Rischio assicurato

Con danni ambientali sempre più frequenti e intensi, le misure di copertura finanziaria del rischio vanno considerate parte integrante del processo di adattamento climatico.

Autore

Dionisio Perez Blanco, Jaroslav Mysiak

Data

8 Febbraio 2024

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8 Febbraio 2024

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Dicembre 2017 – Troppo spesso in Italia si è costruito in zone ad alto rischio sismico e idrogeologico. Le misure di copertura finanziaria del rischio vanno considerate parte integrante del processo di adattamento climatico. Da anni si cerca di stimolare l’assicurazione privata per un più equilibrato rapporto tra responsabilità collettive e individuali. In Parlamento molte le proposte di legge sull’argomento. È tempo di avviare un serio dibattito pubblico.

I rischi legati al verificarsi di eventi naturali possono compromettere lo sviluppo1, la stabilità2 economica e finanziaria e il benessere. L’adozione di corrette strategie di protezione finanziaria possono attutirne l’impatto, accelerare la ripresa delle attività e l’opera di ricostruzione, e favorire l’elaborazione e l’introduzione di misure volte a incentivare interventi di riduzione del rischio3. Data la crescente gravità dei danni causati da eventi naturali e indotti dall’uomo, alcuni dei quali amplificati dai cambiamenti ambientali (e climatici) globali4, una strategia finanziaria di ampio respiro può consentire una gestione e una governance del rischio meglio articolata.

Il protocollo di Sendai per la riduzione dei rischi da disastri (Sendai Framework for Disaster Risk Reduction; SFDRR)5 ha adottato come obiettivo consentito la riduzione dei danni, riaffermando la necessità di porre la resilienza tra le massime priorità da perseguire a livello nazionale e internazionale. Tra i possibili interventi in materia di rischi naturali e causati dall’uomo6, il protocollo SFDRR sottolinea l’importanza di investire in misure di riduzione e copertura finanziaria del rischio. Il piano d’azione sottoscritto ad Addis Abeba (Addis Abeba Action Agenda, AAAA) per il finanziamento dello sviluppo ha istituito un quadro di riferimento per gli interventi a favore di una prosperità economica inclusiva, comprendendo le risorse e i flussi finanziari tra le priorità dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile7. Coerentemente, l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico ha affrontato la questione del corretto finanziamento del rischio quale parte integrante del processo di adattamento climatico e quale possibile strategia per fare fronte ai relativi danni a persone e cose.

L’adozione di una strategia finanziaria complessiva in materia di disastri è altrettanto importante nell’ambito dell’Unione Europea. In assenza di appositi strumenti di protezione finanziaria, infatti, disastri di vaste proporzioni che colpissero diversi Stati membri dell’Unione Europea accentuerebbero gli attuali squilibri economici, indebolendone il merito creditizio8.

Nella consapevolezza che in un mondo sempre più interconnesso i disastri possono produrre ricadute di vasta portata, i ministri delle Finanze dei Paesi del G20 hanno invitato l’OCSE a elaborare un protocollo facoltativo che aiuti i governi nazionali a mettere a punto adeguate strategie finanziarie in materia di rischio da disastri. L’accurata conoscenza dell’esposizione al rischio e della capacità di resilienza e strumenti istituzionali atti a creare infrastrutture giuridiche e di mercato favorevoli costituiscono, unitamente all’adozione di strumenti ottimali di finanziamento e di trasferimento del rischio, gli elementi fondamentali di una strategia finanziaria organica in tema di disastri.

Gli strumenti di finanziamento utilizzabili in quest’ambito sono numerosi e ognuno di essi punta a ottenere risultati diversi. Ciascuno strumento consente di gestire in maniera efficiente un determinato tipo di rischio, in base alla sua frequenza, alla sua intensità e ai potenziali effetti prodotti. Di conseguenza, una strategia che si basi su un pool diversificato di strumenti e istituzioni finanziarie integrati tra loro sarà più adeguata ad affrontare e a rispondere a diverse tipologie di rischi ambientali e indotti dall’uomo. La stratificazione del rischio (risk layering) consiste appunto nell’abbinare ogni specifico livello di rischio e di resilienza con lo strumento più adeguato9. I possibili danni causati da rischi di bassa entità ma di elevata frequenza possono essere ridotti o resi sopportabili (retained) grazie a fondi adeguati costituiti da risparmi, riserve accantonate o crediti. Rischi di livello da medio ad alto, superiori alla capacità di resilienza specifica, possono essere gestiti con maggiore efficienza mediante il loro trasferimento al mercato assicurativo o finanziario.

Il finanziamento e il trasferimento dei rischi catastrofali chiamano in causa molte delle competenze di un’amministrazione trasparente e responsabile, quali le politiche fiscali e di bilancio, la finanza pubblica, lo sviluppo commerciale e industriale e la protezione sociale10. Il rischio di disastri comporta responsabilità implicite ed esplicite11, le prime derivanti dagli obblighi giuridici e contrattuali, le seconde dalle aspettative del pubblico e dalle pressioni politiche. Sono proprio queste ultime a porre il rischio maggiore dal punto di vista del bilancio pubblico12. I governi svolgono molteplici funzioni, sia dal lato dell’offerta sia da quello della domanda di finanziamento del rischio. In quanto decisori politici essi: i) garantiscono una copertura assicurativa pubblica e si fanno carico delle spese di ripristino e ricostruzione dei beni pubblici; ii) organizzano (coprendone i relativi costi) le operazioni di soccorso e di assistenza delle vittime e mantengono l’ordine pubblico nel periodo post-disastro; iii) erogano prestazioni sociali a favore delle popolazioni vulnerabili; iv) regolamentano e vigilano sui mercati e sugli istituti finanziari (compreso quello assicurativo). Ciononostante, sono pochi i Paesi che hanno ritenuto di doversi tutelare nei confronti delle ripercussioni fiscali dei disastri13.

L’assicurazione rappresenta la forma più comune di tutela finanziaria contro perdite impreviste. Il soggetto assicurato o il titolare della polizza trasferisce sull’assicuratore il costo delle perdite potenziali, in cambio di un corrispettivo monetario denominato premio. L’assicuratore, assumendosi l’onere delle possibili perdite subite da una serie di assicurati, assorbe, accorpa e diversifica i rischi individuali, rendendo così possibile la loro gestione. Quando si verificano perdite legate a uno degli eventi contemplati dal contratto, l’assicuratore provvede a indennizzare o a risarcire il soggetto assicurato.

Non tutti i rischi possono essere assicurati o coperti da una polizza, ma soltanto quelli quantificabili in base alla probabilità che si verifichi l’evento e all’entità dei danni subiti, per i quali i premi possono essere fissati per ciascun titolare o gruppo di titolari di polizza14. Oltre a ciò, sull’entità del premio richiesto e sulla disponibilità delle compagnie a stipulare la polizza di copertura incidono anche l’ambiguità del rischio, l’asimmetria informativa (con i relativi problemi di selezione avversa e azzardo morale) e la correlazione tra le perdite o i danni assicurati15. Premi molto elevati potrebbero rendere i rischi assicurabili, ma soltanto a un costo proibitivo per i soggetti a basso reddito, ossia proprio coloro che potrebbero trarre maggiore vantaggio da una copertura assicurativa.

I rischi naturali, ove amplificati dal cambiamento climatico, possono rendere l’assicurazione eccessivamente costosa per alcune persone, e addirittura il rischio stesso non assicurabile in taluni contesti geografici. Secondo recenti stime della Banca d’Inghilterra16, i cambiamenti climatici e i fattori socio-economici possono ampliare il divario tra premi assicurativi «abbordabili» contro il rischio di inondazione e premi che rispecchino il rischio tecnico di una polizza contro le inondazioni. Analogamente, Kunreuther et al.17 hanno dimostrato che i cambiamenti climatici potrebbero far crescere in misura significativa i premi delle polizze sulle abitazioni della Florida. Gli stessi studi indicano anche che misure strutturali di mitigazione del rischio potrebbero mantenere i premi entro livelli accettabili. Una migliore conoscenza del rischio, soluzioni assicurative integrate e interventi pubblici sono tutti fattori che contribuiscono a rendere assicurabile il rischio climatico.

L’assicurazione rappresenta un servizio finanziario che tutela contro il rischio di danni e perdite impreviste. Allo stesso tempo, in modo diretto o indiretto, l’assicurazione serve anche altri scopi. Facilitando e accelerando la ripresa delle attività nel periodo successivo al disastro, contribuisce a contenerne l’impatto economico e sociale. Oltre a ciò, la copertura assicurativa risponde anche all’interesse pubblico, promuovendo la protezione sociale e il welfare, per esempio consentendo ai cittadini di ottenere mutui o indennizzi per i danni fisici subiti senza dover ricorrere a un tribunale18. L’assicurazione può anche stimolare la crescita di numerose attività economiche connesse al mercato delle attività ad alto rischio/alto rendimento19, favorendo la produttività e l’innovazione. Inoltre, come si vedrà nelle pagine che seguono, l’assicurazione può contribuire a modificare i comportamenti individuali, incoraggiando la prevenzione del rischio.

I rischi naturali in Italia

L’Italia è un Paese ricco di attrattive paesaggistiche, ma notoriamente soggetto al rischio di calamità e pericoli naturali. La sua peculiare conformazione peninsulare e montagnosa la rende suscettibile a quasi tutti i tipi di pericoli naturali, primi fra tutti quello sismico e quello idrogeologico. L’insufficienza delle misure di prevenzione del rischio e una storia di espansione urbana incontrollata contribuiscono ad amplificare il rischio e le sue conseguenze. Tra i 28 Paesi membri dell’Unione Europea, l’Italia è quello che ha subito i maggiori danni economici a causa di eventi naturali. Una recente analisi condotta dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha evidenziato che i danni strutturali registrati a partire dal 1980 ammontano a 112 miliardi di euro, ossia a circa un quarto dei danni totali registrati nell’intera Unione dai 28 Paesi membri. Per avere un termine di paragone, si pensi che i danni subiti dalla Francia, con una superficie pari al doppio di quella italiana, sono pari a circa la metà di quelli italiani. Il Bel Paese detiene anche un altro primato: in nessun altro Stato dell’Unione Europea la percentuale di catastrofi di dimensioni medio-grandi (con danni superiori a un miliardo di euro) è pari a quella italiana, come dimostra il fatto che circa il 90% di tutti i danni registrati a partire dal 1980 è stato causato proprio dai disastri di quelle dimensioni.

Il danno medio annuo (~ 3,3 miliardi di euro) equivale a tre quarti del prodotto interno lordo della regione Valle D’Aosta, ovvero al 2% del PIL generato da una delle più ricche regioni italiane, l’Emilia-Romagna. Per quanto quest’ultima cifra possa apparire contenuta, è da tenere presente che l’ammontare dei danni è caratterizzato da un’elevata variabilità tra un anno e l’altro. I danni più ingenti collegati a un singolo disastro sono stati causati dal sisma dell’Irpinia, che ha investito le regioni Campania e Basilicata nel 1980 provocando danni stimati in 28 miliardi di euro. Il secondo evento in termini di ammontare dei danni, anch’esso di natura geofisica, è stato il terremoto del 2012 in Emilia-Romagna, con 16 miliardi di danni registrati. Al terzo e al quarto posto, rispettivamente, si situano le inondazioni che hanno colpito l’Italia settentrionale nel 2000 e nel 1994. Ognuna di queste calamità naturali ha provocato danni per circa 12 miliardi di euro.

Dal 2002, anno di creazione del Fondo Europeo di Solidarietà, l’Italia ha ricevuto contributi finanziari per 1,32 miliardi (valori al 2014), equivalenti a un terzo di tutte le somme erogate nei suoi tredici anni di esistenza (fino al marzo 2015). Inoltre, i 660 milioni di euro di aiuti che l’Italia ha ricevuto dopo il sisma del 2012 in Emilia-Romagna rappresentano la somma più elevata erogata dal Fondo a tutt’oggi, pari a due terzi del plafond annuale in dotazione quell’anno.

Malgrado l’elevata esposizione al rischio di calamità naturali, la copertura assicurativa resta limitata, fatta eccezione per quanto riguarda i danni da incendio e scoppio, non necessariamente di origine naturale, che costituisce un requisito obbligatorio per la concessione di un mutuo immobiliare. Il sistema dei risarcimenti pubblici in caso di calamità, seppure non si configuri come un vero e proprio obbligo d’indennizzo, rappresenta tuttavia una pratica consolidata nel tempo che impedisce lo sviluppo di un mercato assicurativo privato. Negli ultimi decenni si sono avuti diversi tentativi, sinora infruttuosi, di stimolare l’assicurazione privata e ridurre in tal modo l’onere a carico delle finanze pubbliche, notoriamente in difficoltà. La maggior parte di queste proposte prevede una qualche forma coercitiva di condivisione del rischio e un partenariato pubblico-privato. Per lo più, i sistemi ipotizzati impongono al proprietario di casa di sottoscrivere una polizza contro le calamità o di estendere ai rischi naturali la copertura della polizza in essere. Spesso la medesima proposta è stata presentata con lievissime modifiche nel corso delle numerose legislature che si sono succedute a breve intervallo di tempo, una caratteristica negli anni Novanta del sistema politico italiano.

Le proposte di legge presentate nel corso degli anni

Il primo disegno di legge, presentato in Senato dal Senatore Cesare Golfari, risale al 199320 e suggerisce la creazione di un Fondo Nazionale per la Protezione Civile finanziato mediante l’imposizione di un’aliquota addizionale all’imposta comunale sugli immobili (ICI)21, da suddividersi su quattro capitoli di spesa, destinati rispettivamente al Fondo per gli Interventi di Emergenza (FIE), al Fondo per le Attività Produttive (FAP), al Fondo per le Opere Pubbliche (FOP) e al Fondo per l’Assicurazione dei Beni Privati (FAB). Circa due terzi delle entrate totali di ogni anno, pari a 1,7 miliardi (valori al 2015), erano destinati a finanziare il Fondo per l’Assicurazione dei Beni Privati. La quota restante (circa 800 milioni di euro) era da ripartirsi tra le altre tre voci di bilancio: FIE (400 milioni), FAP e FOP (200 milioni a ciascun fondo). Il Fondo per l’Assicurazione dei Beni Privati e quello per le Attività Produttive sarebbero stati utilizzati per la concessione di prestiti agevolati per la ricostruzione. La copertura assicurativa sugli immobili potenzialmente beneficiari del FAB è obbligatoria per tutti i fabbricati pubblici e privati soggetti all’imposta comunale (ICI).

Il disegno di legge prevedeva la partecipazione obbligatoria di tutte le compagnie di assicurazioni operanti in Italia, riunite in consorzio, le quali si sarebbero suddivise gli obblighi in proporzione alle quote di mercato del ramo danni in portafoglio a ciascuna di esse. Il compito del consorzio si limitava all’assunzione degli obblighi passivi e alla gestione amministrativa. Le amministrazioni comunali (o preferibilmente i Comitati Comunali per la Protezione Civile presieduti dai sindaci), cui sarebbe spettato il compito di dare attuazione alla legge, avrebbero svolto il ruolo d’intermediari autorizzati a stipulare polizze assicurative per conto di tutti i proprietari d’immobili ricadenti nella loro giurisdizione e a incassarne i relativi premi. Sarebbe stato il governo a stabilire i prezzi delle polizze e a classificare le zone a rischio, mentre al Parlamento sarebbero spettati i compiti di vigilanza e controllo sull’intero sistema. Le polizze avrebbero avuto una franchigia pari al 15% del valore assicurato. Una quota del FAB (all’incirca 250 milioni di euro) doveva essere accantonata a titolo di riserva gestita dallo Stato per l’eventualità che il totale dei risarcimenti corrisposti in un anno superasse il limite di 11,4 miliardi di euro, ponendo così in pratica un tetto massimo all’esposizione annuale delle compagnie assicuratrici. Il consorzio degli assicuratori aveva l’obbligo di stipulare riassicurazioni sul mercato internazionale.

Il medesimo disegno di legge è stato presentato nel giugno del 1994 alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Maura Camoirano22 nel corso della legislatura successiva (XII), e riproposto con alcune modifiche nel maggio 1996 durante la XIII legislatura23. La proposta riprende il disegno di legge originario, incluso il valore nominale dell’ICI. Nel frattempo, però, l’alto livello dell’inflazione (5% medio annuo tra il 1993 e il 1996) aveva ridotto del 13% il valore reale dei proventi generati dall’imposta comunale sugli immobili. Uniche modifiche degne di nota sono l’eliminazione della franchigia e la nuova ripartizione dei finanziamenti assegnati al FAB, pari a 1,46 miliardi di euro (ai valori del 2015). Circa 290 milioni di euro sarebbero stati quindi amministrati dal governo per indennizzare danni non eccedenti il 20% del valore assicurato, mentre il resto (1,17 miliardi di euro) doveva essere trasferito al consorzio degli assicuratori. L’esposizione annua massima del consorzio fu ridotta a 9,3 miliardi. I danni a persone e cose eccedenti tale limite anche in questo disegno di legge vanno indennizzati a spese dello Stato.

Nel giugno del 1998, l’Onorevole Francesco Aloisio ha presentato alla Camera un altro disegno di legge24, reiterato a distanza di qualche settimana, con lievi modifiche, dai deputati Maura Camoirano, Maria Rita Lorenzetti e altri, tra cui lo stesso Aloisio25. Queste proposte sono state esaminate insieme a quella presentata dall’Onorevole Claudio Scajola (Forza Italia, partito di centro-destra, all’epoca all’opposizione)26. Nel 2011, il disegno di legge Scajola è stato ripresentato in Senato nell’ambito della XIV legislatura, dal Senatore Luigi Manfredi del partito di centro-destra, membro del governo di coalizione, senza modifiche sostanziali.

I progetti di legge di Aloisio e Camoirano e altri prevedono, esclusivamente per gli edifici residenziali, un’estensione obbligatoria ai danni causati da calamità naturali delle assicurazioni contro incendio e scoppio già in essere. Anziché descrivere in dettaglio il partenariato pubblico-privato, entrambi i disegni di legge si limitano a tracciarne i principi fondamentali, delegando al governo il compito di elaborare un decreto legislativo particolareggiato. L’assicurazione sui fabbricati residenziali rappresenta soltanto uno degli elementi costitutivi di una più vasta riforma incentrata sulla prevenzione delle catastrofi. Parte della riforma consiste nel migliorare la valutazione del rischio, nell’istituire un più efficace coordinamento tra le istituzioni e nel costituire un fondo per la mitigazione del rischio di disastro, da finanziarsi mediante le risorse di bilancio non più necessarie per il risarcimento dei danni. In un primo momento, il fondo sarebbe stato dotato di 700 milioni di euro. Gli edifici situati in zone a elevatissimo rischio, indicate dal governo, sarebbero esentati dall’obbligo di assicurazione e i relativi premi assicurativi corrisposti direttamente dal Fondo. Lo stesso principio valeva per i beni immobili di grande valore culturale e per le famiglie a basso reddito. L’estensione obbligatoria della polizza prevedeva una franchigia del 10%, comunque coperta, in toto o in parte, con fondi pubblici. Le compagnie di assicurazione erano libere di determinare i premi richiesti, tenendo conto dell’indice di rischiosità territoriale determinato dal governo. I contratti di assicurazione usufruivano di un’aliquota IVA ridotta e i premi versati potevano essere detratti dalle imposte sul reddito. Il ruolo dello Stato quale assicuratore di ultima istanza veniva confermato e la quota degli indennizzi corrisposti dalle assicurazioni in un solo anno eccedente i 2,1 miliardi di euro doveva essere risarcita con fondi pubblici.

La proposta di Scajola, così come quella successiva di Manfredi e altri, delegano il governo a istituire un partenariato assicurativo pubblico-privato, consolidando così la prassi del risarcimento pubblico dei danni derivanti da eventi catastrofici, inclusi quelli subiti dal contenuto dei fabbricati stessi, in misura proporzionale al livello di reddito del nucleo familiare.

Gli stessi governi, appartenenti a entrambi gli schieramenti politici, hanno tentato di introdurre l’obbligo di copertura assicurativa, negli anni 1998, 2003, 2005 e 2012. Generalmente questi tentativi prevedevano un’estensione obbligatoria delle polizze contro i danni da incendio e scoppio, analogamente a quanto proposto da Francesco Aloisio, Maura Camoirano e altri. Il disegno di legge presentato da Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca ministro del Tesoro27 e poi eletto, nello stesso anno, Presidente della Repubblica, comprendeva, tra le altre cose, anche il risarcimento dei danni non assicurati, limitatamente al 30-60% del danno subito, salvo che per le famiglie a basso reddito, i cui danni sarebbero interamente indennizzabili, l’istituzione di un fondo di garanzia e la cooperazione tra le diverse compagnie di assicurazione.

L’Autorità Italiana Garante della Concorrenza e del Mercato ha formulato due pareri negativi in merito al progetto del governo, rispettivamente nel 1999 e nel 2003. L’Autorità ha espresso alcune riserve rispetto al Piano, sottolineando che l’estensione obbligatoria delle polizze contro i danni da incendio causerebbe un’inutile distorsione della concorrenza, in primo luogo incoraggiando indebiti accordi tra le imprese di assicurazione e in secondo luogo abbinando due prodotti di cui soltanto uno necessita dell’intervento pubblico. Il timore dell’Autorità è che il mercato delle assicurazioni incendio subirebbe l’influenza di una selezione a monte: soltanto coloro che sceglierebbero volontariamente di stipulare una polizza incendio e scoppio sarebbero obbligati a sottoscrivere anche un’assicurazione contro i danni da calamità naturali, indipendentemente dal livello di rischio cui sono esposte le loro proprietà. Inoltre, la regolazione dei prezzi del secondo segmento del mercato assicurativo potrebbe fare aumentare i prezzi del primo. Per di più, l’assegnazione di polizze contro i danni da calamità naturali regolamentate e sovvenzionate potrebbe condurre ad accordi anticoncorrenziali ingiustificati tra le assicurazioni, compromettendo in tal modo l’efficacia del piano stesso. L’Autorità ha fatto notare che una certa collaborazione tra gli assicuratori si renderebbe necessaria per garantire un’adeguata valutazione del rischio e per raggiungere la massa critica richiesta per attingere al mercato delle riassicurazioni e tutelarsi contro richieste d’indennizzo che comportino oneri eccessiva- mente gravosi. Tuttavia tale collaborazione dovrebbe essere limitata, al fine di ridurre al minimo possibili distorsioni del mercato. L’Autorità sottolineava anche che l’ipotizzato trasferimento del rischio sui mercati concorrenziali appariva in contrasto con il principio di solidarietà implicito nella previsione di polizze sovvenzionate o sponsorizzate per le famiglie a basso reddito. Infatti, laddove il primo obiettivo esige che vengano evitate distorsioni della concorrenza, il secondo risulta più facilmente conseguibile al di fuori dei meccanismi di mercato, idealmente ricorrendo alla fiscalità generale.

Proposte di legge presentate durante la legislatura corrente

Le più recenti proposte di legge all’esame del Parlamento italiano nell’ambito della XVII legislatura, sono quelle presentate dall’Onorevole Giulio Cesare Sottanelli28 e dal Senatore Enzo Fasano29. La prima è stata presentata alla Camera dei Deputati e la seconda al Senato.

Il disegno di legge dell’Onorevole Sottanelli è in linea con i disegni precedenti, ma è più articolato dal punto di vista della stratificazione del rischio, senza però quantificare le soglie tra i vari livelli di trasferimento dello stesso. Sostengono la proposta l’Associazione degli assicuratori italiani, l’Associazione Bancaria Italiana30, la Banca d’Italia, e l’associazione dei proprietari immobiliari. In base a questo disegno di legge, la copertura assicurativa, obbligatoria per tutti gli edifici residenziali, è soggetta a un sistema di prezzi unificato, calcolato in base ai costi medi di costruzione, diversificati a seconda della categoria del fabbricato. I proprietari possono optare per diversi livelli di indennizzo, ma il sistema prevede una franchigia, non quantificata, per i danni frequenti di ridotta entità. Tutte le imprese di assicurazioni operanti in Italia dovranno aderire a un consorzio obbligatorio e sono tenute a garantire la copertura assicurativa contro i danni da calamità naturali, quali terremoti, eruzioni vulcaniche, frane, inondazioni, nonché eventi atmosferici, come venti, grandine e neve, di eccezionale intensità. Al secondo livello di copertura del rischio, il consorzio di assicurazione si adopererà al fine di riassicurare sui mercati internazionali parte del rischio assunto. Le richieste d’indennizzo saranno valutate e amministrate da soggetti terzi, appositamente designati dal governo. I risarcimenti saranno subordinati alla dichiarazione dello Stato di Emergenza da parte del governo o del Dipartimento della Protezione Civile.

Il terzo livello di copertura del rischio comprende l’acquisto obbligatorio di cat-bond o bond catastrofali da parte di tutti gli istituti bancari operanti in Italia. Infine, il sistema prevede un limite di esposizione massimo (backstop) per i danni eccedenti la capacità di copertura dei tre livelli precedenti.

Le proposte del Senatore Fasano si differenziano da tutti i precedenti disegni di legge nella misura in cui non soltanto impongono una copertura assicurativa obbligatoria per tutti gli edifici pubblici e privati, ma prevedono anche che i proventi che ne derivano siano impiegati per mettere in sicurezza gli edifici stessi. La proposta di Fasano quantifica l’ammontare del premio assicurativo medio in 100 euro annui. Tale importo sarà raddoppiato e le risorse aggiuntive versate in un Fondo Nazionale per la Sicurezza e l’Efficienza Energetica degli edifici, destinato a finanziare gli interventi di prevenzione e mitigazione del rischio e migliorare l’efficienza energetica dei fabbricati.

Discussione e conclusioni

Dalla rassegna delle proposte legislative delle pagine precedenti si evince che la questione della determinazione attuariale dei prezzi delle coperture assicurative non è mai stata affrontata in una prospettiva di breve termine e tantomeno di lungo termine. Tutte le proposte di legge descritte partono dal presupposto che il meccanismo attuariale non sia realizzabile o non sia equo sotto il profilo sociale. A tutt’oggi sono rari, se non del tutto assenti, dibattiti o consultazioni pubbliche che aiutino a definire quali debbano essere i principi di solidarietà su cui dovrebbe fondarsi il partenariato assicurativo pubblico-privato. Si tratta di una questione rilevante, dato che l’attuale livello di esposizione al rischio è, quanto meno in una certa misura, il risultato di decenni di pratiche insostenibili di gestione e pianificazione del territorio, tanto da potersi affermare che nell’attuale situazione la responsabilità collettiva prevalga sulla responsabilità individuale e sulle scelte incuranti del rischio.

È pratica consolidata fare affidamento sulla fiscalità generale, i cui proventi derivano prevalentemente dalle imposte sul reddito. Il regime risarcitorio incarna una forma di solidarietà, indipendentemente dal livello di esposizione al rischio o dalle misure di mitigazione adottate per limitare i possibili danni. Le diverse proposte legislative sin qui descritte suggeriscono un atteggiamento critico nei confronti di edifici costruiti in zone ad alto rischio, privi di licenza edilizia o condonati. Nel caso di una stipula obbligatoria di un contratto assicurativo o di un’estensione obbligatoria delle polizze esistenti, viene a cadere il principio di solidarietà nei confronti di chi non possiede una copertura assicurativa.

La natura tripartita del sistema di obblighi proposto da Sottanelli, che costringe i proprietari delle abitazioni a munirsi di una copertura assicurativa, gli assicuratori ad aderire al consorzio e gli istituti di credito ad acquistare bond catastrofali, contrasta con le regole di un libero mercato interno, disincentiva comportamenti individuali consapevoli e fa leva esclusivamente sul principio di solidarietà, rinnegando quello della responsabilità del rischio individuale o collettiva. In altre parole, il regime proposto, anziché porre fine al paternalismo di Stato, si limita a modificarne la forma. Fino a oggi il principio dell’indennizzo dei danni causati dalle calamità, privo di esecutività, si basava su fondi pubblici e dunque gravava su tutti i contribuenti. Nel nuovo regime l’onere è trasferito sui proprietari delle abitazioni, ma sostanzialmente non cambia, dato che i premi assicurativi sono detraibili dalle imposte sul reddito e i danni eccedenti la capacità di copertura del sistema sono a carico dello Stato.

La sottoscrizione obbligatoria di polizze assicurative si configura, in base alla normativa sugli aiuti di Stato, come una forma di risorsa pubblica, non diversa da un’imposta, e lo stesso dicasi per gli sgravi e i rimborsi fiscali. Le imprese di assicurazione beneficiano di quest’aiuto di Stato, ma dato che tutte, senza eccezioni, fanno parte del consorzio che amministra il sistema, non sussiste il problema del trattamento preferenziale selettivo. I nuovi assicuratori che volessero entrare nel mercato italiano dovranno aderire al consorzio, il che significa che si dovrà operare una nuova ripartizione delle quote. Questo potrebbe comportare elevati costi di transazione per il regime proposto. Tra l’altro, è possibile che l’acquisto obbligatorio dei cat-bond venga ritenuto anch’esso una forma di aiuto di Stato.

I premi assicurativi, calmierati e determinati unicamente in base alla tipologia del fabbricato e alla scelta del livello di copertura desiderato, non incoraggiano comportamenti individuali che riducono il rischio. Al contrario, l’abitabilità delle zone ad alto rischio sarà in pratica sovvenzionata da coloro che hanno acquistato polizze in zone a rischio basso. La conseguenza sarà che le pratiche di sviluppo insostenibili e incuranti del rischio tipiche del passato saranno premiate, anziché essere penalizzate in quanto fondate su scelte sbagliate.

Infine, il regime ipotizzato non tiene nel debito conto le possibili variazioni della magnitudo del rischio causate da eventi atmosferici e climatici estremi, indotti da mutamenti sociali e ambientali, quali il cambiamento climatico, l’impermeabilizzazione dei suoli (soil sealing), i cambiamenti di destinazione d’uso dei territori e le trasformazioni demografiche. Tutti questi fattori potrebbero portare a un rilevante aumento del danno medio annuo nel periodo medio-lungo, che si tradurrebbe in premi più elevati a carico di tutti i proprietari di immobili o in un più frequente trasferimento del rischio al terzo o al quarto livello di copertura.

Una riforma costruttiva dovrebbe partire da una visione di lungo termine, fondata su un dibattito pubblico. Una visione del genere dovrebbe definire un livello di solidarietà che non inibisca i comportamenti individuali di mitigazione del rischio. Anche se un regime dei prezzi attuariali di polizze assicurative non è né socialmente equo né fattibile nel breve termine, ciò non significa che non si debba puntare a realizzarlo nel medio-lungo periodo. Una transizione graduale verso un nuovo sistema assicurativo che vada a regime in un periodo di trenta o più anni potrebbe inviare al mercato immobiliare un segnale positivo. Il rischio e l’onere finanziario dovrebbero essere egualmente ripartiti tra soggetti pubblici e privati che aderiscono volontariamente a una qualche forma di partenariato, quest’ultimo basato su un solido meccanismo di valutazione del rischio, che consenta a ogni proprietario o locatario di accedere facilmente ai dati sul livello di esposizione al rischio dell’immobile di proprietà o in locazione.


Fonte/Testo originale: Jaroslav Mysiak, Dionisio Perez Blanco ‘Rischio Assicurato’ – pubblicato su Equilibri, Fascicolo 2, dicembre 2017, Il Mulino.

Note

  1. UNISDR, Making Development Sustainable: The Future of Disaster Risk Management. Global Assessment Report on Disaster Risk Reduction, Ginevra, United Nations Office for Disaster Risk Reduction (UNISDR), 2015.
  2. World Bank, Risk and Opportunity. Managing Risk for Development, 2013.
  3. IPCC, Summary for Policymakers Special Report on Managing the Risk of Extreme Events and Disasters to Advance Climate Change Adaptation (SREX), Ginevra, Intergovernmental Panel on Climate Change, 2012.
  4. IPCC, IPCC Fifth Assessment Report (AR5), Ginevra, Intergovernmental Panel on Climate Change, 2014.
  5. United Nations, Transforming Our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development. Resolution Adopted by the UN General Assembly on 25 September 2015, 2015.
  6. G.S. van der Vegt, P. Essens, M. Wahlström e G. George, Managing Risk and Resilience, in «Academy of Management Journal», vol. 58, n. 4, 2015, pp. 971-980.
  7. United Nations, Transforming Our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development, cit.
  8. Standard & Poor Rating Services, The Heat Is On: How Climate Change Can Impact Sovereign Ratings (Report), RatingsDirect, Standard & Poor Financial Services, 2015.
  9. R. Mechler, L.M. Bouwer, J. Linnerooth-Bayer, S. Hochrainer-Stigler, J.C.J.H. Aerts, S. Surminski e K. Williges, Commentary: Managing Unnatural Disaster Risk from Climate Extremes, in «Nature Climate Change», n. 4, 2014, pp. 235-237.
  10. OECD, Disaster Risk Financing. A Global Survey of Practices and Challenges, Parigi, OECD Publishing, 2015; World Bank, Financial Protection against Natural Disasters an Operational Framework for Disaster Risk Financing and Insurance, 2014.
  11. D.J. Cummins e O. Mahul, Catastrophe Risk Financing in Developing Countries, 2009.
  12. World Bank, Disaster Risks to Strengthen Financial Resilience a Special Joint G20. Publication by the Government of Mexico and the World Bank, 2012.
  13. World Bank, Disaster Risks to Strengthen Financial Resilience…, cit.
  14. H.C. Kunreuther e E.O. Michel-Kerjant, Climate Change, Insurability of Large-Scale Disasters, and the Emerging Liability Challenge, in «University of Pennsylvania Law Review», vol. 155, n. 6, 2007, pp. 1795-1842.
  15. A. Charpentier, Insurability of Climate Risks, in «Geneva Papers Risk and Insurance», vol. 33, n. 1, 2008, pp. 91-109 (doi: 10.1057/palgrave.gpp.2510155); R. Jemli, N. Chtourou e R. Feki, Insurability Challenges under Uncertainty: An Attempt to Use the Artificial Neural Network for the Prediction of Losses from Natural Disasters, in «Panoeconomicus», vol. 57, n. 1, 2010, pp. 43-60; A. Louaas e A. Goussebaile, Insurability of Low-Probability Risks, Working Paper, Parigi, AFSE, 2016.
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  17. H. Kunreuther, E. Michel-Kerjan e N. Ranger, Insuring Climate Catastrophes in Florida: An Analysis of Insurance Pricing and Capacity under Various Scenarios of Climate Change and Adaptation Measures, Center for Climate Change Economics, paper n. 60, 2011 [Working Paper # 2011-07, 2011].
  18. S. Talesh, Insurance Law as Public Interest Law, in «UC Irvine Law Review», n. 2, 2012, pp. 985-1009.
  19. E. Grant, The Social and Economic Value of Insurance, Ginevra, A Geneva Association Paper, 2012.
  20. Golfari, Andreini, Cutrera, Montresori, Giunta, Martelli, Specchia, Tabladini, Leoni, D’Amelio, Inzerillo, Zamberletti, Pierri, Fontana, Albino, Giovanniello, Donato e Bernassola, Delega al Governo per l’emanazione di disposizioni generali in materia di interventi conseguenti a danni provocati da calamità naturali, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati,1993.
  21. L’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) è stata istituita nel 1992 e sostituita nel 2012 dall’Imposta Municipale Unica (IMU).
  22. Camoirano, Lorenzetti, Bargone, Vigni, Calzolaio, De Simone, Gerardini, Zagatti e Soruiero, Proposta di Legge, n. 80, Delega al Governo per l’emanazione di disposizioni in materia di interventi conseguenti a danni provocati da calamità naturali, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 1994.
  23. Camoirano e Lorenzetti, Proposta di Legge, n. 235, Delega al Governo per l’emanazione di norme in materia di interventi conseguenti a danni provocati da calamità naturali, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 1996.
  24. Aloisio, Proposta di Legge, n. 4966, Delega al Governo per l’emanazione di norme in materia di difesa delle calamità naturali. Disposizioni concernenti l’obbligo di assicurazione contro i rischi derivanti da calamità naturali, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 1998.
  25. Camoirano, Lorenzetti, Vigni, Simone, Gerardini, Zagatti, Aloisio, Labate, Batolich e Rizza, Proposta di Legge, n. 5018, Delega al Governo per l’emanazione di norme in materia di difesa delle calamità naturali. Disposizioni concernenti l’obbligo di assicurazione contro i rischi derivanti da calamità naturali, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 1998.
  26. Scajola, Dell’Elce, Berruti, Armosino, Crimi e Cicu, Proposta di Legge, n. 6469, Legge quadro in materia di interventi per il ristoro dei danni e la ricostruzione a seguito di calamità o catastrofi, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 1999.
  27. Ciampi, Treu, Bassanini e Costa, Disegno di legge approvato dal Senato della Repubblica l’11 marzo 1999 (v. stampato Senato n. 3593). Misure in materia di investimenti, Delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL e l’ENPALS, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 1999.
  28. Sottanelli, Causin, Cimmino, Fauttilli, Fitzgerald-Nissoli, Gigli, Matarrese e Rabino, Proposta di Legge, n. 1774, Istituzione del Sistema nazionale per la copertura dei danni da calamità naturali, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 2013.
  29. Fasano, Cardiello e Esposito, Disegno di legge d’iniziativa dei senatori Fasano, Cardiello e Giuseppe Esposito comunicato alla presidenza il 26 giugno 2013 Istituzione di un’assicurazione obbligatoria contro i rischi derivanti da calamità naturali, nonché di un Fondo per la sicurezza, Roma, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, 2013.
  30. ANIA, Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici; ABI, Associazione Bancaria Italiana.
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