Nel famoso videogioco Pacman l’iconico protagonista giallo mangia pallini e frutta scappando da cinque fantasmi che lo inseguono. All’improvviso però, quando Pacman mangia un oggetto particolare, la situazione si ribalta e la preda diventa predatore, capace di ingoiare anche i fantasmi. Gli enzimi sono molecole che in un certo senso ricordano Pacman, in particolare quando sono capaci di degradare altre molecole.
Andiamo con ordine: gli enzimi sono principalmente proteine, che compiono una reazione chimica; o meglio, biochimica, trattandosi di catalizzatori biologici, capaci di accelerare reazioni altrimenti farraginose oppure molto difficili.
Gli enzimi sono molto diversi tra loro e, di fatto, sostengono il metabolismo di tutti gli esseri viventi, anche nelle tue cellule, mentre stai leggendo questo articolo.
Tornando a Pacman, alcuni di questi enzimi sono bravi a rompere legami all’interno delle molecole, liberandone di altre più piccole. Degradano grassi zuccheri, DNA e altre proteine: e, poiché funzionano anche al di fuori delle cellule, li usiamo all’interno dei moderni detersivi, proprio per eliminare diverse tipologie di macchie.
Ecco, è allora possibile eliminare anche uno dei fantasmi che infesta il nostro mondo, ossia l’accumulo di plastica nell’ambiente, grazie a un Pacman proteico speciale?
Sarebbe sbagliato parlare di ‘plastica’, in quanto sarebbe più giusto parlare di ‘plastiche’ in quanto ne esistono tantissimi tipi diversi. Già una bottiglia d’acqua ce ne mostra almeno tre diversi: polietilene tereftalato (PET) per la bottiglia, polietilene ad alta densità (PE) per il tappo e polipropilene (PP) per l’etichetta. Contro le apparenze queste tre plastiche sono molto diverse tra loro dal punto di vista chimico; quindi, non sorprende che servano enzimi diversi. Cercando nella straordinaria biodiversità che ci circonda abbiamo trovato tanti batteri, funghi e persino insetti capaci di degradare varie tipologie di plastiche, evidentemente grazie alla presenta di enzimi che per caso o per pressione selettiva dovuta a tutta la plastica in giro attaccano questi fantasmi plastici.
Spesso leggiamo notizie di un nuovo enzima mangia-plastica, e nella maggior parte dei casi si tratta PET, in quanto nel 2016 è salito alla ribalta il batterio Ideonella sakaiensis 201-F6, isolato da alcuni ricercatori giapponesi nelle acque reflue di un impianto di riciclo della plastica. Questo batterio produce una coppia di enzimi che degrada il PET sino ai suoi mattoncini costituenti. Il batterio assimila poi queste molecole per la propria crescita, facendole sparire. In alternativa, se utilizzassimo solo gli enzimi isolati, senza le cellule, potremmo prendere i monomeri e usarli per rigenerare il PET, ottenendo di fatto un riciclo (bio)chimico. Oppure ancora produrre altre molecole diverse dalla plastica, in un processo chiamato up-cycling.
I tempi sono originariamente abbastanza lunghi, ma grazie alle biotecnologie il processo sta drasticamente accelerando. Cercare nuovi enzimi, imporre evoluzione artificiale o intervenire con l’ingegneria genetica e la biologia sintetica sono gli oggetti speciali che Pacman può mangiare per cambiare atteggiamento e ribellarsi alla plastica. Con la speranza di poter presto cacciare questo fantasma che inquina i nostri mari e suoli, a causa di una cattiva gestione del suo smaltimento. Ora abbiamo una nuova opzione da aggiungere al portfolio di tecnologie disponibili. Essendo ovviamente indietro rispetto a quelle già diffuse saranno necessari investimenti e volontà politica nel puntare sulle biotecnologie come soluzione a questo problema, pur passando dagli OGM, tanto osteggiati nel nostro paese.