Il ruolo dei cittadini nella lotta al cambiamento climatico

Verso politiche olistiche orientate al cittadino, per rispondere al cambiamento climatico con una transizione culturale e sociale che non lasci nessuno indietro.

Autore

Chiara Boeri

Data

11 Luglio 2023

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5' di lettura

DATA

11 Luglio 2023

ARGOMENTO

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L’influenza del cambiamento climatico nella nostra vita quotidiana è ormai assodata, ma quale potenziale ha il singolo individuo per invertire la rotta o quantomeno attenuarla? E soprattutto, perché la direzione ad oggi seguita non è quella ottimale? 

La risposta alla seconda domanda si palesa nel nostro quotidiano, dai sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi – come esondazioni e violenti temporali – alla perdita di biodiversità del suolo e desertificazione, solo per menzionarne alcuni. Inoltre, al di là delle conseguenze naturali, gli effetti avversi del cambiamento climatico riguardano anche la sfera sociale e industriale, aumentando la mortalità da freddo e calore, modificando i flussi migratori e alterando l’equilibrio domanda-offerta nel settore energetico ed agrario. 

In questo contesto, la consapevolezza che ognuno di noi possa contribuire alla salvaguardia del pianeta permette di vedere il bicchiere mezzo pieno. Spesso, infatti, ci sentiamo impotenti di fronte a fenomeni naturali al di là del nostro controllo e, nonostante siamo consapevoli dell’urgenza del problema, tendiamo a rimanere in attesa che le ripercussioni negative impattino il nostro quotidiano, delegando la responsabilità di agire alle grandi realtà produttive. Invece, con un approccio proattivo, goccia dopo goccia, si può generare un impatto positivo sul pianeta e sulle nostre stesse esistenze. 

Questo atteggiamento è quello che dovrebbe orientare anche il policy making, che tuttavia negli ultimi decenni ha per lo più adottato politiche top-down, intervenendo principalmente sul lato dell’offerta, imponendo limiti alle emissioni sulla base di parametri quantitativi spesso non condivisi a livello internazionale. Così, i destinatari ultimi degli effetti del cambiamento climatico – i cittadini – sono spesso stati esclusi sia dal processo decisionale che dall’implementazione delle politiche ambientali stesse, sentendosi poco partecipi e responsabili.

Tra le politiche più importanti sul tema ambientale spicca l’Accordo di Parigi, che dal 2015 impegna i membri della UNFCCC a presentare su base quinquennale i Contributi Determinati a Livello Nazionale (NDC), indicando le azioni da intraprendere per limitare le emissioni di gas climalteranti e rispettare i limiti stabiliti dall’Accordo stesso, che si prefigge di «mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali» e proseguire gli sforzi «per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali1».

Tuttavia, le misure pubblicate dai Paesi Membri si concentrano principalmente sul settore industriale e non prevedono consigli di ampia portata che ogni cittadino possa mettere in atto. Inoltre, la scelta delle metriche adottate per definire le policy – tra cui la più diffusa è il Global Warming Potential (GWPs) – si basa sull’impatto dei gas in termini di emissioni e favorisce l’inserimento di policy indirizzate all’industria, che quantitativamente ha un impatto maggiore nella mitigazione delle emissioni. Così il singolo cittadino diventa spettatore delle azioni virtuose attuate dalle realtà produttive; ma il percorso finora seguito, è veramente quello giusto? 

In un mondo sempre più attento a tematiche come il citizen’s engagement, è giunto il momento di includere le azioni individuali nelle politiche di riduzione delle emissioni. Ma come possiamo cambiare paradigma in una società che ancora si basa su convinzioni obsolete sulle best practice nelle politiche ambientali? Incentivare il dialogo e adottare un approccio di governance multilivello e condivisa sono solo alcuni degli strumenti per passare a politiche citizen-centred

L’efficacia di questa nuova traiettoria trova conferma nella ricerca condotta dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), che in un Policy Brief2 ha sottolineato l’importanza di rafforzare le relazioni tra governi e società civile. Questo approccio contribuisce infatti ad aumentare la fiducia dei cittadini e favorisce la trasparenza.

Ad oggi solo pochi paesi dispongono di politiche a sostegno di approcci nuovi e flessibili per garantire un grado maggiore di partecipazione attiva dei cittadini al processo decisionale, ma alcuni progetti – come CAMPAIGNers3, finanziato dalla Commissione Europea – si propongono di studiare come integrare consigli sullo stile di vita sostenibile nelle strategie climatiche europee ed a livello globale, col fine di dare avvio ad un’era basata su policy più olistiche ed inclusive.

Questa tematica è particolarmente urgente sia nelle economie più sviluppate – come quelle europee, dove si stima che l’1% più ricco della popolazione mondiale sia responsabile del 15% delle emissioni – sia nei paesi in rapida crescita, dove gli individui tendono a adottare stili di vita più carbon intensive, come vivere in appartamenti più ampi – e dunque utilizzare più riscaldamento domestico – e preferire il trasporto privato rispetto a quello pubblico, più sostenibile.

I settori in cui poter agire spaziano dal trasporto alla dieta, fino al consumo domestico. Basterebbero piccoli gesti come abbassare di un grado il termostato, ridurre il consumo di proteine animali o preferire una camminata al posto dell’auto privata almeno per brevi tragitti per avere un impatto significativo e positivo sul pianeta.

Ma perché sembra così difficile cambiare? Una risposta risiede nel fatto che la popolazione, in media, non consideri il riscaldamento globale come una preoccupazione primaria rispetto ad altri rischi sociali, personali ed ambientali4, e così – non percependone la priorità – non ha incentivo a impegnarsi e adottare uno stile di vita a emissioni zero. Secondo alcuni psicologi, questo è frutto di una ‘trappola cognitiva’ che il nostro cervello mette in atto per evitare di allarmarci ove non ci sia un pericolo attuale per la nostra incolumità: eppure, a dirla tutta, le ripercussioni le viviamo ogni giorno, dallo smog urbano ai raccolti alterati da siccità e fenomeni climatici avversi.

Il passaggio da un approccio individualista-passivo ad uno altruista ed attivo favorirebbe, tra l’altro, il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sanciti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: non solo si osserverebbe un miglioramento nell’SDG 17, Partnership for the Goals, che si propone di rafforzare collaborazioni inclusive, basate su principi e valori condivisi che mettano al centro i cittadini ed il pianeta, ma anche il Goal 12 sul Consumo e Produzione Responsabili godrebbe di ripercussioni positive, grazie alla diffusione di una cultura basata sull’economia circolare e condivisa. 

La transizione da perseguire non è dunque unicamente quella energetica, ma anche quella culturale e sociale, essenziali per avanzare nella just transition, un concetto coniato negli anni ‘80 oggi usato per intendere un cambio di rotta equo ed inclusivo, che non lasci nessuno indietro e coinvolga tutti. Evidentemente si tratta di un processo incrementale, perseguibile nel tempo dalla collaborazione tra pubblico e privato in ottica di co-creazione, per rendere il singolo parte attiva del cambiamento. 

Parola d’ordine: educazione, responsabilità ed etica sociale. 

Motori spenti, spiriti accesi: pronti… partenza… via! 

Note

  1. UNFCCC, The Paris Agreement, https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement#:~:text=The%20Paris%20Agreement%20works%20on,nationally%20determined%20contributions%20(NDCs).
  2. OECD, Engaging Citizens in Policy-making: Information, Consultation and Public Participation, luglio 2001 https://www.sigmaweb.org/publicationsdocuments/35063274.pdf
  3. CAMPAIGNers Grant agreement, https://cordis.europa.eu/project/id/101003815
  4. R.J. Bord, In what sense does the public need to understand global climate change? Public Understanding of Science, 2000, pp. 205-218
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