Agenda 2030: storia e tappe del programma ONU per lo sviluppo sostenibile

Lo sviluppo sostenibile, se citato solo in merito alle questioni ambientali, diviene ancor più vago quando non si considera l’Agenda 2030.

Autore

Vito Azzara

Data

26 Maggio 2023

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26 Maggio 2023

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Premessa


Lo sviluppo sostenibile è un argomento complesso che viene spesso citato esclusivamente in merito alle tematiche ambientali; narrazione che diventa ancor meno esaustiva quando non viene considerata l’Agenda 2030, ossia l’attuale strategia adottata dalla comunità internazionale per contrastare l’insostenibile modello di sviluppo globale. 

Partiamo con ordine: in che contesto ci troviamo e quali sono le tappe percorse dalla nostra società prima di definire l’Agenda 2030?

Lo sviluppo sostenibile è sostanzialmente concepito come un approccio moderno, nonostante la fotografia della situazione attuale, la nostra specie ha sempre adottato criteri razionali nei riguardi della salvaguardia delle nostre risorse in tempi di necessità, criteri che tuttavia non hanno quasi mai tenuto conto della salute del nostro pianeta. Siamo l’unica specie in grado di comprendere il concetto temporale del passato e del futuro ma, nonostante questa conquista evoluzionistica, ci ritroviamo molto spesso vittime dei nostri peggiori istinti e della nostra avidità. 

Solo verso la fine di quello che Hobsbawm definisce il ‘Secolo Breve’1 e al termine della Seconda Guerra Mondiale inizia a intravedersi un nuovo modo di intendere la nostra forza collaborativa; nascono le Nazioni Unite e con esse una nuova consapevolezza che accresce la sensibilità nei riguardi della conoscenza dei nostri modelli economici di sfruttamento, sociale e ambientale.


Percorso storico

Tanti sono stati gli illustri economisti, storici, sociologi e scienziati che hanno fornito gli spunti teorici e pratici necessari per conoscere le componenti dello sviluppo sostenibile ma, per dovere di sintesi, faremo un salto alla fine degli anni ‘60, periodo in cui inizia ufficialmente il percorso a tappe2 verso il concetto di sviluppo sostenibile per come lo conosciamo oggi. Nel 1969 vengono poste le basi, costruite dai primi movimenti ecologisti dell’era moderna, per l’istituzione delle Giornata della Terra. La prima verrà celebrata il 21 marzo 1970, e avrà come principio cardine la tutela e la conservazione del nostro pianeta in un’ottica di pace globale. Nel 1972 viene pubblicato il celebre Rapporto sui limiti dello sviluppo: redatto dal MIT di Boston, su proposta del Club di Roma, lo studio delinea scenari possibili per il futuro e sulla base di essi denuncia l’urgente necessità di rivedere il paradigma di sviluppo adottato dal genere umano. Sempre nello stesso anno si terrà la Conferenza di Stoccolma, prima conferenza della Nazione Unite dove ambiente e sviluppo vengono discussi insieme e fondato l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente). Le tematiche affrontate, agli albori degli anni ’70, porteranno all’istituzione della Commissione Brundtland, da cui nascerà il Rapporto Brundtland – meglio noto come Our common future. Per sintetizzarne il contenuto può essere sufficiente estrapolarne la definizione, globalmente condivisa, di sviluppo sostenibile: ‘uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri’3.

Nel 1988 nasce il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) e nel 1990 viene riconosciuta l’urgenza di adottare un approccio concreto e applicabile su scala globale; difatti, nel 1992, si terrà una delle conferenza di rilevanza storica delle Nazioni Unite, Rio 92 o Summit della terra – i cui principali output sono stati: Agenda 21, Convenzione quadro delle Nazione Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e successive COP, Principi sulle foreste e la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo.

Nel 1995 viene istituito il Consiglio Mondiale delle Imprese per lo Sviluppo Sostenibile (WBCSD); nel 1997 viene firmato il Protocollo di Kyoto; il 2000 ha visto nascere l’Agenda del Millennio con all’interno gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (MDGs)4; nel 2012 arriva Rio+205 che sancisce, a vent’anni dal Summit della Terra, la costruzione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), la struttura portante dell’Agenda 2030, destinazione finale della storia contemporanea dello sviluppo sostenibile. Arriviamo al 2015: Papa Francesco scrive l’enciclica Laudato si’, si raggiunge lo storico Accordo di Parigi e viene approvata ufficialmente L’Agenda 2030. 

Ci sono stati molti altri eventi importati, ma credo sia esaustivo aver evidenziato le suddette tappe per intuire la quantità di approcci teorici ed esperienza condensati all’interno dell’Agenda 2030, la quale invece cerca di integrare e sopperire a tutto ciò che nel corso di oltre 50 anni non ha funzionato nella cooperazione allo sviluppo.


Agenda 2030

Il 25 settembre 2015, dopo una lunga fase di consultazioni, i 193 Paesi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sottoscrissero un documento denominato Agenda 2030 – Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) 6; possiamo definire tale Agenda come un programma d’azione composto da 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, 169 target, e oltre 240 indicatori. Tale elenco, in costante evoluzione e mutamento, rappresenta la guida che auspicabilmente condurrà il pianeta verso un futuro più sostenibile. 

Questa Agenda si colloca come erede di quella che è stata un’iniziativa simile, ossia gli Obiettivi di sviluppo del millennio (Millennium Development GoalsMDGs), composta da un corpus di indicatori minore, e otto obiettivi che tentavano di rappresentare questioni importanti per lo sviluppo, come povertà, fame, equità di genere, lotta ai cambiamenti climatici, etc. Entrambe le agende, seppur con significative differenze, vengono create per progettare un’alternativa all’attuale modello di sviluppo mondiale che sta ineluttabilmente conducendo il pianeta verso crisi sempre più drammatiche e complesse. 

Alla luce dei successi e insuccessi raccolti dalle precedenti esperienze gli stati, la società civile e gli enti non governativi decisero di affrontare il tema della sostenibilità integrando definitivamente la sua natura multifattoriale, composta da aspetti non soltanto ambientali ma anche economici e sociali.

L’Agenda 2030 è entrata in vigore il 1° gennaio 2016, e rappresenta un evento storico perché propone un nuovo concetto di sviluppo sostenibile integrato, declinato tramite la strategia delle 5 P:

Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership.

I 17 obiettivi dell’Agenda, da raggiungere entro il 2030, sono i seguenti:

  1. Porre fine a ogni sorta di povertà nel mondo. 
  2. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile.
  3. Assicurare la salute e il benessere per tutti e a tutte le età.
  4. Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.
  5. Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze.
  6. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie.
  7. Assicurare a tutti l’accesso ai sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni.
  8. Incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti.
  9. Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione e un’industrializzazione equa, responsabile e sostenibile.
  10. Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni.
  11. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.
  12. Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo. 
  13. Promuovere azioni, a tutti i livelli per combattere il cambiamento climatico.
  14. Conservare e utilizzare in modo durevole, gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.
  15. Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’economia terrestre.
  16. Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile.
  17. Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

Una peculiarità di questi SDGs è che sono intrinsecamente collegati e si influenzano a vicenda; il mancato raggiungimento di un solo obiettivo, in questo modo, potrebbe precludere il successo di tutti gli altri. Non c’è soluzione al cambiamento climatico se non c’è uguaglianza, non c’è uguaglianza senza parità di genere, non c’è parità di genere senza accesso all’istruzione e così via.

Tutti i Paesi firmatari, senza distinzione alcuna, si impegnano a contribuire allo sforzo per implementare l’Agenda, sviluppando strategie che si adattino alle proprie risorse e bisogni; è necessariamente richiesta una forte partecipazione di tutte le componenti sociali, dal pubblico al privato, dalle associazioni alle università e ai centri di ricerca. Questa innovativa ambizione di voler essere un progetto universale ha fatto sì che, sin dal principio, la società civile e gli enti non governativi fossero ritenuti centrali, con responsabilità di azione e monitoraggio, per dirla in termini tecnici e per sottolineare una delle differenze più importanti rispetto al passato, si passa da un approccio top-down a un approccio bottom-up

Tale prospettiva implica che gli SDGs debbano essere localizzati7

in considerazione delle realtà subnazionali, urbane e regionali, che ricoprono un ruolo sensibile e fondamentale per il conseguimento degli obiettivi e per la loro promozione. Il principio Leave no one behind è la promessa centrale dell’Agenda 2030: occorre quindi implementare strategie condivise per fornire a tutti i membri della società gli strumenti adatti ai processi di partecipazione allo sviluppo sostenibile, questo perché, appunto, nessuno può essere lasciato indietro. Dentro questa nuova Agenda viene tolta qualsiasi distinzione di sorta tra le nazioni, non per scarsa sensibilità ma per riconoscere pari dignità di coinvolgimento per un futuro migliore, un futuro dove tutti possano condividere strumenti, tecnologie e conoscenze. Tale Agenda mette al centro le persone, disarticola definitivamente la logica convenzionale di aiuto pubblico allo sviluppo, nel dualismo di rapporti tra paesi donatori e paesi beneficiari8, ed esorta ogni singolo cittadino a impegnarsi per far sì che questo futuro tanto agognato non resti soltanto un miraggio. 


L’anno della sostenibilità?

Prima di dare un rapido sguardo allo stato attuale dell’Agenda 2030 credo sia utile soffermarci su una delle tappe di questo ‘percorso della sostenibilità’, forse una delle più importanti, ossia l’anno 2015. 

Come precedentemente anticipato, il 2015 vede la pubblicazione anche dell’Enciclica Laudato si’ e l’Accordo di Parigi. Entrambe le pubblicazioni trattano il tema del cambiamento climatico, le conseguenze e le necessarie soluzioni. Soltanto pochi sono riusciti a evidenziare, con chiarezza e lucidità, le differenze fondamentali che ci aiutano a distinguere e apprezzare meglio la forza e l’importanza di questi testi. Uno dei pochi è Amitav Ghosh, scrittore indiano tra i più importanti del nostro tempo, che nel suo saggio La Grande Cecità9 confronta l’Enciclica di Papa Francesco e l’accordo diplomatico raggiunto al termine di COP21. 

L’autore sottolinea, oltre alle evidenti differenze stilistiche, che rendono l’Enciclica un testo meno pomposo, più diretto e di facile lettura, anche differenti approcci alle soluzioni e alle cause; se in entrambi è riscontrabile la ferma e consapevole accettazione delle conclusioni della scienza sul cambiamento climatico, diverso è il peso del riconoscimento delle cause. 

Papa Francesco rimarca il ruolo del paradigma economico di sfruttamento dominante ed errato, l’Accordo di Parigi, invece, non evidenzia tale ‘colpa’ – celando quindi una debolezza intrinseca del mondo diplomatico, che si ostina a non prendere definitivamente le distanze da un paradigma economico votato alla crescita costante.

L’enciclica non usa mezzi termini e chiama con il loro nome i colpevoli e i disastri che tutti conosciamo; nell’Accordo invece fanno da padrone i tecnicismi e la retorica diplomatica che, a detta di Ghosh, risulta smorzata rispetto ad altri accordi internazionali. Sono due testi che indubbiamente raccontano più di ciò che ritroviamo durante la loro lettura – due narrazioni che, come i binari di un treno, non si incrociano ma che conducono verso la medesima destinazione, una meta che può essere raggiunta solo se tutte le componenti della società, da quella religiosa a quella politica, dai tecnici agli attivisti, contribuiscono nello sforzo collettivo, colmando i silenzi e correggendo gli errori.


Conclusioni

Sono passati quasi otto anni dal 25 settembre 2015, ed è lecito dunque farsi una domanda: a che punto sono gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile? 11 le criticità sono molteplici: la pandemia da COVID-19 ha stravolto gli SDGs la guerra in Ucraina e le situazioni geopolitiche sempre meno stabili minano la tenuta diplomatica del mondo, le disuguaglianze crescono come mai prima d’ora, l’inflazione e la crisi finanziaria globale mettono a repentaglio le risorse economiche necessarie per gli investimenti dedicati al conseguimento dell’Agenda e le difficoltà di reperimento di dati affidabili per un corretto monitoraggio aggravano sempre di più le strategie d’implementazione dell’Agenda. Un quadro complicato ulteriormente da una situazione climatica in rapido disfacimento. 

Tutto questo trova conferma anche nelle parole pronunciate dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antònio Guterres lo scorso 25 aprile, in merito al rilascio di un’edizione speciale del Report sullo stato d’avanzamento degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile:

«Il Rapporto12 sul Progresso degli SDGs mostra che solo il 12 per cento dei target dei Sustainable Development Goals sono sulla buona strada. I progressi sul 50 per cento dei target sono deboli e insufficienti. Peggio ancora, restano bloccati o sono peggiorati più del 30 per cento degli SDG.
Se non agiamo ora l’Agenda 2030 diventerà un epitaffio per un mondo che avrebbe potuto essere». 


Report FEEM – Per un’Italia sostenbile: l’SDSN Italia SDGs City Index 2018

Report FEEM – Italy after five years from the adoption of the 2030 Agenda: a quantitative review

Note

  1. E.J. Hobsbawm, Il Secolo Breve, Milano, BUR Rizzoli, 2020
  2. Asvis, L’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
  3. Report of the World Commission on Environment and Development, Our Common Future, 1987
  4. General Assembly of United Nations, Millennium Development Goals, settembre 2000 
  5. Outcome document of the United Nations Conference on Sustainable Development, The Future We Want, Rio de Janeiro, Brazil, 20–22 giugno 2012 
  6. General Assembly of United Nations, Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development, 25 September 2015, A/RES/70/1
  7. Cavalli, L., Farnia, L. (2018): Per un’Italia sostenibile: l’SDSN Italia SDGs City Index. Fondazione Eni Enrico Mattei,
    Milano – https://www.feem.it/publications/per-unitalia-sostenibile-lsdsn-italia-sdgs-city-index-2018/
  8. V. Ianni, Lo sviluppo nel XXI secolo, Roma, Carocci, 2017
  9. A. Ghosh, La grande cecità, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2017, pp.181-193.
  10. Per approfondire la situazione italiana consultare, Cavalli, L., Lizzi, G., Toraldo, S. (2021): Italy after five years from
    the adoption of the 2030 Agenda: a quantitative review. Fondazione Eni Enrico Mattei, Milano –
    https://www.feem.it/publications/italy-after-five-years-from-the-adoption-of-the-2030-agenda-a-quantitative-
    review/[/nota+

    Ahimè, il quadro globale non è entusiasmante. Come si evince dai key messages del Sustainable Development Goals Report 202210UN DESA, in collaboration with the entire UN Statistical System, The Sustainable Development Goals Report 2022, 7 luglio 2022

  11. General Assembly Economic and Social Council, Progress towards the Sustainable Development Goals: Towards a Rescue Plan for People and Planet Report of the Secretary-General (Special Edition), May 2023, A/78/XX-E/2023/XX 
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