notte, alle 2:39 a Baku, è stato approvato il nuovo testo del New Collective Quantified Goal on climate finance, il nuovo obiettivo di finanza climatica che sostituisce quello di 100 miliardi di dollari l’anno concordato nel 2009 a Copenaghen.
L’accordo finale prevede un obiettivo più ampio di 1300 miliardi di dollari da mobilitare entro il 2035 da tutte le fonti – pubbliche e private – per sostenere i Paesi più vulnerabili, e un finanziamento minimo di 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035, con una leadership affidata ai Paesi sviluppati e un invito ai Paesi in via di sviluppo economicamente più forti, come la Cina, a contribuire su base volontaria. Se l’accordo sul core di 300 miliardi di dollari sembrava, nel pomeriggio di sabato, inaccettabile da parte dei Paesi in via di sviluppo, nell’ultima versione del testo negoziale è apparso un nuovo paragrafo, il 27, che istituisce la “Baku to Belém Roadmap to 1.3T” (T per trilione, i 1000 miliardi), con il fine di aumentare nei prossimi anni i finanziamenti attraverso strumenti innovativi, sovvenzioni e prestiti agevolati. Tra gli impegni più significativi c’è l’aumento di tre volte delle risorse destinate ai fondi per l’adattamento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2022, un elemento cruciale per i paesi meno sviluppati.
L’accordo, seppur ufficialmente approvato, è stato criticato in modo sostanziale anche dalle Parti all’interno della plenaria. Sono state sollevate critiche riguardo gli aspetti procedurali di questa approvazione: sebbene ci fossero paesi, tra cui l’India, pronti a prendere parola, il presidente della plenaria ha proceduto direttamente battendo il martello per approvare il testo. L’accordo è stato così approvato, ma è stata evidenziata l’insufficienza del nuovo obiettivo rispetto alle esigenze reali: secondo gli esperti, infatti, i 300 miliardi di dollari annui non sono adeguati per fronteggiare i crescenti impatti climatici. Inoltre, il testo non definisce un diritto chiaro di accesso alla finanza climatica per le comunità più vulnerabili, lasciando spazio a interpretazioni e compromessi che rischiano di rallentare l’implementazione.L’accordo rappresenta dunque un compromesso, fondamentale per mantenere vivo l’Accordo di Parigi, ma insufficiente a soddisfare le aspettative dei paesi in via di sviluppo e della società civile. La sfida ora sarà trasformare le promesse in realtà, mobilitando risorse aggiuntive e garantendo accesso equo e sostenibile ai finanziamenti climatici.
Accordo storico per l’articolo 6.2 e 6.4
Nel corso della prima parte della plenaria sono stati approvati i testi “più semplici”, su cui c’erano meno controversie, tra cui l’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi sui mercati del carbonio, aprendo la strada al commercio di crediti di carbonio tra Paesi e alla creazione di un mercato globale regolamentato per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, con ulteriori regole tecniche che dovranno essere definite nel 2025. Questo articolo, cruciale per la creazione di un mercato globale di crediti di carbonio, si articola su tre aspetti principali: la cooperazione bilaterale tra Paesi (Articolo 6.2), il meccanismo di mercato regolamentato (PACM, ex Articolo 6.4) e la cooperazione non di mercato (Articolo 6.8).
L’Articolo 6.2 istituisce ufficialmente gli Internationally Transferred Mitigation Outcomes (ITMO), ovvero progetti di riduzione o rimozione delle emissioni di gas a effetto serra trasferiti tra paesi come meccanismo di cooperazione. Il paragrafo ha visto un intenso dibattito sulla questione dei registri atti a raccogliere dati chiave sui progetti e sui crediti scambiati. Se l’Unione europea spingeva per la creazione di un registro delle Nazioni Unite, centralizzato e vincolante per garantire trasparenza e prevenire il doppio conteggio dei crediti, altri stati, come gli Stati Uniti chiedevano un approccio decentralizzato. Il compromesso finale prevede un registro delle Nazioni Unite “passivo”, che raccoglierà e renderà accessibili i dati provenienti dai registri nazionali o volontari esistenti. I Paesi in via di sviluppo potranno richiedere supporto alle Nazioni Unite per la registrazione delle loro transazioni, garantendo un accesso più equo al mercato del carbonio.
L’articolo 6.4 invece istituisce il Paris Agreement Crediting Mechanism (PACM) che rappresenta il primo mercato globale di carbonio gestito dalle Nazioni Unite. All’interno di questo meccanismo, sono stati introdotti nuovi metodi per emettere crediti di carbonio, inclusi standard specifici per i progetti di rimozione del carbonio. Le metodologie prevedono riduzioni progressive delle emissioni nel tempo per garantire risultati concreti. Una novità importante è l’obbligo per gli sviluppatori di creare crediti di riserva, da utilizzare solo in caso di problemi tecnici nei progetti.I testi rappresentano un risultato storico dopo nove anni di negoziazioni e contribuiranno a fornire ulteriore certezza ai paesi ospitanti e agli sviluppatori, a migliorare la trasparenza del sistema e a rafforzare l’integrità degli approcci cooperativi.
Le dichiarazioni più importanti
Mukhtar Babayev (presidente di COP29): «È il miglior accordo possibile». Dopo l’applauso che ha salutato l’accordo sull’NCQG, Babayev ha dichiarato: «L’obiettivo sulla finanza per il clima di Baku rappresenta il miglior accordo possibile. In un anno di frammentazione geopolitica, le persone dubitavano che l’Azerbaijan potesse raggiungere l’obiettivo. Dubitavano che tutti potessero essere d’accordo. Si sbagliavano su entrambi i fronti».
Antonio Guterres (segretario generale delle Nazioni Unite): «Speravo in un risultato più ambizioso, ma questo accordo dà una base su cui costruire». Il segretario generale dell’Onu ha commentato con un po’ di amarezza l’intesa raggiunta a Baku: «Un accordo alla COP29 era assolutamente necessario per mantenere il target di 1,5 gradi. E i Paesi lo hanno raggiunto. Speravo in un risultato più ambizioso, sia sul piano finanziario sia su quello della mitigazione, per affrontare la grande sfida che abbiamo di fronte. Ma questo accordo fornisce una base su cui costruire». Ha poi aggiunto: «Si è trattato di un negoziato complesso in un panorama geopolitico incerto e diviso. Mi congratulo con tutti coloro che hanno lavorato duramente. Hanno dimostrato che il multilateralismo, incentrato sull’Accordo di Parigi, può trovare un percorso attraverso le questioni più difficili».
Simon Stiell (segretario esecutivo dell’UNFCCC): «Nessun Paese ha ottenuto tutto ciò che voleva, lasciamo Baku con una montagna di lavoro da fare». Realistiche e non completamente soddisfatte le parole di Stiell: «Non è il momento di dichiarare vittoria. Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi sulla strada per Belém. Abbiamo dimostrato che l’Accordo di Parigi delle Nazioni Unite sta dando risultati, ma i governi devono ancora accelerare. Senza questa cooperazione globale convocata dall’Onu, saremmo diretti verso 5 gradi di riscaldamento globale, ma siamo ancora molto lontani dalla fine del nostro percorso».
Bollettino aggiornato in data 23/11 ore 22.
Verso la fine della COP29: ancora atteso il testo sull’NCQG
A Baku siamo arrivati ai tempi supplementari: sono passate 24 ore da quella che avrebbe dovuto essere la chiusura ufficiale della Conferenza sul clima. Per tutto il giorno i negoziatori hanno continuato le trattative, dopo la pubblicazione ieri della bozza di testo negoziale sul NCQG, che conteneva un aumento dei finanziamenti per il clima ai Paesi in via di sviluppo, dai precedenti 100 miliardi a un obiettivo di almeno 1.300 miliardi di dollari annui entro il 2035, di cui 250 miliardi come nucleo centrale (anche se erano state sollevate già moltissime critiche per la scarsa ambizione e per l’ambiguità nella composizione dei finanziamenti). Sebbene il testo NCQG non specifichi chiaramente la divisione dei contributi tra Stati sviluppati e in via di sviluppo, sottolinea la necessità di includere fonti pubbliche e private, come anche proventi da tassazione internazionale e mercati del carbonio. Le banche multilaterali di sviluppo potrebbero contribuire volontariamente, ma si evidenzia la necessità di riformarle per renderle più efficaci, con particolare attenzione ai Paesi più vulnerabili. Il testo affronta anche il tema della qualità dell’accesso ai fondi, riconoscendo le difficoltà specifiche dei Paesi in via di sviluppo e ribadendo la necessità di riformare l’architettura finanziaria globale.
Nel pomeriggio di oggi, sono iniziate a circolare delle bozze in modo non ufficiale, mostrando l’indirizzo che stanno prendendo le negoziazioni (o quello che le Parti e la Presidenza vogliono mostrare – le bozze negoziali trapelate vanno, per questo, sempre prese con le pinze). La proposta del cuore del NCQG si sta alzando, raggiungendo 300 miliardi di dollari su input soprattutto dell’Unione europea, ma, formalmente, i Paesi in via di sviluppo l’hanno giudicata ancora lontana dai loro bisogni. Le negoziazioni nel tardo pomeriggio si sono scaldate, raggiungendo i più alti momenti di tensione quando i negoziatori dei SIDS (i piccoli stati insulari in via di sviluppo) e degli LDC (i Paesi meno sviluppati) hanno abbandonato per alcune ore il tavolo per protesta. Sempre nel pomeriggio sono trapelate anche alcune indiscrezioni dalla stampa, secondo cui un delegato dell’Arabia Saudita sarebbe stato accusato di aver provato ad apportare delle modifiche in modo fraudolento a un testo negoziale.
Che prospettiva per l’NCQG?
Dalle indiscrezioni che stanno circolando, l’opzione più plausibile è che si tenga il testo come circolato oggi, con l’obiettivo di 300 miliardi di dollari, ma inserendo un nuovo paragrafo, che lancia, sotto la guida delle presidenze della sesta e settima sessione del CMA, COP29 e COP30, una roadmap per aumentare la cooperazione internazionale e la finanza climatica per i paesi in via di sviluppo per sbloccare ulteriori risorse. I negoziati, però, sono ancora in ballo.
Nel caso in cui non si trovi un accordo, le discussioni potrebbero venire sospese e rinviate a giugno, con l’obiettivo di riprendere i negoziati a Bonn (dove si tengono, ogni anno, le sedute dei Subsidiary Bodies della COP). Infatti, se procedessero troppo a lungo, le negoziazioni potrebbero essere rimandate per questioni di quorum. Con i lavori che si sono prolungati oltre il termine ufficiale e con molte parti che a breve dovranno iniziare a lasciare Baku per ritornare nei propri paesi, si pone il rischio che, sebbene ci sia la volontà di continuare la discussione al fine di ottenere un risultato, non ci sia la possibilità concreta di farlo: le parti restanti potrebbero essere troppo poche per raggiungere il quorum richiesto.
Nell’ambito del regolamento interno dell’UNFCCC, infatti, la Regola 31 stabilisce che per poter prendere delle decisioni è necessario avere la presenza di due terzi delle Parti, e dunque 130 paesi su 195 per l’Accordo di Parigi e 132 su 198 per l’UNFCCC. Qualora il quorum non venga raggiunto, sarà necessario sospendere i lavori in attesa di una “COP-bis”. Nella storia delle COP questa situazione ha almeno altri due precedenti: il primo alla COP6 tenuta nei Paesi Bassi (l’Aia) nel 2000 che si è conclusa l’estate successiva a Bonn e il secondo, molto più recente, alla COP16 sulla biodiversità tenuta in Colombia (Cali) solo qualche settimana fa, che continuerà il prossimo anno in una riunione provvisoria a Bangkok.
Le dichiarazioni più importanti
Evans Davie Njewa (negoziatore del Malawi – Gruppo africano): «Il testo non contiene nulla di buono per noi, le nostre posizioni non sono state considerate». Nel pomeriggio i negoziatori dei piccoli Stati insulari e di alcuni Paesi in via di sviluppo hanno deciso di abbandonare per protesta la riunione presieduta dal presidente della COP29, durante la quale veniva presentata una nuova bozza della dichiarazione finale sull’NCQG. Il negoziatore del Malawi ha sintetizzato le posizioni di questi Paesi con una dichiarazione: «Questo testo non contiene nulla di buono per noi», ha affermato, «lasciamo la riunione finché i nostri punti di vista non saranno presi in considerazione, altrimenti qui non ci sarà alcuna decisione». Gli ha fatto eco Cedric Schuster, presidente samoano dell’Alleanza dei piccoli Stati insulari: «Siamo venuti a questa COP per un accordo equo. Sentiamo di non essere stati ascoltati», ha affermato.
Annalena Baerbock (ministra degli Esteri tedesca): «Il denaro da solo non salverà il mondo». Sottolineando la rilevanza degli obiettivi di COP29 sul piano delle politiche di mitigazione, considerati non meno importanti di quelli relativi alla finanza per il clima, la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha affermato: «Il denaro da solo non salverà il mondo. Come delegazione europea non accetteremo l’abbandono del percorso della COP28 di Dubai che dovrebbe portare alla giustizia climatica. Sì, noi europei abbiamo una responsabilità speciale, una responsabilità storica, che non sempre ci siamo assunti nel corso dell’ultimo secolo». L’esponente del governo tedesco ha poi affermato, alludendo all’Arabia Saudita e ai Paesi del Golfo, contrari all’inserimento nei testi negoziali di alcuni esplicito riferimento all’abbandono graduale delle fonti fossili: «Non permetteremo che i Paesi più vulnerabili, soprattutto i piccoli Stati insulari, vengano truffati dai pochi nuovi ricchi produttori di combustibili fossili, che purtroppo in questa fase hanno il sostegno della Presidenza azera».
Wopke Hoekstra (il Commissario dell’Unione europea per l’azione per il clima): «Il successo della Cop29 rimane incerto». Nel pomeriggio Hoekstra ha fatto sapere di temere ormai un fallimento della Conferenza, vista la situazione di stallo delle trattative: «Il successo della COP29 rimane incerto. Stiamo facendo tutto il possibile per costruire ponti su tutti gli assi e rendere tutto questa conferenza un successo. Ma ci riusciremo? Non è sicuro».
Marina Silva (Ministra brasiliana dell’Ambiente e dei Cambiamenti climatici): «Fondamentale un accordo tra Nord e Sud del mondo prima di COP30». L’esponente del governo brasiliano è intervenuta nella plenaria, sottolineando l’importanza di un accordo oggi anche in vista della COP30, che si terrà a Belèm, in Brasile: «È necessario trovare le risorse finanziarie per rispettare il target di 1,5 gradi. Alla COP30 il nostro obiettivo sarà quello di fare ciò che è necessario per mantenere questo target a portata di mano, COP30 sarà la COP delle COP». Ha poi aggiunto che la conferenza di Baku deve arrivare a un «risultato minimamente accettabile, è fondamentale che prima di COP30 si arrivi a un accordo tra il Nord e il Sud del mondo».