Sui limiti della modernità – parte 1

La celebre prospettiva fiorentina è il prototipo moderno dell’organizzazione spaziale della realtà, logorata dall’avvento della rete.

limiti modernità-Fra' Mauro mappa

Autore

Franco Farinelli

Data

5 Settembre 2022

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6' di lettura

DATA

5 Settembre 2022

ARGOMENTO

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Nel Novum Organum di Francis Bacon, all’inizio del Seicento, la conoscenza scientifica origina dalla riduzione dei fenomeni ad una serie di ‘Tavole’, e culmina nell’atto della ‘Vendemmia’, nel raccolto da parte dell’intelletto di quanto, per nulla sfuggente, in tale processo è venuto a maturare. Ciò accade perché le tavole sono «il talamo per le nozze della mente con l’universo», in grado di guidare la sposa «così che tutto proceda quasi meccanicamente». Il che è possibile perché le tavole assicurano la coordinazione delle istanze «in modo tale che l’intelletto possa agire su di esse», conducendo quest’ultimo nella costruzione degli assiomi che da solo esso sarebbe incapace di creare.

Ne deriva che è proprio la Tavola il luogo d’insorgenza «dell’induzione legittima e vera, che è la chiave stessa dell’interpretazione della natura». In altri termini: la tavola, cioè la mappa, è la matrice della forma, e per Bacone «a forma di una cosa è la cosa in sé stessa». Così quando Heidegger proclamerà il moderno «l’epoca dell’immagine del mondo», si limiterà a ribadire l’assunto baconiano. E la stessa induzione cui Bacone si riferisce è di natura euclidea, essendo questione di continuità, di gradazione, di ‘giusta scala’. In sintesi: l’intuizione che Bacone mette a capo del lavoro scientifico si fonda sulla trasmissione al lavoro mentale delle proprietà della Tavola.

In tal modo la mensula, la piccola mente cioè la tavoletta, funziona come modello della mens, e attraverso questa l’ordine della prima diventa l’ordine del mondo. Come già anticipato dal Cusano all’inizio della seconda metà del Quattrocento ne Il gioco della palla: «La mente è ciò da cui tutte le cose traggono termine e misura. Penso che la mente si chiami così dal misurare».

Ma che cos’era una mappa al tempo del Cusano? Alla fine del Settecento risponderà, senza averne intenzione, Novalis, che aveva ancora sotto gli occhi (e nella mente) un mappamondo medievale, di quelli che ornavano le mura interne delle cattedrali o i libri di preghiera, dove Cristo e la Terra formavano un unico corpo. E perciò l’Europa, «ampio regno spirituale», assumeva per Novalis la forma di un «continente di forma umana», appunto nel senso della coincidenza dei lineamenti del nostro pianeta con le membra del Redentore: accanto alla cui testa era collocato il Paradiso, e i cui arti superiori e inferiori si bagnavano nell’anello oceanico che racchiudeva e limitava l’intera figura, come  ancora oggi può vedersi ad esempio in quel che resta  in foto del  mappamondo di Ebstorf, dipinto tra il 1235 e il 1240.

Figura 1. Mappamondo di Ebstorf

Al suo interno presente, passato e futuro non si distinguono l’uno dall’altro, così come dal saeculum, cioè dal mondo in senso storico non si distingue il mundus, il mondo in senso geografico: non soltanto le dimensioni temporali appaiono sulla mappa indissolubilmente intrecciate tra loro in funzione del progetto divino di salvezza dell’umanità, ma ogni metrica è assente dalla rappresentazione.

La somma e l’accumulazione dei segni convivono con il racconto, nel senso che le informazioni riportate sono di natura narrativa, non semplicemente additiva. Il singolo ambito coincide con l’evento, e il mondo è, proprio come per il Wittgenstein del Tractatus, la ‘totalità dei fatti’, concepiti in funzione della visione cristiana come un’estensione continua dal punto di vista fisico, omogenea, isotropica perché centrata su Gerusalemme, il teatro della vita del Signore. Ma che non ha ancora nulla di spaziale. Proprio come il mondo di Marco Polo, che non ha nulla di esclusivamente cristiano (è cioè eterogeneo dal punto di vista culturale e anisotropico perché pluricentrico) ma dove la distanza tra un luogo e l’altro viene ancora calcolata in termini temporali vale a dire in giornate di cammino, senza nessun riferimento ad astratte unità lineari.

Il Medioevo termina esattamente nel 1450, con la mappa concepita e realizzata nel cuore della laguna veneziana dal camaldolese Fra’ Mauro, la prima a non recare al proprio interno l’immagine del Paradiso, che pure viene ancora rappresentato a parte, al di fuori dei limiti del mondo.

Figura 2. Dettaglio della mappa di Fra’ Mauro

L’innovazione è decisiva, perché l’espulsione trasforma per la prima volta la faccia della Terra in un ambito non soltanto continuo ma anche omogeneo perché dotato di un’unica natura, ontologicamente lo stesso in ogni suo punto. È il compimento e l’estensione dell’operazione compiuta a Firenze qualche anno prima dal Brunelleschi con l’invenzione della prospettiva lineare moderna, estensione che esplicita il senso del nuovo dispositivo fiorentino: la superficie terrestre è fatta tutta della stessa sostanza, perciò passibile della stessa misura, e per spostarsi basta l’occhio, non è più necessario il corpo intero.

È per tal via che nasce lo spazio moderno, l’ambito regolato dalla misura metrica lineare standard, di cui il brunelleschiano portico dello Spedale degli Innocenti è il primo esempio, destinato a replicarsi rapidamente in tutto il mondo. Basti pensare che senza l’avvento di tale modello spaziale, cioè senza la riduzione del mondo a tempo di percorrenza e del suo funzionamento alla velocità, la nascita dello Stato moderno sarebbe stata inconcepibile. Il che equivale a dire che lo Stato territoriale centralizzato moderno è la copia di una mappa, perché il portico del Brunelleschi, la più grande delle invenzioni fiorentine, è il prototipo moderno dell’organizzazione tabulare e metrica (in una parola: spaziale) della realtà. Nel senso che ne determina l’intero assetto, a partire non soltanto delle relazioni tra le cose, ma dalla concezione delle cose stesse tra cui si stabiliscono le relazioni. Si tratta esattamente dell’assetto che da oltre mezzo secolo a questa parte l’avvento della Rete ha messo in crisi.

Soggetto e oggetto, per esempio, oppure causa ed effetto sono distinzioni impossibili senza il ricorso al modello spaziale. Esse presuppongono l’esistenza di un intervallo tra i membri della coppia (spaziale nel primo caso, temporale nel secondo) che soltanto la struttura dello spazio è in grado di garantire. E soggetto e oggetto sono allo stesso tempo le categorie più messe in crisi, oggi, dall’avvento del regime telematico del funzionamento del mondo, proprio a motivo del fatto che quest’ultimo dipende in maniera sempre minore dallo spazio che è allo stesso tempo il presupposto e la conseguenza del contrasto tra le categorie in questione.

Si tratta di categorie letteralmente nate, nella loro opposizione binaria, sotto il portico, secondo il modulo: soggetto—intervallo metricamente disposto cioè spazio—oggetto. È l’interposizione di un intervallo quantitativamente calcolato, appunto lo spazio, a garantire la possibilità di separare in modo stabile e sistematico l’oggetto dal soggetto, con una mossa fino ad allora inconcepibile e inaudita, da cui trae origine l’intera epoca moderna. L’idea che abbiamo oggi del futuro nasce proprio in seguito a tale mossa, con cui il mondo diventa una figura e l’essere umano un individuo anzi un soggetto, si stabilisce cioè la soggezione dell’uomo a un’immagine quantitativa, cioè spaziale, del mondo. In forza dell’imposizione di tal modello spazial-geometrico, il soggetto assume la natura di quell’oggetto da cui per la prima volta risulta così nettamente separato e irremovibilmente discosto.

L’immobilità, cioè la staticità del soggetto, è la condizione essenziale per la messa in atto del trucco prospettico: la visione delle rette parallele del pavimento che all’infinito, in corrispondenza cioè del punto di fuga, si toccano. Ed è da tale trucco, da tale illusionistico marchingegno che trae origine la costruzione dello Stato moderno, nasce il Leviatano di Hobbes.

A distanza di un secolo, con il toscano Galilei, l’intervallo, non più spaziale ma temporale, diventa essenziale per la costruzione della scienza moderna, per la messa a punto del modello di spiegazione fondato sul rapporto tra causa ed effetto. La questione dei ‘flussi e riflussi’ dei moti di marea, al cuore della riflessione sui ‘massimi sistemi’, ne è la prova evidente. Per Galileo non si tratta soltanto di rifiutare ogni connessione tra maree e attrazione della Luna come residuo della concezione magico-astrologica della realtà, della credenza circa la dipendenza dei fenomeni terrestri dalle influenze astrali. Tale intenzione esiste, ma non è la decisiva.

Ancora più importante è la costruzione dello schema generale di ogni possibilità esplicativa, che proprio nel differimento dell’effetto rispetto alla causa trova la propria fondazione. Ecco perché a proposito dell’oscillazione del pelo dell’acqua marina Galileo inventa la barocca teoria della dipendenza del fenomeno dall’alterazione della velocità assoluta del moto della Terra, che nella sua rotazione si comporrebbe con il moto orbitale per metà del giorno, e per l’altra metà andrebbe in senso opposto.

Proprio tale discrepanza sarebbe all’origine della ritmica variazione del livello dell’acqua del mare. Ma la vera questione è in realtà un’altra, non riguarda i rapporti tra le cose ma la maniera in cui li concepiamo.

Come è possibile distinguere la causa dall’effetto se ambedue si manifestano nello stesso tempo secondo quel che la teoria dell’attrazione lunare prescrive nel caso della marea? Negando espressamente la teoria che oggi riteniamo scientifica circa l’oscillazione sistematica del livello del mare, Galileo ha evidentemente un solo interesse: evitare ogni possibilità di coincidenza, di sovrapposizione tra la causa e l’effetto, in maniera tale che non vi sia nessuna possibilità di confondere l’una con l’altro. Di qui la necessità di un pur minimo scarto tra l’effetto e la causa, traduzione sul piano temporale dell’intervallo metrico con cui un secolo prima a Firenze il soggetto era stato separato dall’oggetto.

Leggi anche >> Sui limiti della modernità (parte 2)

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