In un recente numero di questa rivista, Riccardo Chesta propone alcune importanti osservazioni critiche al nostro Neoplebe, classe creativa, élite. La nuova Italia (Laterza, 2022). Alcune osservazioni centrano il punto fondamentale dell’identità e identificazione, comunanze e distinzioni all’interno di ciascun strato.
Nel breve spazio di questo intervento, si può tuttavia iniziare una risposta sulla base dei risultati elettorali partendo dall’osservazione di Pizzorno secondo la quale la competizione democratica non va vista tanto come scelta tra politiche ma come conflitto di identità collettive. Come Pizzorno e altri osservano, l’interesse, che sia generale o di un gruppo o classe, deve essere intersoggettivamente riconoscibile e deve essere riferito non tanto ai bisogni, desideri o preferenze individuali, quanto piuttosto alla percezione del posizionamento di un individuo o gruppo entro un sistema di relazioni sociali o di potere che si intende conservare o modificare.
I nostri strati sono attraversati da specificità nazionali e territoriali, retaggio di storie specifiche di lungo periodo, e da differenze, in particolare nella neoplebe, che ne fa un soggetto aperto a diverse offerte o costruzioni identitarie e chiuso rispetto ad altre. L’élite italiana è in grave crisi. Quantitativamente debole, in rapido declino, maschile, con credenziali educative molto limitate appare radicalmente diversa da quella europea, in particolare da quella britannica o francese. Possiede capitale economico e potere (Bourdieu), ma non conoscenza. Anche il suo capitale simbolico (onore, prestigio) è dubbio, dopo Tangentopoli e rispetto al senso della sua stessa esistenza nel rapporto tra aspettative di capacità di guida e dinamiche concrete dell’economia e della società.
Al contrario, la classe creativa possiede conoscenza ma non potere, e nemmeno, mediamente, ricompense economiche che le sono riconosciute negli altri paesi europei. Da quanto sappiamo dalla stampa quotidiana, anche rispetto all’esperienza della pandemia, il suo capitale simbolico appare crescente. In termini quantitativi, la consistenza di questa classe – più giovane e assai meno caratterizzata in termini di genere – è aumentata rapidamente, ma molto meno rispetto agli altri paesi europei. È certamente uno strato percorso da ‘contraddizioni di classe’ (Olin Wright), forse quello in cui questo carattere è più evidente. Basti pensare al ruolo degli accademici rispetto al proletariato cognitivo, oppure all’organizzazione e alle relazioni di lavoro nella scuola e nella sanità, o più in generale ai rapporti tra precariato e posizioni lavorative stabili nei servizi pubblici e privati. C’è da dubitare che le differenti ricompense economiche riflettano differenze in termini di produttività, e che l’onda neoliberale, enfatizzando la competizione inter-individuale, tenda a radicalizzare tali contraddizioni.
Va ricordato che le ‘contraddizioni di classe’ sono profondamente sensibili sia al tempo storico che a quello biografico, nonché ai mutevoli dispositivi di regolazione socio-politica di esclusione ed inclusione, con impatti su aspettative e condizioni esistenziali. Così come le differenze di genere nelle ricompense economiche, in tutti gli strati, producono differenze di rilievo. Poco invece possiamo dire sul capitale relazionale, se non che le informazioni sulla partecipazione politica, nelle associazioni o nelle cerchie amicali e familiari è profondamente differenziata rispetto alle credenziali educative e più in generale rispetto ai caratteri culturali.
Se guardiamo alle toquevilliane ‘associazioni intermedie’, vediamo una prevalenza di laureati, ipoteticamente un coinvolgimento maggiore della classe creativa, e una differenza territoriale a favore delle regioni del Nord. Infine, la neoplebe, la più vasta in Europa e anche la più stabile, appare nel suo complesso come una classe ‘bassa’ rispetto alle diverse forme di capitale, economico, culturale-educativo e simbolico. La scarsa disponibilità delle diverse forme di capitale, sia allo stato presente che nelle incerte aspettative per il futuro sono il carattere comune ai vari segmenti di questo strato, per altri aspetti differenti rispetto agli interessi, a eccezione del segmento operaio, che si può ritenere una classe in sé, e forse del proletariato dei servizi, avviato lungo un percorso verso la underclass.
Come ci ricordano tra gli altri Becker e Lindenberg, l’acquisizione di capitale culturale, o degli stili di vita o (weberianiamente) di consumo che generano differenze e distinzioni richiedono denaro e tempo. Redditi e ricchezze intergenerazionali consentono l’acquisizione di capitale educativo e la rappresentazione sociale o individuale attraverso il consumo. Ma il denaro non è condizione sufficiente, le distinzioni non sono comprate ma apprese nel tempo e segnate dalle storie degli individui, delle loro famiglie, dagli ‘effetti di luogo’, dai dispositivi sociali.
L’offerta politica in senso ampio (partiti e movimenti politici ma anche sindacati, organizzazioni di rappresentanza degli interessi, società civile organizzata) produce modelli identificanti che tendono spesso ad assumere valenza universalistica nel richiamo all’interesse pubblico, generale o nazionale. In via generale, l’offerta politica produce modelli di identificazione sulla base di un’interpretazione di bisogni, desideri e preferenze, riferita di norma al breve periodo, in cui vengono mobilitati vecchi e nuovi discorsi, retoriche, elementi simbolici. In termini generali, sembra possibile individuare una matrice di tipi ideali di identificazione definita da due assi.
L’asse orizzontale rappresenta tratti identitari del ciclo hirschmaniano tra retoriche della reazione e progressiste, ma può essere letto anche nell’importante faglia contemporanea locale-cosmopolita (Hannerz). A seconda della collocazione di gruppi e individui, ciò che viene tematizzata è l’appartenenza o le radici entro spazi locali, nazionali o globali: globalizzazione, migrazioni, Europa, nazione, Occidente, religione, famiglia come spazio sociale, radicamenti locali protettivi ed escludenti sono elementi dei discorsi politici. Da un lato, tradizione, chiusura, conservazione, reazione. Dall’altro, istanze cosmopolite, apertura, modernità, cambiamento, appartenenza al mondo, innovazione sociale.
L’asse verticale riguarda la percezione di come individui e gruppi regolano la propria coesistenza, cioè dei rapporti tra modelli e logiche di regolazione sociale (Stato, mercato, comunità). Da un lato, mercato come regolazione ideale e competitività come meccanismo chiave e fondante il progetto neoliberale. Dall’altro, lo Stato sociale e la solidarietà redistributiva come meccanismo chiave. Diritti civili delle minoranze, politiche redistributive come il reddito di cittadinanza, flat tax, inclusione/esclusione, attenzione alle ineguaglianze, peso attribuito ad attori e soggetti chiave (imprese o lavoratori per esempio) sono alcuni elementi ricorrenti nella costruzione del discorso politico.
Regolazione e relazioni sociali | ||
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