Fare una bioplastica

Autore

Fausto De Pieri, Mae Xerzel Ouano

Data

22 Marzo 2023

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5' di lettura

DATA

22 Marzo 2023

ARGOMENTO

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Cosa sono le bioplastiche biodegradabili?

Con la crescente attenzione nei confronti del problema ambientale causato dalle plastiche convenzionali e dalle limitate risorse petrolchimiche, le bioplastiche hanno acquisito un rinnovato interesse come sostituto alle plastiche derivanti da risorse fossili. Le bioplastiche stanno acquisendo sempre più attenzione da parte dei consumatori, della politica, dal settore industriale e specialmente dal settore della ricerca 1. Nonostante ciò, c’è ancora molta confusione riguardo a quando la plastica possa essere considerata bioplastica.

La bioplastica può essere bio-based, biodegradabile, o entrambe le cose. Bio-based significa che la plastica deriva da biomassa (materia organica), anche se non è specificata la percentuale minima, mentre biodegradabile significa che il prodotto finale può essere scomposto in materia organica da specifici microorganismi, se correttamente smaltito e trattato.

Diagram

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Figura 1 – Composizione delle bioplastiche

Immagine da European Bioplastics, 2018:  What are bioplastics?

Lo sviluppo di standard, le certificazioni e le etichette ambientali per le bioplastiche sono ancora negli stadi iniziali, visto che la produzione non è ancora giunta al livello della plastica tradizionale. Alcuni enti si stanno muovendo autonomamente per creare uno standard elevato nella certificazione delle bioplastiche, dividendole in tre grandi categorie:

  • Bio-based: viene espresso in percentuale di carbonio organico o percentuale di biomassa incorporata. Non ha bisogno di controllo delle fonti perché l’analisi è basata sulla composizione chimica del prodotto finale e non sulle materie prime;
  • Biodegradabile: un prodotto biodegradabile può ancora essere dannoso per l’ambiente perché la degradazione, se non controllata, può impiegare diversi anni. Per essere più trasparente, le condizioni di biodegradazione dovrebbero essere chiaramente specificate;
  • Compostabile: una certificazione di compostabilità indica che il rifiuto può essere trattato in un impianto in linea con gli standard nazionali/internazionali.

Situazione attuale della produzione di bioplastica bio-based e biodegradabile

Nel 2020, solo 2 milioni di tonnellate (lo 0,54%) della plastica prodotta rientrava nel novero delle bioplastiche, ovvero lo 0,54%. Ci si aspetta che tale quota raggiunga il 2% rispetto al totale della produzione entro il 2026, con un costante aumento della domanda 2. Inoltre, entro il 2025, è previsto che la capacità di produzione di bioplastica raggiunga le 2,9 milioni di tonnellate, delle quali 1,83 biodegradabili 3 .

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Figura 2 – Capacità di produzione della bioplastica

Immagine da Institute for Bioplastics and Biocomposites, 2022:  Biopolymers–facts and statistics 2021.

Nel contempo, il mercato per la plastica convenzionale lo scorso anno ha raggiunto un plateau, comportamento che presumibilmente verrà mantenuto anche negli anni a venire. La produzione di bioplastica ha una forte dipendenza dal rapporto tra il costo di produzione dei due tipi di plastica (da risorse fossili e da biomassa) e il costo delle rispettive materie prime.

Alcuni tipi di materiali bio hanno raggiunto il punto in cui le proprietà meccaniche sono comparabili con quelle delle plastiche tradizionali. Nonostante questo, il costo di produzione delle bioplastiche è ancora superiore rispetto al corrispettivo fossile, rendendole l’opzione meno favorita.

Analisi della domanda di mercato

Affinchè le bioplastiche possano diventare competitive, esse devono avere lo stesso costo delle plastiche tradizionali. Diversi studi sono stati compiuti per identificare i principali fattori che influenzano lo sviluppo e la competitività nel costo delle bioplastiche. L’analisi del mercato mostra l’importanza di un quadro di supporto a livello legislativo perché le bioplastiche possano essere un’opzione competitiva entro fine del decennio 4

Attraverso l’analisi PEST (fattori politici, economici, sociali e tecnologici) e investigando la sensibilità del mercato nei confronti di cambiamenti macroeconomici (principalmente PIL e crescita del prezzo della materia prima), si è dimostrato che la produzione di bioplastica, senza interventi governativi, crescerebbe solamente del 5% all’anno; questo tasso di crescita non è sufficiente per renderle competitive nel medio e lungo termine. L’analisi suggerisce che il miglior modo per aumentare la produzione sia un intervento politico, con sussidi sulle nuove tecnologie per la produzione di bioplastica, esenzioni sui prodotti in bioplastica e divieti sui prodotti in plastiche da combustibili fossili 5.

Basandosi sulla valutazione degli autori di aggiungere un fattore ambientale all’analisi PEST, introdotto come una carbon tax, gli obiettivi a medio e lungo termine potrebbero essere raggiunti implementando un prezzo sulle emissioni di 64 USD per tonnellata di CO2 con un tasso di crescita dell’imposta del 6,64%, e un incentivo sulle nuove tecnologie del valore di 0,1USD/kg, per ridurre i costi di produzione. Questo significa che una tassa sulle emissioni di CO2, con un tasso di incremento annuale, e incentivi per le alternative ‘green’, presentano una sinergia tale da aumentare la domanda per le bioplastiche nel breve, medio e lungo termine. Questo è un aspetto molto importante da tenere in considerazione: implementare ciascuna delle misure singolarmente non sarebbe abbastanza da rendere le bioplastiche competitive. È compito dei legislatori trovare il giusto equilibrio tra i tre fattori, per fare in modo che l’attuale industria non venga messa in pericolo e che abbia il giusto tempo per effettuare una transizione a favore di plastiche più sostenibili.

Un cambio nelle materie prime non avrebbe un impatto significativo nella capacità di produzione; potrebbe però avere un impatto indiretto nella percezione generale nei confronti delle bioplastiche.

L’opinione pubblica è sempre più interessata e coinvolta nell’impatto ambientale delle proprie scelte, e diffondere informazioni sull’origine delle materie prime potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: una competizione con la produzione di cibo sarebbe un disincentivo nei confronti delle bioplastiche, mentre usare rifiuti organici come fonte di materia prima (seconda generazione) ridurrebbe la quantità di rifiuti non solo grazie alla propria biodegradabilità, ma anche grazie all’aumentato valore del rifiuto stesso. In quest’ultimo caso, le bioplastiche diventerebbero l’opzione preferita dei consumatori.


A cura di Marta Castellini

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