Ondate di calore e adattamento

Le strategie di adattamento contro gli effetti del cambiamento climatico sono varie: oltre ad investimenti strutturali e tecnologici, bisogna considerare meglio la popolazione, riducendo le disuguaglianze.

Autore

Sergio Vergalli

Data

19 Settembre 2023

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4' di lettura

DATA

19 Settembre 2023

ARGOMENTO

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14 luglio 1995, Chicago, Illinois, Quartiere di Englewood. Uno scuolabus giallo lentamente incede all’imbocco della via. Oltre all’autista, un solo ragazzo seduto sui sedili posteriori, osserva dal finestrino il panorama che gli si staglia davanti. A destra e sinistra alcune villette di legno, intervallate da prati arsi dal sole con poca erba ormai ingiallita e sbiadita. Due persiane delle case, piegate sui cardini oramai consunti, stanno perdendo colore. Alcune abitazioni sono completamente chiuse e sprangate con delle assi. Oramai nessuno abita più lì. L’autobus svolta all’incrocio. Il ragazzo scende e attraversa la strada. Non si muove una foglia. Neanche un refolo di vento. La fronte imperlata di goccioline, la t-shirt blu macchiata dal sudore. Il giovane lentamente avanza lungo la strada, strisciando i piedi e trascinando la cartella per terra. Passa davanti ad una villetta. Tre biciclette appoggiate di fretta al muro. Ad un albero due scarponi penzolano da un ramo, attaccati per le stringhe. Sotto il porticato due giovani, sdraiati sulle panchine, cercando refrigerio. Il ragazzo li saluta con un cenno del capo. Sullo stipite della porta di ingresso il termometro segna 41°C. È il terzo giorno di questo caldo infernale e non sembra avere fine. 

Nel luglio del 1995 un’ondata di caldo torrido colpì Chicago, uccidendo centinaia di persone. I consumi dell’energia elettrica per l’aria condizionata salirono alle stelle, così come i costi per ottenere refrigerio. Le istituzioni cercarono di contenere i danni istituendo un fondo di emergenza per l’energia elettrica. Nonostante gli sforzi, l’impatto di una temperatura molto alta, accompagnata da un’afa senza precedenti, ebbero un doloroso impatto sulla popolazione dell’Illinois. Ma non in modo uniforme. 

Gli studi che vennero svolti successivamente mostrarono che il tasso di mortalità era distribuito a macchia di leopardo fra i quartieri di Chicago: avere un condizionatore in funzione riduceva il rischio dell’8%. I ceti sociali più abbienti erano di fatto più protetti dai colpi di calore. La mappa della diseguaglianza corrispondeva a quella del tasso di mortalità: otto delle dieci aree comunitarie con il più alto numero di decessi erano le più povere, con un alto livello di criminalità.

Ma la geografia della città mostrò anche altro. C’erano alcune sorprendenti eccezioni: tre dei dieci quartieri con il tasso di mortalità più basso erano poveri. Come si spiega questo fenomeno? 

Il quartiere di Englewood si rivelò uno dei più colpiti, con un tasso di 33 morti ogni centomila abitanti, mentre il quartiere di Auburn Gresham, sempre nel South Side e molto simile a Englewood, mostrò un tasso di mortalità molto più basso: tre ogni centomila. Questa inaspettata resilienza è risultata subito di estremo interesse: comprendere perché alcuni quartieri, simili fra loro, se la cavano meglio di altri, può dare delle indicazioni su come sia meglio affrontare alcuni effetti del cambiamento climatico. 

La rete delle relazioni sociali è sicuramente una importante chiave di lettura di questo fenomeno e può essere aggiunta ad altre strategie di adattamento. Fra il 1960 ed il 1990 Englewood aveva perso quasi il 50% dei sui residenti ed esercizi commerciali: la coesione sociale venne meno e le persone rimasero sempre più sole. Al contrario, Auburn Gresham non aveva subito un calo della popolazione, ed il quartiere era caratterizzato da comitati di quartiere, gruppi religiosi, negozi e ristoranti. I gruppi sociali controllavano, informavano e si proteggevano in caso di calamità. Vivere all’interno di un’infrastruttura sociale robusta permette di avere un sistema di controllo sia durante le calamità che durante periodi apparentemente normali. Già nel 1990, infatti, ben prima delle ondate di calore del 1995, le aspettative di vita a Auburn Gresham erano di cinque anni più alte che a Englewood. Quasi come avere un condizionatore in casa durante un’ondata di calore. 

Il messaggio che ne emerge è che le strategie di adattamento contro gli effetti del cambiamento climatico sono varie: oltre ad investimenti strutturali e tecnologici, bisogna considerare meglio il territorio, e tutelarlo, riducendo le disuguaglianze, anche con sussidi per la spesa energetica alle famiglie più povere; bisogna investire in infrastrutture sociali, come per esempio le biblioteche di quartiere; costruire banche dati per monitorare le fragilità sociali e spingere maggiormente, con campagne di comunicazione, gli individui e le istituzioni verso la cooperazione. In tal modo ci si può preparare per gli eventi che si stanno già verificando da anni ma che stanno aumentando di intensità. IL CNR ha calcolato che in Italia il luglio di quest’anno, se si considera la media delle temperature massime, è stato il più caldo da quando viene svolto il monitoraggio (ovvero dal 1800). Ed infatti il Sismg (Sistema di sorveglianza di mortalità giornaliera del Ministero della Salute) ha riscontrato in luglio un aumento nel numero di decessi in corrispondenza con i picchi di calore. La paura è quella di ricalcare le ondate nere dei decenni precedenti. Ma dobbiamo imparare dal passato per poterci adattare e per poter affrontare più preparati il prossimo futuro.

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