La leadership nello sviluppo dell’AI sarà nei prossimi anni uno dei principali terreni di scontro nella competizione geostrategica tra Stati Uniti e Cina. L’intelligenza artificiale giocherà un ruolo cruciale in settori ad alto valore strategico come la difesa, in particolare per la progressiva automazione delle armi e delle decisioni militari, l’economia – si prevede che il valore di mercato a livello mondiale dell’AI passerà dagli attuali 36 miliardi a ben 356 miliardi nel 2030 – o della politica per il controllo e la manipolazione dell’informazione, come avvenuto nella recente campagna di disinformazione messa in atto dalla Russia durante le elezioni europee.
Gli Stati Uniti, seppur saldamente in vantaggio rispetto a Pechino in tutti i settori connessi allo sviluppo dell’Ai (potenza di calcolo, talenti e dati), hanno deciso di avviare un processo di decoupling (disaccoppiamento) dalla Cina per, da un lato, ridurre la propria dipendenza dal rifornimento dei materiali necessari (es. terre rare) a sviluppare le tecnologie che supportano i sistemi di AI e dall’altro bloccare il trasferimento di tecnologie strategiche come i semiconduttori verso le aziende cinesi.
In questa corsa a due, un ruolo cruciale sarà svolto dalle potenze ‘intermedie’ come Regno Unito, Canada, Francia, Russia, Singapore, India, Arabia Saudita, Corea del Sud e Israele che, a seconda delle alleanze, potranno spostare l’ago della bilancia verso l’una o l’altra sponda. Inoltre, lo sviluppo dell’AI rappresenta per questi Paesi un’opportunità per rimanere economicamente competitive e geopoliticamente influenti compensando il deficit di popolazione e di peso economico-militare. Al contrario, i Paesi meno sviluppati, privi delle infrastrutture fisiche e delle risorse necessarie a sviluppare delle intelligenze artificiali competitive, saranno con tutta probabilità costrette a ‘barattare’ i dati delle loro popolazioni e l’accesso al proprio mercato in cambio di tecnologie di intelligenza artificiale diventando così, come definiti recentemente dal The Economist, degli ‘Stati vassalli dell’AI’.
L’Europa, in assenza di grandi aziende ed infrastrutture nel settore, sta utilizzando il soft power normativo come strategia geopolitica per porsi alla guida della regolamentazione mondiale, così come avvenuto del 2018 quando più di 120 Paesi utilizzarono il framework giuridico europeo del General Data Protection Regulation (GPDR) per regolamentare il settore della protezione dei dati personali. Questa strategia, se da una parte ha il beneficio di ‘costringere’ le aziende competitor straniere a rispettare la normativa europea per accedere ad un mercato di 450 milioni di cittadini, dall’altra rischia di impattare negativamente sulla competitività delle società europee sul mercato globale. Inoltre, nel generale contesto di crisi del multilateralismo, difficilmente l’Europa prenderà le redini della normazione a livello mondiale in quanto i Paesi, per quanto preoccupati da uno sviluppo incontrollato, temono che l’alto valore strategico dell’AI renda difficile il raggiungimento e soprattutto l’effettivo rispetto di accordi internazionali (ad oggi sono stati ratificati solo accordi di massima tra gruppi di Paesi molto ristretti e geopoliticamente allineati) prediligendo, al contrario, regolamentazioni a livello nazionale.
Sul piano strettamente geopolitico, la leadership nello sviluppo dell’AI si giocherà su tre fronti: lo sviluppo della potenza di calcolo, l’accaparramento dei talenti e il possesso dei dati. Sul primo fronte, gli Stati Uniti hanno un ampio vantaggio sulla Cina sia per quanto riguarda i semiconduttori che il cloud computing grazie anche al supporto delle supply chain di Paesi come l’Olanda, Taiwan, la Corea del Sud e il Giappone. Nonostante le restrizioni imposte dagli Stati Uniti, la Cina sta investendo ingenti risorse per raggiungere l’autosufficienza nell’approvvigionamento dei semiconduttori riducendo ogni anno il gap.
Venendo al secondo fronte di competizione, la disponibilità dei migliori talenti nella sviluppo di tecnologie strategiche è storicamente cruciale per un veloce adattamento a nuove tecnologie di rottura tramite un ampliamento della base di competenze ingegneristiche associate ad una determinata tecnologia al fine di garantire una diffusione in quanti più settori economici possibile. Ad oggi, gli Stati Uniti, la Cina e l’Europa possiedono le comunità di ricerca più avanzate e, sebbene i ricercatori delle istituzioni cinesi producano il maggior numero di pubblicazioni totali sull’AI, la ricerca degli Stati Uniti e dell’Europa è considerata di qualità superiore. Gli articoli statunitensi sono, infatti, citati circa il 30% in più rispetto a quelli europei e il 70% in più rispetto a quelli cinesi. La superiorità degli Stati Uniti sulla Cina in questo campo è data anche dalla maggiore attrattività delle Università e del mercato del lavoro americano. Più della metà dei laureati cinesi in studi sull’AI è, infatti, emigrata negli Stati Uniti, e dal 2005 il 90% di questi ha scelto di rimanere e lavorare negli Stati Uniti dopo la laurea. Non è escluso che nei prossimi anni la cooperazione scientifica tra Stati Uniti e Cina possa essere limitata e la politica di immigrazione per i lavoratori altamente qualificati resa più stringente. Venendo ai dati, fondamentali per l’addestramento dei sistemi di AI, la Cina, rispetto agli Stati Uniti, ha indubbiamente il vantaggio di avere una vasta e fortemente digitalizzata popolazione da cui, in mancanza di stringenti regole normative sull’utilizzo dei dati come nei Paesi occidentali, può trarre una grande fonte di dati per lo sviluppo dell’AI. Nella competizione tra Stati Uniti e Cina nell’accaparramento dei dati, numerose ‘potenze medie’ come l’Arabia Saudita, il Regno Unito e l’Unione Europea si sono attivate per affermare la propria ‘sovranità digitale’ limitando l’accesso incondizionato ai propri dati – attività che il Governo indiano è arrivato a definire come ‘colonialismo dei dati’ – sia tramite delle legislazioni più stringenti e sia tramite lo sviluppo di infrastrutture di raccolta dei dati localizzate sul territorio nazionale, riducendo così la propria dipendenza dal cloud computing americano e cinese e mitigando di conseguenza il rischio che, in un eventuale conflitto, venga usato come leva geopolitica. Attesa la superiorità degli Stati Uniti sulla Cina nei tre fattori rilevanti per lo sviluppo dell’AI (potenza di calcolo, talenti e dati), nei prossimi anni, navigare nelle dinamiche geopolitiche che potrebbero condizionare lo sviluppo dell’AI richiederà un’attenzione particolare alla capacità della Cina di trattenere nel Paese i suoi migliori talenti e la velocità con cui raggiungerà l’autosufficienza nella produzione tecnologica, così come rilevanti saranno i progressi di cooperazione internazionale e le scelte di posizionamento geopolitico Paesi terzi, in particolare delle potenze medie, sull’allineamento con gli Stati Uniti o la Cina.