Storia del mondo in 10 tempeste. Nebbia, uragani e grandi battaglie 

Autore

Veronica Ronchi

Data

17 Ottobre 2025

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TEMPO DI LETTURA

5' di lettura

DATA

17 Ottobre 2025

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Ci sono libri che si leggono, e libri che si attraversano come paesaggi in burrasca. Storia del mondo in 10 tempeste (Il Saggiatore, 2025, €24,00) appartiene a questa seconda categoria: un viaggio tra scienza e poesia, tra meteorologia e filosofia del disastro. Vincenzo Levizzani, meteorologo e climatologo del CNR, costruisce un racconto, non solo una rassegna di fenomeni atmosferici, ma una vera e propria biografia del Pianeta, scritta nel linguaggio delle nubi, dei venti e delle piogge.

Ogni tempesta racconta un frammento di ciò che siamo, e di ciò che abbiamo dimenticato di essere.

Fin dall’incipit, Levizzani invita il lettore a guardare il cielo non come uno sfondo, ma come un protagonista della storia umana. Dalla nebbia di Londra, che avvolge l’Ottocento industriale come un sipario denso di carbone, agli uragani tropicali che devastano i Caraibi, il libro intreccia scienza e letteratura con un equilibrio raro. L’autore passa con naturalezza da Leonardo da Vinci a Darwin, da Shakespeare a Rachel Carson, mostrando come la percezione del clima abbia modellato il pensiero e la cultura occidentale.

Ogni tempesta diventa un racconto autonomo, un microcosmo dove la fisica incontra l’emozione. L’autore spiega, con limpidezza e rigore, i meccanismi che generano i cicloni, la formazione delle nubi, o la potenza del vento.

Dietro ogni nube c’è una storia di calore, di mare e di vento. Capirla significa leggere il respiro del pianeta.

Questa capacità di tradurre la complessità scientifica in racconto è forse la cifra più affascinante del libro. Ogni capitolo è un piccolo saggio di divulgazione poetica, una finestra aperta su come la Terra parla attraverso le sue intemperie.

Uno dei fili conduttori più potenti è l’idea che il clima abbia una memoria, una ‘biografia’ incisa nei suoi eventi estremi. Levizzani rilegge le grandi tempeste della storia — dall’uragano che cambiò la rotta della flotta spagnola nel 1588 alla nube di Chernobyl nel 1986 — come momenti di svolta nella storia dell’umanità.

La tempesta è un archivio: in essa si conservano le scelte dell’uomo, i suoi errori, le sue illusioni di dominio.

Il lettore è trascinato in un viaggio dove la meteorologia diventa un modo di interrogare la storia. Ogni evento atmosferico, suggerisce Levizzani, è un messaggio del Pianeta, e ogni messaggio ha un destinatario: noi. 

Le tempeste sono personaggi, le nubi hanno voci, il vento diventa un narratore invisibile. Lo stile di Levizzani ricorda in certi momenti Italo Calvino — nel modo in cui la precisione si fa leggerezza — e in altri Primo Levi, quando la scienza diventa etica del linguaggio.

Guardare una tempesta è come guardare un pensiero che si addensa.

In fondo, Storia del mondo in 10 tempeste non parla solo del tempo meteorologico, ma del tempo interiore. Ogni fenomeno naturale diventa un’allegoria della condizione umana: la nebbia è la nostra incertezza, il vento la nostra inquietudine, la pioggia la nostra memoria. Levizzani mostra come il cielo non sia mai stato ‘fuori’ da noi, ma dentro di noi, parte della nostra storia biologica e spirituale.

Non possiamo più dire: il clima è impazzito. È l’uomo che ha perso l’equilibrio.

Questa frase, che chiude uno dei capitoli centrali, riassume l’intento etico del libro: riscoprire la connessione con la Terra, non come spettatori o vittime, ma come parte attiva di un equilibrio fragile.

In un’epoca di allarmi climatici e informazioni frammentarie, Levizzani sceglie la via più difficile: raccontare il clima come un’epopea. 

Storia del mondo in 10 tempeste è un libro che riconcilia il lettore con la complessità del mondo. Dopo averlo chiuso, si guarda il cielo con occhi diversi – con la consapevolezza che ogni nube, ogni goccia di pioggia, è un frammento della nostra stessa storia.

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