Geografia e diritto, le prime materie dello spazio da studiare

Dove finiscono i diritti umani e dove iniziano i diritti universali. Affinché persone di culture diverse convivano pacificamente nello Spazio c’è necessità di leggi e regole.

Autore

Tiziana Panizza Kassahun

Data

11 Marzo 2024

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11 Marzo 2024

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Nel 2021 i miliardi di dollari spesi nella Space Economy sono stati 370. Ci devono pur essere delle ragioni per cui investiamo miliardi di dollari, di euro, di rubli, di yuan, di rupie in missioni e progetti nello Spazio. Si tratta soprattutto di progetti abitativi, con l’obiettivo di prolungare la presenza umana sia sulla superficie lunare sia  nell’Orbita Terrestre Bassa (Low Earth Orbit – LEO); creazioni di habitat umani con funzionalità commerciali, per la ricerca scientifica e persino per il turismo; programmi spaziali finanziati dagli Stati ma anche dal business privato, orientati a gestire permanenze umane sempre più lunghe fuori dall’atmosfera. 

Ma perché stiamo andando così lontano? Probabilmente ci sono cose che si possono fare meglio nello Spazio o che si possono fare solo nello Spazio. Penso alle missioni Space for space e alle missioni Space for earth. Le prime fanno riferimento a quello che si può fare nello Spazio per una sostenibilità delle attività spaziali, le seconde si concentrano su quello che si può fare nello Spazio per una sostenibilità terrestre.

Si va dall’affrontare l’esplorazione lunare in modo sostenibile (In-Situ Resource Utilization è un concetto che interessa tutte le esplorazioni spaziali, mirando all’utilizzo delle risorse locali) al mantenere l’ambiente spaziale pulito da rifiuti, vincere la crisi climatica sulla Terra grazie allo Spazio, colonizzare Marte con un batterio che, a parte la straordinaria capacità di sopravvivere in ambienti estremi, consuma anidride carbonica e produce ossigeno, progettare un sottomarino da immergere nell’oceano di metano presente su Titano, la luna del pianeta Saturno, fare mining di terre rare, realizzare collettori solari che consentirebbero di assorbire l’energia e trasferirla sulla Terra, fino alle tante altre missioni finalizzate a ‘colonizzare’ lo Spazio con insediamenti permanenti extra-atmosferici. Agli abitanti di questi insediamenti sarà dato abitare al riparo da rischi, quali il vuoto, le temperature estreme e le radiazioni. Potranno contare su servizi igienico-sanitari complessi, la rivitalizzazione dell’aria e molti altri sofisticati supporti vitali.

Ma quali regole, leggi e principi si applicheranno alla vita quotidiana dentro una colonia extra-Terra? Quali codici di comportamento garantiranno una convivenza pacifica, rispettosa della dignità e delle libertà di ogni suo componente? Quali forme inalienabili di doveri e diritti toccheranno a ogni singolo appartenente alla colonia? E ancora, quali nuove responsabilità i coloni avranno nei confronti del pianeta Terra e verso l’Universo? Se è troppo presto per prevedere esattamente quali regole e principi dovranno governare gli aspetti quotidiani di tali comunità, rimandare la riflessione a domani sarà troppo tardi. Pena il fallimento sia dell’esperienza di vita civica nello Spazio sia un conseguente ‘regresso’ per l’Umanità. La mia domanda in fondo è semplice, ingenua e irriverente: nello Spazio ci saranno più o meno diritti umani? La risposta è complessa.

Di fatto non ci sono norme sufficienti per regolare le attività di nuovi attori e proteggere lo Spazio da errate condotte umane. Esistono regole e principi che, sebbene non direttamente correlati allo Spazio, potrebbero essere applicati. Succederà? Purtroppo dopo aver letto il rapporto della National Science Foundation (NSF) del 2022 e un’inchiesta dell’Associated Press del 2023 su abusi, discriminazioni e violenze sessuali successe dentro la stazione antartica permanente statunitense di McMurdo, è difficile essere ottimisti. Quale forma di diritti universali e fondamentali, essenziali alla dignità, alla sopravvivenza e allo sviluppo umano nello Spazio si può immaginare per una colonia lontana dal Pianeta Terra, collettiva e multilaterale, a cui prenderanno parte soggetti provenienti da nazioni caratterizzate da sensibilità culturali e interessi politico-economici eterogenei e isolata dalla Terra, se il 59% delle donne nella stazione McMurdo ha subito molestie o vere e proprie aggressioni sessuali? Al Polo Sud, dove è la stazione McMurdo, il vento soffia oltre i 100 km/h e la temperatura percepita inferiore ai -75°C. In estate supera i mille occupanti. Quasi tutti scienziati.

Ecco perché, oltre a come costruire e sostenere una colonia umana nello Spazio dal punto di vista scientifico e ingegneristico, è giunto il momento di domandarsi come permearla di regole in grado di far convivere pacificamente persone, gruppi e comunità. Le norme che regolano l’uso dello Spazio sono state scritte quando l’ipotesi di una base lunare o su Marte erano pura fantascienza.

L’ottavo continente è la nuova frontiera dell’Umanità. Sia perché la sua conquista impone nuove sfide tecnologiche sia perché la comunità umana sarà capace di agire in vista di un avvenire comune solo quando affronterà anche molte sfide giuridiche da creare ad hoc e praticamente da zero. «Siamo andati nello Spazio come in una nuova frontiera e ora rischiamo di trascinare nei cieli l’odio e i rancori della Terra come se l’uomo avesse il diritto di far guerra dappertutto». Erano gli anni settanta quando Harold C. Hollenbeck ha riassunto il modo in cui l’uomo mette in pericolo il proprio futuro. Sta per iniziare un nuovo umanesimo? Se la risposta è sì, la domanda d’obbligo è: un umanesimo extra-Terra deve essere necessariamente antropocentrico?

È necessario un passaggio dal mantenimento dello Spazio come ambiente cooperativo e pacifico alla spinta della collettività verso logiche di diritti universali che consentano intrecci e commistioni, per portare su altri pianeti un bagaglio culturale alleggerito da ingiustizia, discriminazione, violenza, abuso e impostazioni del tutto terrestri. Le norme che finora regolano l’uso e l’occupazione dello Spazio sono scaturite in un tempo in cui era impensabile la creazione di una base lunare o marziana. Voli suborbitali a scopo turistico non erano contemplati. La possibilità di sfruttare l’estrazione mineraria sugli asteroidi pura fantascienza.

Tempo, scienza, risorse sono stati impegnati a immaginare come costruire e sostenere una colonia umana nello Spazio. Oggi la domanda è come farla funzionare dal punto di vista sociale nella sua quotidianità. Basterà che le comunità spaziali facciano riferimento ai diritti umani, non facciano uso di violenza ma adottino gli strumenti propri del metodo democratico, si impegnino a non essere un’entità armata e si associno all’autorità delle Nazioni Unite, riconoscendone il ruolo a garanzia della propria vocazione democratica? Probabilmente no. La storia politica e giuridica della modernità è costellata da una miriade infinita di concezioni riguardanti i diritti naturali e i loro rapporti con la legge naturale e divina. Diritti che si intendono estesi a tutti. Anche soggetti non-inclusi li possiedono, in quanto e purché parte dell’umanità e del genere umano. Tale visione introduce una specifica concezione dell’universalità che implica l’essere umani. L’auspicio è che ci sia invece la possibilità di estendere nell’Universo i confini di una comunità morale davvero universale e non antropogenica. L’invito è quello di esplorare le possibilità e le condizioni di un umanesimo cosmologico dentro il quale immaginare una ecologia cosmica e universale. Andare oltre l’uomo non significa necessariamente andare contro l’uomo.

L’Universo o gli Universi sono decisamente troppo vasti per essere solo la dimora dell’uomo. Lo Spazio come dominio pacifico e cooperativo difficilmente potrà essere sostenuto senza principi e accordi di diritto internazionale consolidati, compreso il quadro del diritto internazionale dei diritti umani (International Human Rights Law – IHRL). L’intersezione tra diritti umani e Spazio non è una novità. Le Nazioni Unite lo sottolineano da decenni: i benefici legati all’esplorazione e all’uso dello Spazio devono andare a beneficio collettivo della comunità internazionale nel suo complesso e non solo dei Paesi con programmi spaziali. Il Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967 vieta lo stazionamento di armi di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction – WMD) nello Spazio e le attività militari sui corpi celesti e definisce norme giuridicamente vincolanti che regolano l’esplorazione e l’uso pacifico dello Spazio. Le attività spaziali vanno a beneficio di tutte le nazioni e qualsiasi Paese è libero di esplorare l’orbita e oltre. Non vi è alcuna pretesa di sovranità nello Spazio; nessuna nazione può ‘possedere’ lo Spazio, la Luna o qualsiasi altro corpo celeste. Lo Spazio extra-atmosferico è una ‘area internazionale condivisa’, ‘un bene comune’, è la ‘provincia di tutta l’umanità’. Tale intersezione viene spesso ricondotta a due ambiti di influenza: l’uso di tecnologie e applicazioni spaziali per sostenere l’attuazione e il mantenimento degli obblighi in materia di diritti umani a livello terrestre. Come l’uso di telerilevamento e satelliti di osservazione della Terra per monitorare gli sviluppi umanitari in zone conflittuali. L’estensione dei diritti umani terrestri allo Spazio, come mezzo per regolare e guidare le attività umane nello spazio. Missioni di lunga durata nello Spazio comportano sfide scientifiche, tecnico- ingegneristiche, tecnologiche, progettuali, economiche, giuridiche, creative, culturali ma anche etiche.

Un’opportunità – quella etica – per ripensare anche e soprattutto l’intersezione tra diritti umani e universalità. Le teorie dei diritti in generale e dei diritti umani specificatamente sono basate sul principio di eguaglianza. Senza l’eguaglianza i diritti si trasformano in privilegi e questi per definizione non generano obblighi morali di rispetto e differiscono nella risposta a tre domande: eguaglianza in che cosa? Eguaglianza tra chi? Eguaglianza in che modo? La ‘digressione filosofica’ s’impone se vogliamo cercare di comprendere l’universalità dei diritti umani e la loro evoluzione in ambiti sia terrestri sia extra-terrestri. La Terra non è il centro dell’Universo e non è l’uomo che dà un senso all’Universo.

L’universale si fa ‘comune’ e che la comune natura umana può essere concepita, anziché un fondamento a priori, un ‘fondo cui si può continuamente attingere’ ma solo se si sono create apposite situazioni. La questione è tutt’altro che meramente teorica, bensì foriera di conseguenze assai rilevanti sul piano politico, in ogni parte del mondo e con riferimento all’interezza dell’agire umano. Non si tratta di riproporre, pertanto, l’idea tradizionale dell’autonomia del soggetto pensante e agente, ma semmai di affermare l’idea che per pensare e agire liberamente l’essere umano ha bisogno di porsi in relazione con altri esseri, umani o meno, in condizioni il più possibile paritarie. L’idea nuova è che il soggetto, attraverso l’uso delle proprie facoltà morali, modifica il mondo del dover essere, facendo sorgere obblighi che prima non c’erano e modificando lo status morale di altri soggetti: le scelte e le azioni degli individui producono effetti nel mondo morale di altri individui. In questo contesto il soggetto è morale non solo nel senso che ha fini morali e che ha obblighi morali, ma soprattutto nel senso che la sua azione produce effetti morali, per cui esso è centro d’imputazione di diritti e di doveri. Vi sono qualità morali o fini inerenti al mondo fisico, il mondo animale, i pianeti tutti, le stelle. Ethos può essere tradotto dal greco in molti modi: innanzitutto come ‘dimora’, ‘sede’, ‘abitazione’, ‘soggiorno’. L’etica è come ci comportiamo ovunque siamo.

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