Si è conclusa a Baku la seconda giornata della COP29, che ha visto i leader mondiali riunirsi nel contesto del World Leaders Climate Action Summit, la sessione di alto livello della Conferenza in programma fino a domani, strutturata intorno ai discorsi dei leader in una lunga plenaria. I capi di Stato e di governo presenti erano circa 90, segnando l’assenza di molti, tra cui Joe Biden, Vladimir Putin, Ursula von der Leyen, Narenda Modi e Lula.
I fatti salienti
I numeri ufficiali
Quella di Baku è la seconda COP più partecipata di sempre, con quasi 67mila partecipanti (quasi 53mila escludendo i volontari e lo staff), contro i quasi 100mila (85mila al netto) di Dubai e i 35mila netti di Sharm-el-Sheikh nel 2022.
Dal 2025 operativo il fondo ‘Loss & Damage’
Il fondo Loss & Damage per i ristori delle perdite e dei danni del cambiamento climatico ai Paesi vulnerabili inizierà a erogare i suoi fondi nel 2025. Oggi a Baku è stato firmato l’accordo per la piena operatività del fondo, istituito nel 2022 alla COP27 di Sharm el-Sheikh (Egitto) e reso operativo alla COP28, dove aveva raccolto 770,6 milioni di dollari (una cifra che rappresenta però lo 0,2% dei 400 miliardi di dollari stimati necessari). Gli impegni aggiuntivi assunti durante questa COP ammontano a circa 50 milioni di dollari, di cui 18,4 milioni promessi dalla Svezia oggi.
Iniziano ad arrivare i nuovi NDC
Tra i temi al centro della COP di quest’anno c’è la presentazione di un nuovo ciclo di NDC (Nationally Determined Contributions), i piani nazionali con cui gli Stati presentano le proprie strategie di decarbonizzazione, che dovranno essere presentati tra 8 e 12 mesi prima la COP30, a Belèm, dove ne verrà discussa l’ambizione. Il nuovo ciclo deve includere target più ambiziosi per il 2030 (orizzonte già incluso nei piani precedenti) e nuovi target per il 2035.
- Il premier britannico Keir Starmer ha affermato oggi durante il segmento di alto livello che il nuovo obiettivo del Regno Unito è un taglio delle emissioni dell’81% rispetto al livello del 1990 entro il 2035, ad esclusione delle emissioni del trasporto aereo e marittimo internazionale (aumentando così l’ambizione del target di Boris Johnson, che si fermavano al 78%).
- Gli Emirati Arabi Uniti hanno presentato la scorsa settimana il loro nuovo piano per il clima che prevede una riduzione delle emissioni del 47% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019 e in particolare le emissioni nette zero nel settore delle costruzioni entro il 2050.
- Il Brasile ha dichiarato che consegnerà il suo NDC aggiornato entro la fine della settimana. Il governo ha annunciato che il nuovo impegno nazionale copre ogni settore dell’economia, con un target di riduzione delle emissioni al 67% (rispetto al precedente 59%) rispetto ai livelli del 2005, entro il 2035 e raggiungendo la neutralità climatica entro il 2050.
- L’Unione Europea, che presenta un obiettivo collettivo per i suoi 27 Paesi membri, è invece fuori tempo. Infatti, sebbene abbia dichiarato che spingere per nuovi NDC ambiziosi è una delle principali priorità per la COP29, diversi funzionari e ministri hanno confessato che «è praticamente impossibile» che l’UE rispetti la scadenza di febbraio, a causa delle lunghe tempistiche di approvazione legislativa, legate all’assetto istituzionale europeo, del congelamento de facto dell’azione esecutiva della Commissione, ancora in fase di transizione dopo le elezioni di giugno, e di crescenti disaccordi sulle strategie climatiche, in particolare per il discusso target di –90% di emissioni entro il 2040, ancora non approvato come legge e tenuto fuori dalla posizione negoziale dell’UE a Baku. Il target NDC deve infatti riferirsi al 2035, ma l’UE lavora su target decennali (i già approvati –55% al 2030 e net-zero al 2050). Per i sostenitori del –90% il target 2035 verrebbe calcolato tirando una linea tra il 2030 e il 2040, ottenendo così un obiettivo più ambizioso rispetto a chi sostiene di usare il 2030 e il 2050 come estremi.
Focus sulla trasparenza: inviati i primi BTR
In base all’Accordo di Parigi, le parti sono tenute a presentare ogni due anni i BTR (Rapporti Biennali di Trasparenza). Questi documenti hanno il compito di fare il punto su tutto ciò che ruota intorno al monitoraggio degli impatti del cambiamento climatico a livello nazionale e delle strategie per farvi fronte: includono informazioni sui rapporti degli inventari nazionali delle emissioni (NIR), sui progressi verso gli NDC, sulle politiche e misure attuate, sugli impatti dei cambiamenti climatici e le strategie di adattamento, nonché sui livelli di supporto finanziario, sullo sviluppo e trasferimento di tecnologie e sulle aree da migliorare. Oggi, nove Paesi – Andorra, Guyana, Panama, Giappone, Spagna, Turchia, Kazakistan, Paesi Bassi e Singapore – hanno presentato i loro BTR, che dovranno essere consegnati da tutte le nazioni entro la fine dell’anno.
Nuovo obiettivo collettivo di finanza climatica (NCQG)
Nonostante i colloqui sul nuovo obiettivo di finanza climatica post-2025 (NCQG) si siano aperti a Baku sulla base di un documento concordato dopo mesi di negoziati preliminari, oggi il gruppo dei Paesi in via di sviluppo (G77 e Cina) ha richiesto di accantonare il testo e ricominciare da zero, dichiarando che non era accettabile come punto di partenza per i negoziati.
Dopo mesi di isolati tentativi da parte di alcuni paesi in via di sviluppo di cambiare il testo discusso, oggi G77 e Cina hanno richiesto insieme la ridiscussione del testo. I vari gruppi hanno spinto per:
- Un obiettivo finanziario di 1.300 miliardi di dollari all’anno (contro i 1000 preliminarmente discussi).
- Un’allocazione esplicita ai diversi beneficiari: i Paesi meno sviluppati hanno richiesto che una base di 220 miliardi l’anno sia allocata solo per loro, l’Allenza dei piccoli stati insulari (AOSIS) ne ha richiesti 39, mentre l’Alleanza indipendente dell’America latina e dei Caraibi (AILAC) ha suggerito una base di allocazione regionale; contro la posizione di diversi Paesi industrializzati, inclusa l’UE, che si sono opposti sostenendo che aumenterebbe le disuguaglianze contro Paesi che non attraggono sufficienti investimenti.
- Una suddivisione in sotto-obiettivi per mitigazione, adattamento e compensazione per perdite e danni (contro la posizione degli Stati Uniti, che si oppongono all’inclusione e più in generale, da sempre, all’affermazione del concetto di perdite e danni), nonché delle valutazioni chiare sui possibili finanziamenti dai Paesi sviluppati e sul capitale privato che potrebbero mobilitare.
- Non ampliare esplicitamente la base dei contribuenti per includere economie più ricche: contro i tentativi diplomatici dei paesi industrializzati, in primis l’UE, di separare paesi in via di sviluppo (che saranno beneficiari del fondo) da economie emergenti ormai affermate (come l’Arabia Saudita e la Cina, che non vogliono entrare ufficialmente nella lista dei paesi donatori), il G77 e la Cina hanno negoziato insieme su questo punto. Al contrario, i Paesi industrializzati hanno dichiarato che non prenderanno in considerazione testi negoziali che non includano questa opzione, rifiutando di mobilitare più di 100 miliardi di dollari all’anno se non verrà ampliata la base dei donatori. È atteso un nuovo testo dei co-chairs nella giornata di domani.
- Ancora aperte le discussioni sul tipo di strumenti necessari (in che percentuale sovvenzioni e prestiti, con quali tassi di interesse) e sull’orizzonte temporale (con un obiettivo da raggiungere entro il 2030, un obiettivo di lungo termine, un obiettivo dinamico che cresce negli anni)
- Si sta affermando invece l’idea che questo nuovo obiettivo di finanza climatica sarà formato da più strati, ‘a cipolla’: un cuore, nell’ordine delle centinaia di miliardi, fornito dai governi donatori, in gran parte attraverso le banche multilaterali di sviluppo (MBD), e uno strato esterno, che permetta alla cifra totale (il cosiddetto quantum) di raggiungere l’ordine dei trilioni (migliaia di miliardi), mobilitato dal settore privato.
Nel frattempo, oggi la Banca Mondiale insieme a 9 banche multilaterali di sviluppo (MDB) ha annunciato un sostegno finanziario significativo per l’azione climatica, con l’obiettivo di raggiungere 50 miliardi all’anno entro il 2030 (di cui 7 per l’adattamento) nei Paesi ad alto reddito e 120 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 (di cui 42 per l’adattamento) nei Paesi a basso e medio reddito, a cui si aggiungeranno oltre 65 miliardi dal settore privato, superando così i quasi 75 miliardi totali mobilitati collettivamente nel 2023 per i paesi a basso e medio reddito. Il gruppo di esperti di alto livello (HLEG), però, sostiene che le banche multilaterali di sviluppo dovrebbero triplicare i propri finanziamenti entro il 2030, e che potrebbero raggiungere i 480 miliardi di dollari senza influenzare i propri rating.
Chi ospiterà la COP31
Non è stato ancora deciso quale sarà lo stato che ospiterà la COP31. Secondo il meccanismo di rotazione tra i cinque gruppi regionali delle Nazioni Unite, nel 2026 dovrà essere uno stato appartenente al gruppo dell’Europa occidentale e altri stati (WEOG). Durante il summit dei leader, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha candidato la Turchia.
Le dichiarazioni più importanti
Antonio Guterres (Onu): «La finanza climatica non è carità». Nel suo discorso il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres ha ribadito l’urgenza di agire, la necessità di investire e l’obbligo di tutti gli Stati di presentare piani climatici più ambiziosi: «Il suono che sentiamo è quello del ticchettio dell’orologio. Il tempo scorre e non è dalla nostra parte, in particolare in questo 2024 che è stato una lezione magistrale sulla distruzione del clima». Ha poi affermato che «o si trovano fondi per la finanza climatica, che non sono una forma di carità ma sono un investimento, oppure l’umanità pagherà».
Simon Stiell (segretario esecutivo dell’UNFCCC): «La finanza climatica protegge dall’inflazione». Il segretario esecutivo della Convenzione dell’Onu sul cambiamento climatico Stiell ha parlato delle conseguenze economiche della crisi climatica: «Gli impatti del clima che peggiora gonfieranno l’inflazione come gli steroidi, a meno che tutti i Paesi non adottino un’azione climatica più coraggiosa. Per questo la finanza climatica rappresenta un’assicurazione globale contro l’inflazione», ha detto.
Ilham Aliyev (presidente dell’Azerbaijan): «Petrolio, gas e materie prime sono un ‘dono di Dio‘ ha detto il Presidente dell’Azerbaijan nel suo intervento di apertura, affermando che «qualsiasi risorsa, petrolio, gas, eolico, solare, oro, argento, rame è una risorsa naturale e i paesi non dovrebbero essere incolpati di averla e di fornirla ai mercati, perché i mercati ne hanno bisogno».
Mukhtar Babayev (presidente della COP29): «Dobbiamo affrontare la crisi climatica con la stessa urgenza con cui abbiamo affrontato la pandemia di Covid-19: la storia dimostra che è possibile». Il Presidente della COP29 ha ricordato che, di fronte alla crisi del Covid-19, le economie avanzate sono riuscite a mobilitare 8000 miliardi di dollari in appena 48 mesi per sostenere cittadini e imprese. Oggi, la sfida climatica richiede un impegno equivalente e la stessa determinazione.