L’olio di roccia

L’olio di roccia, il petrolio, era usato già ai tempi dei Babilonesi. Oggi si studia come implementare una transizione verso fonti meno inquinanti.

Autore

Sergio Vergalli

Data

21 Novembre 2023

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5' di lettura

DATA

21 Novembre 2023

ARGOMENTO

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XIII secolo. «La Grande Armenia confina a mezzogiorno con un regno chiamato Mosul. Verso tramontana confina con la Giorgiania». Le ombre di alcune persone si stagliano sul crinale delle colline, muovendosi lentamente. Il sole rischiara la vallata. Sullo sfondo una alta montagna con la cima innevata. Nella carovana ci sono tre viaggiatori partiti da Venezia nel 1271 per un lungo cammino verso l’impero celeste. Il più giovane si chiama Marco ed avrebbe descritto cose incredibili di quel suo viaggio. Fra queste vide «una fontana d’olio che scorre con grande abbondanza tanto che se ne possono caricare cento navi per volta: non è olio da usare per condimento di cibi ma buono per ardere e ungere i cammelli. Per quest’olio viene gente da molto lontano e per tutta la contrada solo quell’olio si arde e si brucia»1. L’ ‘olio di pietra’, il petrolio, era ben noto già nel remoto passato. Se ne parla nell’Antico Testamento. Lo utilizzavano in Babilonia. I Persiani, 1200 anni prima di Cristo, mettevano asfalto liquido nelle loro lampade a olio minerale. Si ignorava che il petrolio si trovasse nella profondità della terra e si sfruttavano solamente gli affioramenti superficiali, previo un rudimentale trattamento di depurazione che consisteva nel separarlo dall’acqua. Veniva utilizzato per l’impermeabilizzazione, per uso medicinale e per l’illuminazione. Al contrario di quanto si immagina comunemente, il petrolio non si trova in grandi laghi o caverne sotterranee. Minuscole gocce di petrolio, insieme ad acqua e gas naturale, sono intrappolate nei pori e nelle microfratture delle rocce. Queste formazioni si sono sviluppate in milioni di anni a partire da enormi depositi di vegetazione e microrganismi morti, accumulatisi sul fondo degli antichi mari; si sono decomposti e successivamente, ricoperti da diversi strati di roccia. Le temperature e le pressioni elevate che si sono generate con il tempo hanno lentamente trasformato i sedimenti organici nel petrolio e nel gas di oggi. Un giacimento è il frutto più o meno fortuito di una serie di circostanze peculiari. Infatti, sono necessari: una roccia madre in cui si generano gli idrocarburi; una roccia serbatoio, cioè il vero deposito; e una roccia impermeabile, il tappo che chiude il giacimento. Quando quest’ultima non chiude totalmente il serbatoio in una ‘trappola’, si ha una fuoriuscita in superficie di idrocarburi. 

Quando invece il giacimento è ben ‘sigillato’, bisogna anzitutto trovarlo e poi perforarlo per ottenere l’idrocarburo. Le tecniche di prospezione sono molto lunghe e costose e non sempre terminano con un successo. L’estrazione avviene in alcune fasi: il recupero primario sfrutta la pressione interna (alimentata dal gas naturale) e il giacimento si comporta un po’ come una bottiglia di champagne appena stappata. Il processo prosegue fino a quando la pressione si esaurisce gradualmente, di solito dopo diversi anni. In questa fase si estrae circa il 10-15 per cento del petrolio presente. Da quel momento in poi l’estrazione deve essere ‘aiutata’. Nel recupero secondario si inietta gas naturale o acqua per ottenere dal 20 al 40%, mentre nel recupero terziario si iniettano sostanze chimiche per il recupero dell’ultima quantità disponibile. Una piccola parte rimane intrappolata nel sottosuolo. 

Quindi, la quota più consistente dei costi è quella sostenuta nella fase di ricerca di un giacimento e di costruzione dell’impianto. Poi i costi operativi di estrazione sono bassi, soprattutto nella fase primaria. Per la secondaria e terziaria i costi diventano sempre più crescenti, finché conviene chiudere l’impianto. Il punto di chiusura dipende, ovviamente dal livello del prezzo del petrolio. Più è elevato, maggiore il tempo di vita di un giacimento. Il focus al momento è comprendere come in passato sia avvenuta la transizione a una nuova fonte di energia e come possa di nuovo verificarsi, abbandonando le fonti fossili, verso risorse meno inquinanti.  

Oltretutto, dati i lunghissimi tempi necessari per la formazione degli idrocarburi, essi sono di fatto risorse esauribili (‘non rinnovabili’) per gli orizzonti temporali dell’uomo. Anche se il picco di sfruttamento previsto, che identifica la fase calante della produzione globale, si è spostato decennio dopo decennio, grazie all’introduzione di nuove tecnologie che hanno permesso una maggior efficienza nella estrazione e nella scoperta di nuovi giacimenti. 

Perché questi dettagli sono rilevanti per la transizione energetica? Perché per comprendere bene la sua fattibilità e i tempi necessari per implementarla, è opportuno studiare tutte le caratteristiche delle fonti energetiche per capire come si possano sostituire i combustibili fossili: costi, tecnologie, domanda e offerta, quantità disponibili e sostituibilità. Il quadro legato al petrolio, e agli idrocarburi in generale, è molto complesso perché coinvolge mercati globali e impatta su numerosi settori industriali. Vedremo che la transizione energetica, sebbene auspicabile e oramai necessaria, ha bisogno di una lunga serie di ingredienti per potersi realizzare. Come è accaduto anche in passato. Il petrolio era già noto da tempo ma iniziò ad essere sfruttato in modo massivo solo a un certo punto della storia per una serie di cause molteplici. Anche la sua sostituzione necessiterà di alcuni passi ulteriori. Alcuni si stanno già compiendo, come le ricerche scientifiche, le politiche di abbattimento e lo sviluppo di una coscienza più sostenibile. Come è stato più volte detto, «l’età della pietra non è finita perché sono finite le pietre. Allo stesso modo, l’era dei combustibili fossili non finirà perché esauriremo petrolio e carbone».

Il punto è capire se abbiamo già tutti gli ingredienti per il nuovo scenario. Corsi e ricorsi storici che a volte ritornano. E allora riprendiamo insieme il viaggio intorno al globo, come Marco Polo nel XII secolo, per studiare i nuovi passi della transizione energetica.

Note

  1. Il Milione di Marco Polo venne pubblicato nel 1298.
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