Fisica, Economia, Società, Ambiente: le materie degli eventi estremi

Gli eventi estremi sono sempre più frequenti, come possiamo affrontarli in modo efficace? La proposta di un intervento in otto tappe suggerisce un approccio integrato che combina aspetti fisici e sociali, con un forte coinvolgimento delle comunità locali

Autore

Paolo Perulli

Data

8 Luglio 2024

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7' di lettura

DATA

8 Luglio 2024

ARGOMENTO

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Gli eventi estremi si stanno moltiplicando nel mondo, ma le scienze che li studiano non ne hanno una visione unitaria. Esse sono imprigionate entro un modello a tre stadi, che non comunicano tra loro. Le scienze del clima si occupano dell’evento in sé, le scienze della terra ne valutano l’impatto, le scienze sociali infine analizzano le risposte fornite dall’uomo. 

L’economia da parte sua entra in campo solo alla fine, per valutare i costi e i benefici delle risposte agli eventi estremi. Invece dovrebbe essere all’opera fin dall’inizio, perché il modello economico dominante tende a provocare degli eventi estremi sommandosi alle forze naturali. In Emilia-Romagna e in Toscana, colpite da eventi estremi nel 2023, il modello diffuso di insediamento delle imprese, agricole e industriali, negli ultimi due secoli ha causato modificazioni nell’assetto naturale dei territori (soprattutto nei regimi idrogeologici) tali da alterarne gli equilibri e aggravare gli effetti catastrofici dell’alluvione. L’evento è poi seguito dalla ricostruzione, che – se ne restano immutati i perimetri e i criteri – ripropone le cause del prossimo evento.

L’evento è un caso, la cui catena causale non è definibile a priori. L’evento produce fatti, cioè reazioni, umane e tecniche. La sua complessità richiede che le diverse scienze si riuniscano, che le diverse reazioni si sommino. Solo a queste condizioni, oggi largamente assenti, si potrà comprendere l’evento e intervenire o prepararsi a farlo. A questo fine, il metodo di intervento di extended peer review condotte insieme da esperti e popolazioni locali rappresenta la risposta più avanzata in condizioni di scienza ‘post-normale’, ma non è stata ancora sperimentata a scala allargata.

Figura 1 – Eventi estremi, impatto e risposte (Fonte: L.E. McPhillipsH. ChangM. V. ChesterY. DepietriE. FriedmanN.B. GrimmJ.S. KominoskiT. McPhearsonP. Méndez-Lázaro, E.J. Rosi, J. Shafiei Shiva,  Defining Extreme Events: A Cross-Disciplinary Review, in «Earth’s Future», vol. 6, n. 3, marzo 2018, pp. 441-455)

Chiediamoci: sono possibili forme di valutazione anticipata e di azione collettiva nei confronti degli eventi estremi in costante crescita legata al cambiamento climatico? L’articolo propone una sequenza in otto tappe. Le prime quattro riguardano la fisica degli eventi estremi di un territorio nei loro aspetti hard, materiali (natura, terra, acqua, costruito) che vanno ridiscussi e ridefiniti, e in questo l’economia ha un ruolo decisivo perché modifica l’ecosistema (infrastrutture, insediamenti, consumi di suolo e di risorse naturali). I successivi quattro ne sviluppano la dimensione soft, cioè gli aspetti che riguardano la società e l’ambiente umano nella loro capacità o incapacità di rispondere agli eventi estremi con strategie, misure, azioni adeguate a partire da quelle relative ai comportamenti economici dei diversi attori.

hard: rinaturaredesigillarelaminareriabitare
soft: mitigare/adattareprevedereorganizzarepersistere

1. Rinaturare

La philosophy cui l’economia degli eventi estremi dovrebbe ispirarsi è di studiare il nesso aree fragili/territorio costruito nelle regioni analizzate: un paradosso perché la fragilità richiede cura del territorio. Un approccio pratico è di de-costruire e ridare alla natura (rewilding) mediante premi e incentivi, risarcimenti, traguardi misurabili di rinaturalizzazione (come si è fatto in alcuni casi di renaturierung nella Ruhr). Famiglie, imprese, scuole, associazioni e comunità locali sono i partecipanti da convocare con urgenza. Infatti, land conversion (trasformazione del suolo) è uno dei cinque confini planetari ormai superati, insieme a cambiamento climatico, perdita di biodiversità, nuove entità, sovraccarico di nitrogeni e fosfori (studiati dal nuovo Club di Roma, in Una Terra per tutti, Edizioni Ambiente, Milano 2022). Qui l’allarme è superato, la soglia è raggiunta. Occorre invertire subito la marcia, realizzare un nuovo contratto sociale per far funzionare le democrazie nell’era dell’Antropocene. 

2. Desigillare

A fronte di estensioni incontrollate della superficie impermeabilizzata, frutto di un modello di industrializzazione diffusa e di agricoltura intensiva, occorre affrontare il tema del desealing togliere superfici cementificate per restituire servizi ecosistemici) che ha consegnato alcuni interessanti scenari sull’impatto della ‘decementificazione’. Dall’esame di alcuni casi in Europa, il desealing è molto raro e presente solo in alcuni casi in Germania. Il punto però è proprio entrare in un mindset di contabilità tra servizi ecosistemici persi e costi del consumo di suolo. Come tale mindset dovrebbe entrare in qualità di una competenza chiave nel management pubblico e portare anche a una innovazione dei policy tools esistenti?

3. Laminare

Acque/fiumi: il corso d’acqua diventa fonte di rischio estremo quando l’alveo è modificato. La storia dei territori emiliano-romagnoli e toscani colpiti dalle recenti alluvioni – e di tutte le pianure abitate del mondo – è storia di interventi volti a rendere compatibile l’insediamento umano con l’erraticità del deflusso delle acque. Nei secoli passati i fiumi si deviavano e si realizzavano opere che oggi paradossalmente facciamo molta più fatica a immaginare, anche perché siamo incapaci di fare scelte. Serve una nuova stagione di opere di laminazione, realizzate in modo rispettoso del territorio, avvalendosi delle conoscenze della nuova ingegneria naturalistica, senza colate di cemento ma decidendo cosa si può (temporaneamente) allagare e cosa no, stabilendo eventualmente l’equo compenso per chi si sacrifica. I ‘contratti di fiume‘ (sperimentati nei bacini idrici della Valle Padana) servono a costruire il consenso, non a fare progetti né a gestire le opere. Serve orientare l’azione dei consorzi di bonifica a una funzione di governo complessivo del regime idraulico del territorio, facendo le manutenzioni necessarie.

4. Riabitare

Quartieri/borghi/territori intermedi/aree interne: l’urbanizzazione periferica va ripensata. Le alluvioni che impattano i territori inariditi dalla crisi idrica offrono spunti che interrogano i limiti del nostro sviluppo. Serve una nuova proposizione del termine ‘sviluppo’ non più inteso come continuo ‘progetto estensivo ed estrattivo’ ma capace di un ‘ri-contenimento’ su scale di azione meno rischiose. Crisi ecologica e crisi del lavoro (che impongono una just transition) sono segnali che si aggiungono ad altri nel comunicarci che la preparazione di un’anti-fragilità è ben diversa dalla resilienza. I diversi territori andranno indagati e delle proposte di policy andranno formulate per rendere concreti questi indirizzi in fasi di ricostruzione (abitazioni, imprese, infrastrutture) dopo l’evento estremo. Tale ricostruzione potrà prevedere la delocalizzazione di attività e di edifici, equamente compensata dalle politiche pubbliche.

5. Mitigare e adattare 

Dobbiamo imparare a convivere con eventi meteorologici estremi, oltre a cercare di rimuoverne le cause. Dobbiamo quindi combinare mitigazione e adattamento. Non solo transizione energetica verso le rinnovabili (mitigazione) che incide sui comportamenti, ma interventi di difesa dagli eventi estremi (adattamento).

Occorre perciò re-incorniciare tutte le politiche pubbliche e private. E rispondere alla domanda: come si affronta il cambiamento climatico nella sua complessità da parte di un sistema politico amministrativo? Stato, Regione, Città, devono concorrere non in modo burocratico o emergenziale, ma con scenari basati sull’analisi di dati e immagini satellitari, l’economia circolare, la riduzione del consumo di suolo, il risparmio energetico e le energie rinnovabili, con parametri cui ancorare le azioni pubbliche e private. Questo tema va declinato e ‘insegnato’ in extended peer review da parte di esperti, amministratori, studenti e docenti, imprese e public utilities.

6. Prevedere

‘Capitale previsionale’ non è solo informazione preventiva, bensì un vero ‘capitale sociale + preparedness’, ovvero: la capacità di reazione e di indirizzo della spesa e degli investimenti cresce in efficacia ed efficienza quanto più si è saputo investire in passato in riserva cognitiva (piani, programmazioni, policy lessons, risorse umane, ecc.), in reti sociali o di terzo settore e in diverse capacità (improvvisazione, creatività, cura). I Piani di preparedness dovrebbero essere elaborati e confrontati in ogni Regione potenzialmente a rischio, e sono molte in Italia e in Europa.

7. Organizzare

Organizzazione/competenze/responsabilizzazione: un capitale civico da intercettare è necessario. A partire dalla Protezione Civile, che dovrebbe (ma oggi non avviene) essere coniugata con forme di organizzazione spontanee (come in Toscana nell’alluvione del 1966 e in Emilia-Romagna e Toscana in quelle del 2023) che raccolgono maggiormente il favore delle nuove generazioni e impartiscono una lezione sull’organizzazione del lavoro da assicurare per cogliere il potenziale generazionale.

8. Persistere 

Modernità/persistenza: il moderno come modo di ‘abitare la terra’ si è rivelato distruttivo, che contagia e desertifica, va sostituito al più presto con una filosofia pratica basata sulla sussistenza e la persistenza, sulla molteplicità di ‘modi di esistenza’, un discorso di valori che si propone sia insegnato nelle scuole e università con un orientamento pratico al nostro ‘essere terrestri’. Il lavoro sul campo dovrebbe portare a ridefinire il concetto di comunità, mediante una profonda riparazione. Come gli attori coinvolti (persone, gruppi sociali, imprese, istituzioni) partecipano al gioco e che cosa cercano? Questo è un aspetto importante: quale gioco gli attori reali stanno giocando? La conoscenza critica da essi fornita durante l’interazione può dare a concetti come nuova economia urbana, sostenibilità, regole, governance un significato che all’inizio del processo non poteva essere dato per scontato. Esso riguarda la facoltà di agire e la competenza di ciascun soggetto.

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