È appena terminato a Baku il quinto giorno di lavori della COP29. La giornata di oggi ha avuto come focus tematici l’energia, la pace, i ristori e la ripresa. Le discussioni si sono concentrate da un lato sullo sviluppo di fonti rinnovabili e a basse emissioni di carbonio e il graduale abbandono dei combustibili fossili, dall’altro sull’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza e sulla pace, con i rischi di guerre e migrazioni legate alla siccità, alla distruzione delle colture, alle inondazioni.
I fatti salienti
È uscita in serata una nuova bozza negoziale dell’NCQG
Il nuovo testo è ridotto a 25 pagine (dalle precedenti 33), le opzioni negoziali si sono dimezzate, passando a 44, e le parentesi, da 187, sono arrivate a 23, indicando un minor numero di aree di disaccordo. Il problema, però, è che l’accordo è stato trovato su quelli che sono stati definiti “hanging fruits”, ovvero gli elementi meno divisivi dell’NCQG e più tecnici. I temi principali di contenzioso (la struttura, il quantum, la base dei donatori, e le altre questioni discusse negli scorsi bollettini) sono ancora da sciogliere. Questo non sorprende: prima della prossima settimana, quando arriveranno i rappresentanti politici degli stati per il segmento di alto livello, non ci si aspetta un testo negoziale risolutivo sui temi fondamentali.
I fondi per l’adattamento sono ancora insufficienti
Questa settimana l’Adaptation Fund ha ricevuto promesse da dieci Paesi, con la Spagna, colpita dalle recenti inondazioni, che ha offerto di più (19 milioni di dollari). Il Regno Unito e l’Unione europea non hanno finora dichiarato impegni in merito, mentre la Germania si prepara ad annunciare il suo contributo la prossima settimana e l’Italia ha già dichiarato l’impegno del governo a rinnovare annualmente il contributo per il Fondo, provvedendo alle coperture finanziarie attraverso i proventi delle aste ETS (Emission Trading System, il sistema di scambio delle emissioni europeo). I fondi promessi, tuttavia, risultano ancora fuori misura rispetto alle necessità.
È uscita nella notte una nuova bozza per i Piani di Adattamento Nazionale (NAP). Tra i punti chiave, emerge il riconoscimento del divario significativo nel finanziamento dell’adattamento e dell’urgenza di un sostegno non solo finanziario ma anche tecnico più consistente da parte dei Paesi industrializzati.
L’Adaptation Gap Report del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), rivela che i flussi totali di finanza pubblica per l’adattamento hanno raggiunto solo 28 miliardi di dollari nel 2022, a fronte di una necessità stimata di 215 miliardi di dollari all’anno per consentire ai Paesi in via di sviluppo di attuare pienamente i propri piani. Molti di questi Paesi si trovano ancora nelle fasi iniziali dell’implementazione dei NAP, ostacolati da finanziamenti inadeguati, trasferimenti tecnologici limitati e scarso rafforzamento delle capacità. Queste difficoltà sono ulteriormente aggravate dalla mancanza di accesso a risorse prevedibili e sufficienti.
Alcuni leader iniziano a discutere dell’adeguatezza del processo delle COP
Una lettera aperta firmata da oltre 20 esperti, ex leader e scienziati, tra cui l’ex Segretario Esecutivo dell’UNFCCC Christiana Figueres e l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ha sottolineato la necessità di una riforma radicale del processo della COP.
Pur riconoscendo i successi passati, i firmatari hanno dichiarato che il quadro politico globale di riferimento creato negli scorsi decenni – seppur scientificamente rigoroso ed economicamente solido – non è più in grado di garantire i cambiamenti rapidi ed estesi necessari per affrontare la crisi climatica. “È questo che ci spinge a chiedere una revisione radicale della COP”, si legge nella lettera che, per un passaggio dai negoziati all’attuazione concreta, propone un cambiamento del processo di selezione delle presidenze delle COP (che escluda i Paesi non impegnati nella transizione), una trasformazione delle COP in incontri più piccoli e frequenti, un miglioramento del monitoraggio dell’attuazione degli impegni e della tracciabilità della finanza climatica e un riconoscimento delle interdipendenze tra povertà, disuguaglianza e instabilità planetaria.
La lettera si unisce alle obiezioni già sollevate da diversi leader durante il Summit, tra cui Mia Mottley, Prima ministra delle Barbados, che ha affermato durante il Summit di alto livello di martedì 12 e mercoledì 13 che “C’è un’urgente necessità di riformare questo processo della COP”.
Dopo alcune critiche emerse contro questa lettera, però, in particolare per l’assenza di una vera proposta alternativa, Figueres ha chiarito, parzialmente ritrattando, la sua posizione, definendo comunque le COP come “un veicolo essenziale e insostituibile per sostenere il cambiamento multilaterale, multisettoriale e sistemico di cui abbiamo urgentemente bisogno. Ora più che mai”.
Nasce il Baku Climate and Peace Action Hub
In occasione della giornata dedicata alla pace, la presidenza azera ha annunciato, con il sostegno di una coalizione che unisce paesi del Nord e del Sud globale – tra cui Egitto, Italia, Germania, Uganda, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito –, la creazione del Baku Action Hub per il clima e la pace, una piattaforma di cooperazione che raccoglie e coordina i progetti degli Stati e degli organismi internazionali per aumentare i finanziamenti destinati ai Paesi più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, colpiti da conflitti e crisi umanitarie, e per sostenere le iniziative di pace, riconoscendo che fenomeni come scarsità idrica, insicurezza alimentare, degrado del suolo e migrazioni climatiche aggravano situazioni di vulnerabilità e esasperano instabilità e conflitti.
Le iniziative della Presidenza della COP29 su energia verde, sistemi di accumulo e idrogeno
Nel corso della conferenza stampa di oggi pomeriggio, Parviz Shahbazov, Ministro dell’Energia dell’Azerbaijan, ha annunciato tre importanti impegni della Presidenza in ambito energetico:
- Green Energy Pledge: l’impegno prevede che i firmatari si dedichino alla creazione di zone e corridoi energetici verdi, con l’obiettivo non solo di sostenere iniziative di promozione del settore energetico ma anche di promuovere investimenti, favorire la crescita economica, incentivare la cooperazione regionale, modernizzare e ampliare le infrastrutture. In questo ambito, l’Azerbaijan ha recentemente annunciato il progetto Green Energy Corridor tra il Caspio, il Mar Nero e il continente europeo, un’iniziativa storica volta a facilitare il flusso di energia rinnovabile dall’Asia centrale all’Europa, stabilendo interconnessioni energetiche strategiche tra Azerbaigian, Georgia, Romania e Ungheria attraverso il Mar Nero. L’iniziativa, a cui hanno contributo diverse realtà italiane, tra cui CESI e Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), mira a consentire l’esportazione di energia verde verso l’Unione Europea sotto forma di elettricità o idrogeno verde.
- Global Energy Storage and Grids Pledge: l’impegno ha l’obiettivo di aumentare la capacità di stoccaggio dell’energia a livello mondiale di sei volte rispetto ai livelli del 2022, raggiungendo 1.500 GW entro il 2030. Per migliorare le reti energetiche, i firmatari si impegnano anche a potenziare la capacità delle infrastrutture, con l’obiettivo di aggiungere 25 milioni di chilometri di rete entro il 2030. Questo sforzo si inserisce nel contesto delle previsioni dell’International Energy Agency, che sottolinea la necessità di costruire (o ristrutturare) ulteriori 65 milioni di chilometri di rete entro il 2040, per poter raggiungere il traguardo delle emissioni nette zero previsto per il 2050.
- Hydrogen Declaration: la dichiarazione finale definisce principi guida e priorità strategiche per favorire la creazione di un mercato globale per l’idrogeno pulito e i suoi derivati, superando le barriere normative, tecnologiche e finanziarie.
Le dichiarazioni più importanti
La lettera di Ban-Ki Moon (e altri): «Le COP non sono più adatte al loro scopo». In una lettera indirizzata all’Onu, pubblicata sulla prima pagina del giornale britannico The Guardian, un gruppo di firmatari illustri – tra cui l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon, l’ex capo delle Nazioni Unite per il clima Christiana Figueres e l’ex presidente irlandese Mary Robinson – affermano che i Paesi che non sostengono l’eliminazione graduale dei combustibili fossili non dovrebbero ospitare le Conferenze sul clima delle Nazioni Unite. Inoltre, gli autori criticano il processo decisionale utilizzato nelle COP, affermando: «La loro struttura attuale non è in grado di mettere in moto un cambiamento a velocità e scala esponenziali, ciò invece è essenziale per garantire la sicurezza climatica dell’umanità».
Francesco Corvaro (Inviato Speciale Italiano per il Clima): «richiesta un’azione decisa e un forte impegno per affrontare la doppia crisi del cambiamento climatico, della pace e della sicurezza». In occasione della presentazione del Baku Hub per la pace e l’azione climatica Corvaro ha parlato degli obiettivi del Piano Mattei, dedicato all’energia, all’educazione e alla salute: «Ci riuniamo in un momento cruciale della nostra storia comune, un momento che richiede un’azione decisa e un forte impegno per affrontare la doppia crisi del cambiamento climatico, della pace e della sicurezza […]. Mentre assistiamo all’aumento delle temperature e al cambiamento dei modelli meteorologici, dobbiamo ricordare che dietro ogni statistica ci sono vite reali, lotte reali e speranze reali per un futuro migliore.»
Al Gore (ex vicepresidente Usa): «Il mondo taglierà le emissioni anche con Trump». Al Gore ha commentato le possibili conseguenze della rielezione di Donald Trump sull’azione climatica: «Ci siamo già passati. Trump ci ha già provato, e il mondo ha continuato a ridurre le emissioni anche durante i suoi primi quattro anni da presidente. C’è così tanta spinta, che perfino una nuova amministrazione Trump non riuscirà a rallentarla più di tanto», ha dichiarato, a margine della presentazione degli ultimi dati del Climate Trace. «Molte persone nel mondo semplicemente non aspettano con il fiato sospeso che cosa faranno gli Stati Uniti, ma agiscono per proprio conto. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi non sarà una cosa buona, ma penso che continueremo comunque a progredire».
Antonio Guterres (Onu) parla ai giovani: «Avete tutto il diritto di essere arrabbiati». Il segretario delle Nazioni Unite ha espresso solidarietà a una delegazione di giovani impegnati nella lotta al cambiamento climatico, mostrando empatia nei confronti della loro frustrazione causata dalla mancanza di azioni incisive da parte della politica. «Avete tutto il diritto di essere arrabbiati. Anch’io sono arrabbiato», ha affermato Guterres.