Si conclude oggi il nono giorno di negoziati a Baku, segnato dal comunicato uscito dal G20 di Rio de Janeiro. La dichiarazione approvata dai 21 leader globali (gli storici 20 più l’Unione africana, appena entrata nel gruppo), pur ribadendo l’urgenza di un’azione collettiva per il clima e di una forte ambizione per impegni finanziari più solidi, sembra non aver impresso la svolta – sperata – ai negoziati di Baku: restano ancora lontane le posizioni dei Paesi in via di sviluppo e delle economie avanzate non solo sul nuovo obiettivo di finanza climatica ma anche sulle politiche di mitigazione. Focus tematici della giornata sono stati cibo, acqua e agricoltura, tre elementi su cui il cambiamento climatico ha effetti molto rilevanti. Secondo il World Economic Forum, infatti, negli ultimi trent’anni sarebbero andati perduti raccolti e bestiame per un valore di 3,8 trilioni di dollari a causa di eventi climatici estremi (circa 123 miliardi di dollari ogni anno). Queste perdite, che hanno colpito in particolare i Paesi a basso e medio reddito, rientrano in quelli che sono stati definiti nell’ambito dell’UNFCCC ‘perdite e danni’, ovvero gli impatti economici (e non) che i cambiamenti climatici hanno su persone e cose (il Fondo Loss & Damage, approvato alla COP27, è pensato per coprire i costi che rientrano in questa categoria).
I fatti salienti
G20, cosa contiene e cosa manca nel Comunicato di Rio de Janeiro
Durante la notte i leader del G20 hanno firmato il Comunicato di Rio de Janeiro che contiene un intero paragrafo dedicato allo sviluppo sostenibile, alla «necessità di catalizzare e incrementare gli investimenti da tutte le fonti (pubbliche e private), e i canali per colmare il divario di finanziamento delle transizioni energetiche a livello globale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo» e di «aumentare rapidamente i finanziamenti per il clima da miliardi a migliaia di miliardi». Manca però l’indicazione di una cifra precisa, uno dei grandi elementi di discussione a Baku. È stata invece rimossa la formula – inserita in una prima bozza della dichiarazione – che prevedeva contributi volontari degli Stati in via di sviluppo al finanziamento della lotta al cambiamento climatico, senza alcuna obbligatorietà. Nel testo non resta alcun riferimento alla possibilità di allargare la base dei Paesi donatori: un elemento che avrebbe potuto agevolare i negoziati della COP29. I leader ribadiscono poi il loro impegno al multilateralismo, con il rifiuto di misure protezionistiche unilaterali sull’azione climatica: il riferimento non troppo velato è al CBAM approvato dall’Unione europea, il meccanismo che impone delle tariffe aggiuntive alle aziende che importano in Europa, in base a quanta CO2 è stata emessa nel produrre i beni sottoposti al meccanismo. Il Comunicato inoltre sottoscrive e chiede l’implementazione del Global Stocktake (GST), approvato nella scorsa COP28 di Dubai, ma senza citare esplicitamente il «graduale abbandono delle fonti fossili» contenuto nel paragrafo 28 del GST. Viene invece menzionata «l’attuazione degli sforzi per triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare il tasso medio annuo di miglioramento dell’efficienza energetica a livello globale», sempre presente nel GST.
Cibo e agricoltura, le iniziative della Presidenza di COP29
La Presidenza azera della Conferenza, in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), ha lanciato la Baku Harmoniya Climate Initiative for Farmers. Il progetto ha tre obiettivi principali: semplificare le iniziative agricole tramite una piattaforma che favorisca la collaborazione tra agricoltori e decisori politici; rendere gli investimenti in agricoltura più attrattivi, coinvolgendo banche di sviluppo e istituti privati per sbloccare finanziamenti sostenibili; e rafforzare il ruolo degli agricoltori, con particolare attenzione a donne e giovani.
Le emissioni cumulative di CO2 della Cina hanno superato quelle dell’Unione europea
Dal 1850 al 2023, le emissioni cumulative cinesi hanno raggiunto 312 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (GtCO2), superando i 303 GtCO2 dell’UE. Tuttavia, la Cina rimane ancora distante dai 532 GtCO2 emessi dagli Stati Uniti nello stesso periodo e, in base agli scenari fondati sulle politiche attuali, è improbabile che il contributo storico della Cina superi quello degli Stati Uniti. Questi dati indeboliscono la posizione che spesso i negoziatori cinesi difendono nei contesti internazionali: appellandosi al principio della responsabilità storica, infatti, da decenni nel contesto delle COP i Paesi in via di sviluppo richiedono che siano quelli industrializzati ad avere l’onere dell’azione climatica, e in particolare della mobilitazione di finanziamenti per mitigazione e adattamento.
Il metodo di calcolo delle emissioni è un elemento chiave nei dibattiti internazionali – seppur non formalmente presente all’interno delle COP – poiché influisce sulla definizione delle responsabilità e delle narrative globali su chi porta l’onere dell’azione climatica. Diverse misure – come le emissioni annuali per Paese, le emissioni pro capite, i contributi storici e gli indicatori che includono le emissioni incorporate nel commercio – producono dati e quindi interpretazioni differenti. Ad esempio, le emissioni annuali per Paese tendono ad attribuire responsabilità alle economie emergenti con grandi popolazioni, mentre le emissioni pro-capite evidenziano l’impatto individuale, spesso più alto nei Paesi ricchi. I contributi storici mettono sotto accusa le nazioni industrializzate, mentre l’analisi delle emissioni legate al commercio sottolinea la responsabilità dei Paesi consumatori, che trasferiscono indirettamente il loro impatto ai produttori.
Se questo dato mette in dubbio la legittimità della rivendicazione della Cina di non entrare a far parte del gruppo dei Paesi industrializzati – e quindi a non dover essere formalmente inclusa nella base dei donatori – i dati sulla finanza climatica mettono in realtà in luce come Pechino rientri già, de facto, tra i Paesi contribuenti. Dall’avvio della Belt and Road Initiative (BRI) – l’ambiziosa strategia di sviluppo infrastrutturale globale adottata dal governo cinese nel 2013 per investire in oltre 150 Paesi – la Cina ha mobilitato finanziamenti significativi anche per l’azione climatica. Tra il 2013 e il 2022, si stima che abbia fornito una media annuale di circa 4,5 miliardi di dollari ai Paesi in via di sviluppo, per un totale di oltre 45 miliardi di dollari, equivalente al 6,1% del totale mobilitato dai Paesi industrializzati nello stesso periodo (che comprende finanza bilaterale, multilaterale, crediti all’esportazione e finanza privata mobilitata, con un aumento significativo negli ultimi anni della finanza mobilitata attraverso istituzioni multilaterali, che suggerisce un impegno crescente verso una finanza climatica più diversificata e globale).

Regno Unito, Nuova Zelanda e Colombia entrano nella Coalizione per l’eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili
Il Regno Unito, la Nuova Zelanda e la Colombia si sono uniti alla Coalizione internazionale per la graduale eliminazione degli incentivi ai combustibili fossili (COFFIS), guidata dai Paesi Bassi. Con questi nuovi ingressi, la coalizione conta ora 16 membri, tutti impegnati a presentare, durante la COP30 di Belèm, un piano nazionale per porre fine a tali incentivi.
Nonostante gli impegni presi a livello globale, come quello del G20 nel 2009 e quello delle parti dell’UNFCCC alla COP26 di Glasgow nel 2021, i progressi in questo ambito sono stati lenti. Nel 2022, i sussidi ai combustibili fossili hanno raggiunto un record storico di 1500 miliardi di dollari nel mondo. Il programma COFFIS mira ad accelerare questo processo, promuovendo la cooperazione internazionale.
Riduzione del metano dai rifiuti organici, firmata una dichiarazione di intenti
Oltre 30 Paesi hanno annunciato oggi un impegno concreto per ridurre le emissioni di metano generate dai rifiuti organici, tra cui gli alimenti. Il metano, secondo gas serra più impattante dopo l’anidride carbonica, gioca un ruolo significativo nella crisi climatica: nel 2023, il metano prodotto dagli sprechi alimentari nelle discariche incide per circa il 3% sulle emissioni totali globali. In generale, i dati evidenziano una crescita preoccupante delle emissioni di metano di origine antropica: dalle 6,1 milioni di tonnellate metriche (MMt) all’anno registrate negli anni 2000, si è passati a 20,9 MMt nel 2010 e a 41,8 MMt nel 2020, segnando un incremento doppio rispetto al decennio precedente.
La Dichiarazione sulla riduzione del metano dai rifiuti organici integra e rafforza precedenti iniziative adottate durante le COP, tra cui l’iniziativa Lowering Organic Waste Methane (LOW-Methane), volta a ridurre di 1 milione di tonnellate metriche le emissioni annuali del settore dei rifiuti, e il più ampio Global Methane Pledge, adottato durante la COP26, che mira a ridurre le emissioni globali di metano del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020. In questo contesto, un gruppo di Paesi dell’America Latina e dei Caraibi – Brasile, Messico, Costa Rica, Colombia, Guatemala, Panama e Perù – si è impegnato a includere nei rispettivi Contributi Determinati a Livello Nazionale (NDC) un obiettivo specifico per la riduzione delle emissioni di metano legate ai rifiuti organici.
Le dichiarazioni più importanti
Simon Stiell (segretario esecutivo dell’UNFCCC): «Dai leader del G20 un chiaro messaggio: non lasciate Baku senza un nuovo obiettivo sulla finanza climatica». Stiell ha commentato con favore il Comunicato firmato a Rio de Janeiro: «I leader del G20 hanno inviato un chiaro messaggio ai loro negoziatori alla COP29: non lasciate Baku senza un nuovo obiettivo sulla finanza climatica di successo. È nel chiaro interesse di tutti i Paesi». Il segretario esecutivo dell’UNFCCC ha poi evidenziato l’importanza della collaborazione: «I leader hanno ribadito che la cooperazione globale è assolutamente essenziale e la COP29 deve dimostrare come si fa, con un nuovo ambizioso obiettivo sulla finanza per il clima. Sono inoltre essenziali nuovi piani climatici nazionali più incisivi per passare molto più rapidamente a un’economia globale a energia pulita e resiliente al clima».
Gilberto Pichetto Fratin (ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica): «A Baku la situazione è ancora difficile, in questo momento evitiamo di parlare di cifre». Il commento di Pichetto Fratin su quanto emerso dal summit di Rio de Janeiro sottolinea che «non è arrivato nessun input politico preciso dal G20 nell’aumentare i fondi per i Paesi vulnerabili». Dopo la riunione plenaria dell’Unione europea, il ministro italiano ha fatto sapere: «Ci sono ancora tutta una serie di valutazioni da portare avanti sia sul quadro della finanza, che vede ancora una situazione abbastanza difficile, sia a seguito delle posizioni assunte da importanti Stati, come la Cina, o altri Paesi in via di sviluppo rispetto ai sistemi di misurazione; la trattativa sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi sembrava a buon punto ma dobbiamo andare con molta cautela perché questa notte c’è stata qualche difficoltà». A proposito del quantum da definire nell’ambito del New Collective Quantified Goal ha aggiunto: «In questo momento evitiamo di parlare di cifre, l’impegno assunto è di non parlare di numeri».
Yalchin Rafiyev (capo negoziatore di COP29): «Grati del sostegno del G20, dobbiamo trasformare il lavoro politico in lavoro pratico». Rafiyev ha ribadito l’invito a trovare un’intesa: «Siamo grati del sostegno che era stato sollecitato dalla presidenza della Cop29. Apprezziamo i segnali che sono stati mandati della loro intenzione di accelerare le riforme della architettura finanziaria internazionale. Siamo sicuri del loro sostegno per un successo dell’obiettivo di finanza climatica qui a Baku. Dobbiamo ora trasformare il lavoro politico in lavoro pratico».