Nell’isola delle Vignole, a poco più di dieci minuti di vaporetto dal centro Venezia, vivono una cinquantina di persone che stanno tentando di realizzare un progetto in cui credono e che li ha avvicinati gli uni agli altri: un Parco Pubblico Agro Alimentare con impianto fotovoltaico incentrato su agricoltura naturale, produzione di energia pulita e cura del territorio.
Questa storia si può raccontare utilizzando l’appropriato acronimo, CER, che sta per Comunità Energetiche Rinnovabili, entità delineate dalla direttiva europea REDII del 2018, recepita dallo Stato Italiano nel 2019 e nel 2021. Oppure si può scandire un nome dopo l’altro: Carlo, la cui azienda agricola coltiva da una decina d’anni senza l’utilizzo di pesticidi, presidente dell’associazione del terzo settore VERAS, attorno alla quale si sono organizzati gli abitanti dell’isola. Umbra la vicepresidente, Tonino il tesoriere, Giorgio che di mestiere fa l’ingegnere ambientale, Luigi, docente universitario in pensione. Da più di tre anni investono tempo, energie e buona volontà per realizzare il loro progetto. E da allora fanno i conti con i farraginosi meccanismi della burocrazia, tanto al livello locale quanto a quello nazionale.
«Una sciagura ci ha avvicinati»
Tutto inizia nel novembre del 2019, quando Venezia e le lagune vanno sott’acqua, colpite da un’alluvione. A Venezia un’acqua così alta non si vedeva addirittura dal 1966. Anche le Vignole vengono investite dalla furia degli elementi. «Siamo andati sott’acqua di 80 centimetri, per il nostro territorio è stato l’evento ambientale più drammatico da decenni a questa parte. Eppure, come spesso accade dopo le sciagure, i problemi da risolvere hanno avvicinato noi abitanti dell’isola, allentando l’abitudine radicata di farsi ognuno i fatti propri» racconta Luigi di Prinzio, abitante della zona e segretario dell’associazione VERAS.
«È stato l’innesco di un percorso per costruire un minimo di solidarietà reciproca e di senso di comunità. Abbiamo costituito un comitato composto da tutti gli abitanti dell’isola, per garantirci un livello minimo di servizi e assistenza e affrontare i problemi più pressanti, primo fra tutti la messa in sicurezza idraulica dell’isola, ma anche il danneggiamento dell’infermeria e il ponte divenuto non transitabile. Alla fine del 2020 nasce uno spin off di questo comitato e ci riuniamo continuamente per provare a immaginare il futuro della nostra isola». È questo il periodo in cui gli abitanti delle Vignole iniziano a mettere a fuoco l’idea di realizzare una Comunità Energetica Rinnovabile. Nel 2021 creano la no-profit VERAS, Vignole Energia Rinnovabile e Agricoltura Sana.
Il legame tra agricoltura sana e energia pulita
Nomen omen. Il perno del progetto è infatti il legame tra agricoltura naturale, rigenerazione territoriale e decarbonizzazione. Una formula pienamente coerente con il Green Deal Europeo e che ben rispecchia la storia e la tradizione di questa micro-comunità. Le Vignole è un’isola di 48 ettari con piccole attività agricole organiche, oltre ad alcune attività artigianali nel settore nautico da diporto e per la manutenzione dei canali navigabili lagunari. Ci vivono una ventina di famiglie, distribuite nelle due parti dell’isola, divisa da un canale navigabile dove nei periodi estivi ormeggiano delle houseboat. I residenti lavorano principalmente negli orti e nelle altre attività di servizio, in edifici di proprietà con ampi spazi verdi che le circondano. Quest’isola della Laguna nord presenta uno straordinario patrimonio di biodiversità e il fiore all’occhiello della produzione agricola locale è il carciofo violetto di Sant’Erasmo, che è un Presidio Slow Food. Si sta inoltre ravvivando l’attività nelle vigne, che un secolo fa era piuttosto florida da queste parti.
Logico dunque che in un contesto così profondamente segnato dal legame con un ambiente naturale incontaminato – meno del 2% della superficie dell’isola è occupato da edifici o altre strutture – l’aggregazione degli abitanti abbia portato verso le opportunità più a misura di micro-comunità promosse dall’Europa. L’UE sollecita da tempo gli Stati dell’Unione a sostenere piccole iniziative dal basso come le CER, snellendo le procedure e mettendo a disposizione i relativi fondi. Fondi però che in Italia, senza il decreto attuativo inizialmente previsto per l’estate 2022 ma più volte rimandato, rimangono carta morta, congelando le iniziative di questo tipo. «Già Cingolani aveva annunciato la delibera del decreto attuativo, ma poi lui e il Governo Draghi hanno mollato il colpo. L’esecutivo attuale ha dichiarato di occuparsene, ma al momento nulla è cambiato» spiega Di Prinzio.
Non solo sulla carta
Non per questo gli abitanti delle Vignole sono rimasti con le mani in mano, anzi. Il loro progetto di creazione di un Parco Pubblico Agro Ambientale si è sviluppato tanto sulla carta quanto sul territorio. Il piano è semplice: ripulire un’area dedicata, attrezzarla con piccole strutture in legno, dall’infopoint al baretto, generare un piccolo tessuto economico e produrre energia pulita grazie a una serra fotovoltaica.
«La serra prevista dal progetto è di 20 metri per 20, dunque 400 metri quadrati, il cui tetto sarà coperto di pannelli fotovoltaici, per una capacità complessiva di 100 KW. Abbiamo analizzato le bollette e i consumi degli abitanti e delle attività economiche e fatto delle proiezioni: un simile impianto garantirà una produzione di energia elettrica più che sufficiente a tutti gli abitanti dell’isola, anche convertendo gli impianti di riscaldamento a gas – la voce di spesa e consumo principale – in pompe di calore, alimentate con l’energia prodotta dalla serra fotovoltaica. In questo modo potremo rendere la nostra isola completamente carbon free e avere anzi energia in eccesso, da immettere nella rete e da monetizzare per coprire alcuni dei costi di gestione del Parco».
Dal demanio marittimo 4 ettari in concessione
L’area su cui sorgerà il Parco non è soltanto stata individuata, ma già ottenuta in concessione all’associazione dal demanio marittimo, nel giugno del 2021, proprio con la finalità di creare un Parco con Fotovoltaico. Quattro ettari che versavano in stato di incuria, ripuliti dall’iniziativa e dalla buona volontà degli isolani. «Si tratta di un bosco che era abbandonato da quarant’anni, del tutto impraticabile. Una decina di noi si è allora messo a pulirlo e recuperarlo. Ci abbiamo lavorato ogni sabato, d’estate come d’inverno, per eliminare il fitto strato di rovi continuo di tre metri che lo ricopriva. Abbiamo anche ricevuto in dono un trattorino in disuso, un Fiat 250 bicilindrico 24 cavalli vecchio di una sessantina d’anni, antico ma davvero indistruttibile. Abbiamo comprato una nuova pompa del gasolio e l’abbiamo rimesso in funzione, acquistando anche alcuni accessori, come una trincia per tagliare la ricrescita costante della vegetazione. Altri attrezzi come motoseghe e decespugliatori li abbiamo comprati con il supporto dell’azienda Patagonia, che ha contribuito all’attività con 5 mila euro» racconta Di Prinzio. L’area è così divenuta accessibile a tutti gli abitanti dell’isola.
Questo impegno ha attirato anche l’attenzione dell’amministrazione comunale di Venezia. «All’inizio dal Comune si sono dimostrati molto interessati. Per realizzare il progetto abbiamo bisogno che venga approvata una variante urbanistica per la zona, così abbiamo sviluppato tutti i documenti necessari, come il Business Plan e la Valutazione Ambientale Strategica, supportati da un botanico ambientale accademico socio di VERAS e un agronomo consulente del WWF. La questione era definire l’impatto delle strutture e della serra fotovoltaica sulla popolazione locale di uccelli e la stima ha avuto esito positivo. Abbiamo consegnato i documenti oltre un anno fa, a giugno del 2022. Eppure, nonostante si tratti di una variante urbanistica di scarsa complessità, siamo ancora in attesa della sua delibera».
Scarso interesse per il progetto? Sfiducia nella sua realizzabilità? Non secondo Di Prinzio. «Qui sul nostro territorio è venuto anche l’Assessore all’Urbanistica e la percezione è che ci sia apprezzamento sincero per la nostra piccola iniziativa, che non ha colorazioni politiche ed è animata da uno spirito semplice e genuino di cura del territorio che abitiamo. Ma di fatto i meccanismi amministrativi sono tali per cui i tempi si allungano in modo davvero eccessivo per una micro-operazione come la nostra, che non ha criticità ambientali o costruttive e non prevede alcun tipo di bizzarria architettonica, dato che le strutture in legno da inserire nell’area sono produzioni industriali in legno del tutto ordinarie. Ma senza la formalizzazione amministrativa del Comune non possiamo continuare a sviluppare il progetto». Così come senza l’emanazione del decreto attuativo della direttiva EU, come detto più volte annunciato e rimandato, si complica la realizzazione del business plan sviluppato dalla comunità.
L’importanza del decreto attuativo per lo sviluppo di CERVignole
Già, quanto costa creare il Parco e rendere carbon free l’isola? Al netto del lavoro del lavoro di bonifica e mantenimento dell’area, già condotto dagli abitanti, «da business plan la realizzazione completa dell’intero progetto ha un costo stimato di 700 mila euro, da investire nel corso di 5 anni. Nella ideazione del progetto siamo partiti dal tema delle Comunità Energetiche Rinnovabili anche perché prevedono un consistente finanziamento alla produzione di energia pulita, specie per l’autoconsumo».
Quello previsto per simili iniziative bottom up nell’Unione è un sostegno economico davvero accattivante, poiché duraturo nel tempo e su un periodo lungo. «Da direttiva europea si tratta di una risorsa economica continua, erogata per 20 anni, che premia la figura del prosumer a livello locale. Per noi il perno della questione è anche il piccolo tessuto economico che genererà il Parco e il lavoro che ne deriva, per esempio dalle piccole attività aggregative come il baretto, nel quale poter mangiare un boccone, o dalla manutenzione della serra fotovoltaica e dal monitoraggio dell’energia prodotta, i cui dati saranno a disposizione dell’assemblea della comunità per poter prendere decisioni sempre coerenti con la finalità sociale: ridurre l’acquisto di energia. E diventare attori in un processo di cambiamento incentrato tanto sulla questione agro-ambientale quanto sullo sviluppo della dimensione sociale, dei legami tra individui, della solidarietà e coesione. Se aspiriamo a diventare una CER è perché prima di tutto è una Comunità».
Un passo dopo l’altro
Una progettualità precisa e scrupolosamente delineata negli anni, l’avanzamento di tutti gli atti formali e burocratici, gli interventi concreti di risanamento del territorio ottenuto in concessione raccontano insomma una storia diversa dal semplice «non si può fare finché la burocrazia non ce lo permetterà». Se la serra fotovoltaica e gli edifici in legno sono in stand by, La Comunità delle Vignole esiste e opera concretamente nell’aggregazione e progettualità comune che ha già generato, nella ripulitura dell’area destinata al Parco. E nelle attività didattiche condotte dagli abitanti a beneficio di tanti studenti veneziani. Decine sono infatti le classi che da Fondamenta Nuova o da Piazzale Roma sono salite sul vaporetto diretto alle Vignole.
«Nell’area dove sorgerà il Parco abbiamo creato dei piccoli orti, dei cassoni coltivabili per finalità didattiche. Bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni impazziscono di gioia a sporcarsi le mani, innaffiare, scavare. Accompagnati dagli insegnanti e col supporto di alcuni dei nostri soci imparano come realizzare piccole coltivazioni senza l’impiego di alcuna sostanza chimica e sperimentano nella maniera più semplice e immediata il legame tra salute e rispetto del territorio. I ragazzi coltivano insalata, carciofi, cavoli, finocchi, zucchine, pomodori. Tornano periodicamente alle Vignole per seguire la crescita delle loro piante e raccogliere i frutti del loro lavoro, che poi si portano a casa e consumano in famiglia». E non sono gli unici giovani attratti da questa oasi di biodiversità. «I boy scout sono venuti molte volte a darci una mano a ripulire l’area, spesso campeggiando. E sono nostri sostenitori anche i ragazzi di Venice Calls, gruppo con sede alla Giudecca. Li abbiamo conosciuti dopo l’alluvione, quando sono venuti ad aiutarci con i primi interventi. Sono tutti ventenni, seguono i Climaton e tante altre iniziative sul clima. Anche loro hanno campeggiato sull’isola, abbiamo mangiato insieme e danno sempre visibilità al nostro progetto. Un rapporto di cui siamo davvero felici, che conferma la futuribilità della nostra idea», conclude Di Prinzio.
Se non ancora ‘energetica’ e ‘rinnovabile’, questa è insomma una Comunità che esiste pienamente, attiva, aperta alla relazione. I vicoli ciechi amministrativi hanno fin qui soltanto rallentato la sua piena espansione, come quella di altri progetti simili in giro per l’Italia. La sensazione è che quando i semafori burocratici scatteranno sul verde, gli abitanti di quest’isola avranno già tutte le carte in regola per scrivere il resto di questa storia di risanamento territoriale, ispirata dal desiderio di partecipare a un cambio di paradigma necessario.