Mbembe: pensiero planetario e politiche del respiro

Excursus sul pensiero di Achille Mbembe fondatore degli Ateliers de la Pensée fino all’approdo alla sua concettualizzazione di una ‘comunità terrestre’ come ‘ultima utopia’.

Autore

Alessandra Manzini

Data

17 Aprile 2023

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17 Aprile 2023

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Achille Mbembe, storico e filosofo camerunense residente a Johannesburg, Sud Africa, professore all’Università Witwatersrand, è fondatore insieme a Felwine Sarr degli Ateliers de la Pensée di Dakar. Mbembe si colloca nel panorama degli studi critici quale fondatore di un movimento letterario, politico ed estetico africano contemporaneo: l’afropolitismo.

Il suo recente lavoro diplomatico culminato con il Summit Francia Africa 1, ha chiuso un ciclo di relazioni con la Francia e dato vita a una nuova istituzione: Fondation de l’innovation pour la démocratie, costituita a Johannesburg il 7 luglio 2022.

La ragion d’essere della Fondazione è incoraggiare e accompagnare il rinnovamento profondo del pensiero e della pratica democratica nel continente africano. A questo proposito la fondazione realizzerà il primo Simposio internazionale a Dakar in giugno 2023: La democrazia in Africa: situazioni e nuovi orientamenti.

La riflessione sul come fare umanità dopo la grande separazione causata dal colonialismo e dallo schiavismo è un’attività costante del pensiero di Mbembe.

L’interesse per la questione della democrazia africana va di pari passo con la crescita del suo militantismo giuridico. Si ispira alla diversità del vivente per proporre una nuova forma di democrazia. Questo articolo propone un excursus dei punti forti del pensiero di Achille Mbembe, ancoraggio per la produzione filosofica e politica anche di altri pensatori. 

Alcuni punti forti del pensiero politico di Achille Mbembe

Dai primi anni 2000, Mbembe ha iniziato la sua fertile produzione saggistica 2, a partire da una riflessione sugli effetti della globalizzazione in prospettiva africana.

Le sue aree di studio si muovono lungo le rotte transatlantiche, ma il suo interesse principale rimane l’Africa, ‘laboratorio privilegiato’ per studiare le manifestazioni della brutalità degli esseri umani e della Terra in generale3.

Infatti, dopo aver mostrato come la globalizzazione abbia in un certo senso portato a termine l’opera di colonizzazione 4, mercificando le relazioni sociali, affronta la ‘brutalizzazione’ di queste relazioni.

Il termine brutalismo si riferisce sia all’aggettivo ‘crudo’ 5 che a quello ‘brutale’. Di fatto la brutalizzazione delle relazioni sociali è intrinsecamente legata allo sfruttamento delle materie prime, da cui la necessità di adottare una prospettiva postcoloniale per comprendere gli sviluppi tecnologici di questo antico sfruttamento.

Achille Mbembe mostra che la colonizzazione è amplificata dall’attuale globalizzazione, in Brutalisme afferma che: «con le nuove tecnologie, i diritti umani sono stati aboliti a favore di una logica computazionale che esclude ulteriormente le nuove popolazioni negre sottoposte al diktat delle merci».

Il termine ‘negro’ non ha nulla a che fare con il colore della pelle, al contrario, è intrinsecamente legato alle popolazioni sottoposte alla mercificazione. 

Per Achille Mbembe, il capitalismo digitale, di cui si ostenta la capacità di risolvere i principali problemi umani attraverso gli algoritmi, è solo l’avatar di questa corsa sfrenata verso lo sfruttamento degli esseri umani e della Terra. Questo diventare-artificiale dell’umanità e la sua controparte, il diventare-umano degli oggetti e delle macchine, possono essere la vera sostanza di ciò che alcuni chiamano, oggi, la ‘grande sostituzione’.

Mbembe dirotta qui il discorso nazionalista identitario comune in Europa, che ha propagandato la minaccia della ‘grande sostituzione’ delle popolazioni europee con popolazioni di origine immigrata.

Nel suo libro Nanorazzismo, il Corpo Notturno della Democrazia 6 si addentra nelle dinamiche che rendono l’identificazione dell’altro come nemico, ossia secondo Mbembe una delle modalità dominanti di relazione nella società contemporanea. Nei suoi scritti non manca di analizzare, ispirandosi a Foucault, la militarizzazione dei rapporti di controllo dello stato sui corpi in paesi i cui i civili vivono nell’angoscia della morte dietro l’angolo, portando esempi di Angola, Zimbawe, Repubblica del Congo, Rwanda, Sud Africa.

La violenza della decolonizzazione in Camerun di cui parla nella sua tesi di laurea in storia, mai discussa e che gli costerà l’esilio, rimane il tema principale delle sue prime opere (1986-1999). Guerre fratricide irrisolte nate nell’epoca coloniale che non riescono a superare la logica manichea nemico/amico, forme di interiorizzazione della colonizzazione riscontrabili nella degenerazione dei movimenti politici nazionalisti africani nella violenza, nella necropolitica 7, già denunciata nei suoi prodromi da Fanon in Pelle Nera Maschere Bianche 8.

L’idea di comunità afropolitana nel pensiero di Mbembe

L’idea di comunità ideale e di bene comune è rintracciabile nel pensiero di Mbembe fin dai primi scritti più critici. A partire dallo smascheramento del sistema ontologico neocapitalista e delle sue pratiche predatorie, delinea un ideale di comunità planetaria fondata su valori endogeni e insieme creoli, che attingono alle tradizioni gnoseologiche ed ontologiche africane 9 e si intrecciano con nuovi valori acquisiti nell’esperienza afrodiasporica. 

In Essai sur l’Afrique décolonisée 10, Mbembe rende omaggio a Frantz Fanon riflettendo sulla decolonizzazione a partire da un racconto autobiografico che si concentra sul profilarsi di una modernità africana cosmopolita che l’autore chiama ‘afropolitana’ ossia la nascita di un universo creolo complesso, dal continuo riassemblaggio socio-culturale e dallo spostamento incessante di uomini e culture all’interno del continente e nelle sue molteplici diaspore. Nasce la corrente degli studi critici dell’afropolitismo emergente da un movimento di auto generazione o auto spiegazione di cui gli Ateliers de la Pensée sono stati un moltiplicatore. L’estetica dell’intreccio concettualizzata in Emergere dalla Lunga Notte11 è un altro punto cardine del suo pensiero. Lo sguardo allo specchio è quello dell’africano in diaspora, disperso, fluttuante e reale che svela la ricchezza e sensibilità acquisita tra dispersione e immersione da cittadino afropolitano.

Mbembe indica nello stesso libro il fondamento dell’afropolitismo: la presa d’atto del feticismo delle origini per cui ogni origine è ‘bastarda’ e si contrappone ai discorsi sulla negritudine di Anta Diop e Senghor nati in un’epoca in cui la necessità era ritrovare la comunità laddove si era persa: una comunità fondata sul riconoscimento della differenza e dalla vernacolarità accentuata. L’afropolitismo indica la via per trovare una nuova dimensione identitaria attraverso processi cosmopoliti di creolizzazione e globalizzazione.

Si allontana allo stesso tempo sia dall’universalismo dei diritti umani, nati dall’illuminismo della Rivoluzione francese, incapaci secondo Mbembe di trovare una risposta alla questione della differenza; sia da processi di indigenizzazione e autoctonia conseguenti all’integrazione amministrativa e burocratica che ha legittimato lo stato coloniale. Questi processi secondo Mbembe hanno cristallizzato centri di potere politico ed economico legati alle chefferie o potentati postcoloniali su base etnica.

Nel processo di decentralizzazione risulta a lui evidente la questione dell’accesso ai privilegi del potere per il controllo delle risorse locali e allo stesso tempo per l’accesso ai fondi internazionali. Questo processo ha dato vita a nuovi comuni e regioni e al riconoscimento di diritti de facto sulla terra; acuito il conflitto autoctoni/allogeni e sviluppato un’accezione alla deriva di territorialità 12.

Mbembe, con quest’ultima affermazione, si riferisce ai processi di radicalizzazione della logica di creazione di frontiere interne ereditata dalla struttura amministrativa coloniale delle chefferie. Il principio etnoraziale – spiega – serve sempre più come logica di accesso al suolo, come base per la cittadinanza e per ottenere posti di responsabilità elettiva 13.

All’opposto, una delle dimensioni del cosmopolitismo pratico è l’emergere di una appartenenza trascendentale che supera le parentele e i lignaggi locali e produce processi di creolizzazione soprattutto nell’Africa musulmana Sudano Saheliana storicamente aperta al commercio con il mondo.

Lo sforzo suggerito da Mbembe sta nell’apprezzare le esperienze che si distinguono fra localismo/nazionalismo e cosmopolitismo/ transnazionalismo e che costituiscono gli archivi contemporanei della conoscenza africana da valorizzare.

La seconda edizione nel 2017 degli Atelier de la Pensée ha dibattuto uno dei temi delineati come prioritari nella prima edizione: Condizione planetaria e politiche del vivente. Le implicazioni teoriche e pratiche multidimensionali del dibattito hanno segnato la rotta e una svolta nel pensiero critico favorendo l’emersione di nuovi paradigmi africani di cui Mbembe è tra i promotori. Se il brutalismo è caratterizzato dall’assenza di prospettiva e di possibilità collettiva di progettare un mondo comune, nel suo ultimo libro La communauté terrestre 14 il pensiero di Mbembe prende slancio proponendo un cambiamento paradigmatico delle politiche globali in cui l’umanità ripensa alla sua condizione comune planetaria. Propone di passare dal diritto delle genti (droit de gens), basato sull’accaparramento delle terre, al diritto degli esseri viventi (droit de vivant).

Pensa alla terra come alla casa di tutti gli esseri viventi proponendo la comunità terrestre come ‘ultima utopia’.

Presenta un progetto di rivitalizzazione della coscienza planetaria, a partire dal ripensamento dell’essere umano dischiuso verso il cosmo e tutti gli esseri viventi, attingendo in particolare alla metafisica animista africana.

Il diritto alla casa in Africa, scrive, si accompagni al diritto di nascita, ben oltre allo jus soli occidentale, con esplicito riconoscimento di una appartenenza a un ecosistema cosmico15.

Basandosi sulle cosmogonie animiste Bambara e Dogon del Mali, Achille Mbembe disegna un’ecologia politica in cui l’uomo entra in comunità con tutti gli esseri viventi e ritrova la sua dimensione cosmica.

Un’utopia per la quale abitare il mondo significa necessariamente convivere e fare spazio agli altri (umani e non umani) e dare avvio a politiche degli esseri viventi, che implicano un diritto assolutamente primario al respiro e fondamentale alla vita basato sulla regola dell’interdipendenza e dell’ospitalità africana.

Note

  1. Nel 2021 il Summit Francia Africa è stato organizzato da Mbembe e commissionato dal governo francese https://www.diplomatie.gouv.fr/fr/dossiers-pays/afrique/nouveau-sommet-afrique-france-reinventer-ensemble-la-relation/
  2. A. Mbembe, De la postcolonie : essai sur l’imagination politique dans l’Afrique contemporaine, Karthala, Paris 2000; A. Mbembe, Emergere dalla lunga notte: studio sull’Africa decolonizzata, Meltemi, Milano 2018 (ed. or.2010); A. Mbembe, Critica della ragione negra, Ibis, Como, 2019 (ed. or. 2013), A. Mbembe, Nanorazzismo, il corpo notturno della deocrazia, Laterza, Roma-Bari 2016, (ed. or. Politiques de l’inimitié, 2016).
  3.  A. Mbembe, Brutalisme, La Découverte, Paris 2023.
  4. A. Mbembe, De la postcolonie : essai sur l’imagination politique dans l’Afrique contemporaine, Karthala, Paris, 2000.
  5.  A. Mbembe, Brutalisme, cit., p. 26.
  6. A. Mbembe, Nanorazzismo, il Corpo Notturno della Democrazia, cit.
  7. A. Mbembe, Necropolitica, Ombre Corte, Verona 2016
  8. F. Fanon, Pelle nera, maschere bianche, Edizioni ETS, Pia 2015 (ed. or. 1952).
  9. V.Y. Mudibe, Gnosis, philosophy and order of knowledge, James Currey Ltd, Oxford, 1988.
  10. A. Mbembe, Emergere dalla lunga notte, cit.
  11. A. Mbembe, Emergere dalla lunga notte…, cit.
  12. Ibidem
  13. Ibidem, p. 219.
  14.  A. Mbembe, La Communauté terrestre, Editions la Découverte, Paris 2023.
  15. A. Manzini, Ecovillaggi. Una prospettiva africana della sostenibilità, in ‘Equilibri, Rivista per lo sviluppo sostenibile’, n. 1, 2020, pp. 278-293.
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